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Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa.

Aggiornamento: 16 dic 2023

La Casa delle Lapidi di Bousson in alta Val di Susa

di Ivano Barbiero


Diciassettesima tappa nell'Italia "insolita e misteriosa" di Ivano Barbiero[1]. Si rimane nel nord Italia. Da Ozzano Taro, in pianura padana, sede del curioso museo di cultura popolare realizzato da Ettore Guatelli, la bussola punta ad occidente, e con il nostro viaggiatore si risale la Val di Susa, per fermarsi a Bousson, minuscola frazione del comune di Cesana Torinese, nella città metropolitana di Torino, che conta poco meno di un centinaio di anime. E lì c'è un altro dei tanti misteri della Valle di Susa.

Qualche volta le pietre parlano. Urlano la loro storia. Infischiandosene di teorie e supposizioni, lasciando parlare a tutti gli effetti le fondamenta. Parliamo della Casa delle lapidi di Bousson[2], uno dei tanti misteri che ammantano l’Alta Val di Susa, di certo uno dei più affascinanti e aperto a varie ipotesi. Nella parta alta di questo piccolo borgo, a una manciata di chilometri da Cesana, ci si imbatte in questa suggestiva e inquietante costruzione, di recente ristrutturata, trasformata in museo, e salvata dall’incuria del tempo che la stava rovinando irrimediabilmente.

Un mistero da salvare

La Casa, a pianta rettangolare, della lunghezza di 15 metri per 10, costruita su due piani, deve il suo nome al muro occidentale, che ha la particolarità di avere quattordici lapidi di pietra scura scistosa, mentre altre due lapidi sono murate in altri corpi murari. Non si tratta di pietre funerarie, ma di scritte a carattere religioso in un francese colto, databile tra la fine del XVII secolo e i primi vent’anni del XVIII secolo. Presentano, inoltre, pochissimi errori di scrittura, segno evidente che lo scalpellino doveva avere un buon grado di cultura o che forse aveva potuto copiare le frasi da testi scritti religiosi.

A: nucleo centrale; D: lapidi; B: ambiente absidato con il suo sotterraneo; C, E, F: fase successiva di costruzione

Più che di casa si dovrebbe però parlare di un “Complesso architettonico articolato in più Unità Edilizie, indipendenti e giustapposte, edificate tra il XVII e il XIX secolo, con funzione sia legata al culto religioso, sia residenziale e di servizio”. Lo fanno notare Alberto Agostoni e Luca Mario Nejrotti nella loro dettagliata ricerca “La Casa delle lapidi, un mistero da salvare”, da cui si evince che la struttura era dotata anche di un complesso di locali sotterranei e seminterrati. L’analisi dei rapporti stratigrafici tra i diversi corpi murari ha infatti dimostrato che il nucleo originario era circondato da ambienti collocati sotto il piano di calpestio che avevano probabilmente "funzione di magazzino”. Ulteriore stranezza: gli spigoli del muro, dove sono ospitate le lapidi, hanno un ulteriore elemento decorativo insolito: una boccia ricavata dalla stessa pietra angolare.

Ignota la data esatta di costruzione così come la reale funzione di questo originale edificio. Qualcuno ha anche azzardato l'ipotesi che potesse trattarsi di un lazzaretto o di un ospedale, ma negli archivi ecclesiastici e comunali non si è trovata traccia e nemmeno nella memoria degli abitanti di questa piccola frazione che sino al 1928 era un comune autonomo.

"Donami o Signore la grazia..."

Esclusa anche l’idea che fosse una specie di dormitorio o di un rifugio per eremiti oppure una foresteria gestita da religiosi per ospitare i viandanti diretti in Francia. Poco credibile anche la tesi che si trattasse di un semplice edificio rurale, proprio per le sue stranezze architettoniche. C'è poi chi ha parlato della possibile sede di una piccola comunità di monaci provenienti dall'abbazia della Novalesa, in Alta Valle all'inizio del XIV secolo. Probabile, dunque, che la piccola comunità si fosse stabilita a Bousson, e trascorresse il tempo studiando, insegnando e praticando opere di carità. Una di queste era proprio la sepoltura dei morti del villaggio, almeno fino a che non fu costruita, nel 1500, la parrocchia con l'annesso cimitero. Pare anche che i monaci avessero creato una scuola di intaglio in legno di cirmolo e in marmo verde di Bousson, molto prima della Scuola di Melezet. Restando sul tangibile e l’attuale che si può ancora osservare, cioè le lastre, esse hanno le scritte decorate con simboli geometrici, religiosi e vegetali che ne ingentiliscono le cornici.

Questo il tenore di alcune frasi:

Anima mia, nei tuoi falsi passatempi e divertimenti, ascolta Gesù, ucciso sulla croce, che ti grida: O la penitenza o l’inferno! O piangere in questa vita, o piangere per l’eternità! Donami o Signore la grazia così rara del disprezzo della vita e dell’attesa della morte. Anima mia imita per tutta la tua vita il baco da seta, che non lavora che per scavarsi una tomba nella quale si seppellisce tutto vivo…

Una di queste inquietanti iscrizioni riporta poi la seguente scritta:

Colui che non deplora il proprio esilio, non ama né desidera Dio, e colui che non ama né desidera Dio, è morto. Ha detto San Giovanni.

Quest’ultimo testo, all’apparenza semplice, è in realtà ambiguo. L’esilio può essere inteso allegoricamente come una metafora della vita umana: un periodo in cui l’anima è costretta a stare rinchiusa nella prigione del corpo (altro tema che ricorre nelle lapidi della casa), lontana dalla beatitudine del Paradiso; ma può anche avere un significato più terreno, e cioè l’allontanamento di una comunità dalla propria patria.


Il "Glorioso rimpatrio" dei Valdesi

Grazie a questo riferimento si è pure ipotizzato che la Casa delle Lapidi, fosse stata costruita dai Valdesi, una minoranza religiosa presente in Valle Susa. Il movimento fu fondato nel XIII secolo da un predicatore di Lione, Pietro Valdo, che fu scomunicato dalla Chiesa Cattolica. Malgrado ciò la predicazione dei “barba”, questo il nome che dato ai predicatori, continuò tra Francia e Italia sino al 1500 quando, ai tempi dello scisma luterano, confluì nella Riforma protestante.

Il '600 e il '700 furono secoli di dure repressioni nei confronti dei Valdesi; tra questi si ricordano le” Pasque piemontesi” del 1655, in cui le truppe dei Savoia uccisero più di 1700 persone. A questi massacri seguì una strenua resistenza ed in seguito, per molti ci fu l’esilio in Svizzera, con il successivo “Glorioso rimpatrio”, avvenuto nel 1689, ossia il ritorno dei valdesi nelle Valli delle Alpi Cozie piemontesi che essi abitavano da sempre e da cui erano stati esiliati tre anni prima.

Potrebbe già bastare, ma questa non è l’unica interpretazione possibile per chiarire il segreto delle Lapidi. Altri studiosi, hanno trovato un’assonanza tra i messaggi scolpiti sulla pietra e quelli dei Giansenisti, corrente religiosa seicentesca originata dal Vescovo francese Cornelis Jansen, meglio noto come Giansenio. Il Giansenismo era un movimento religioso, filosofico e politico del cattolicesimo romano che, cercando di mediare con le posizioni religiose dei Protestanti, finì per essere a esse accumunato e condannato. Insisteva su un ritorno alle origini (a Sant’Agostino in particolare), con un taglio particolarmente intransigente, privilegiando un approccio personale ed esistenziale alla religione.

Echi della filosofia giansenista

Proprio il carattere severo dei motti sapienziali delle lapidi potrebbe essere un’eco di questa dottrina, che annoverò tra i suoi aderenti anche nomi prestigiosi come il filosofo Blaise Pascal o il drammaturgo Racine. Di più: la filosofia giansenista appare molto vicina a quella dei Catari, antico movimento spirituale che si è diffuso in molte zone dell’Europa e molto presente anche nel Nord Italia. In effetti la Casa delle Lapidi si trova in una zona che era territorio dei Catari. Come districarsi fra tutte queste ipotesi? Provando a mettere alcuni punti fermi, almeno sui periodi di costruzione. L’analisi archeologica della struttura ha permesso di identificare diverse fasi di vita e di crescita di questo complesso edilizio in cui sono sempre state commiste la funzione religiosa e quella di servizio.

Se questo monumento è rinato a nuova vita lo si deve anche all’architetto Alessandro Girotto che ne ha curato il restauro e che è anche riuscito a convincere la proprietaria a cederlo al Comune di Cesana Torinese. Ciò ha permesso di poter accedere a fondi pubblici per restaurarlo e ricostruirlo com’era una cinquantina di anni fa. La Casa delle Lapidi, nella sua eccentricità, nasce dalla cultura artistica che nel XVIII secolo caratterizzava la conca di Bousson e venne realizzata in diverse riprese con i materiali poveri e le tecniche dell’edilizia rurale locale. La profusione di decorazioni e di messaggi religiosi, però, la distaccano da questa semplice categoria e inducono a supporre una volontà «promozionale» da parte di un singolo privato, o di una comunità – forse una Confraternita –, che pur nel seno della religione cattolica, aveva fatto proprie le istanze ascetiche delle linee di pensiero, probabilmente gianseniste, che dovevano avere una grande diffusione agli inizi del XVIII secolo in queste terre. È importante comunque sottolineare che l’insieme fu edificato da maestranze diverse, con capacità e conoscenze disparate e senza seguire un progetto unitario. Proprio l’imperizia della mano d’opera nell’esecuzione dei giunti e delle fondamenta (realizzati con materiali poveri e di facile reperimento), ha reso instabile nel tempo la struttura. Solo il nucleo originario e gli ambienti residenziali sono stati realizzati con maggior cura garantendo una certa stabilità e conservazione. Sognare, come sempre non guasta, e vi basterà un’ora per perdervi tra ipotesi e riscoperte di un passato neppure troppo lontano.

Note


[1] In:

[2]Il museo è diviso in due ambienti, di cui uno è dedicato a mostra permanente delle lapidi, l’altro ospita periodicamente mostre temporanee sulla cultura popolare. Orario: festivi, 15-18, ingresso 5 euro. Riapertura: 26 dicembre


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