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Taser, strumento d'intervento per la tutela della vita

di Antonio Nicolosi*

 

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Negli ultimi giorni due tragici episodi – i decessi avvenuti a Olbia e a Manesseno – hanno riportato al centro dell’attenzione pubblica il dibattito sull’impiego del taser da parte delle forze dell’ordine. Come Segretario Generale di Unarma, sindacato dell'Arma dei carabinieri, desidero innanzitutto esprimere cordoglio per le vittime e vicinanza alle loro famiglie, che affrontano momenti di dolore profondi. Allo stesso tempo, ritengo fondamentale intervenire con chiarezza, serietà e responsabilità su un tema spesso frainteso e talvolta strumentalizzato a fini politici o mediatici.


Il suo uso riduce l'uso di armi da fuoco

Il taser non è un’arma letale, né uno strumento di coercizione arbitrario. La sua introduzione è stata pensata come risposta a una necessità concreta: fornire agli operatori uno strumento intermedio, capace di contenere situazioni critiche riducendo il rischio sia per chi interviene, sia per chi è coinvolto. Ogni intervento delle forze dell’ordine comporta rischi: i carabinieri operano quotidianamente in contesti complessi e imprevedibili, dove la gestione della violenza e delle tensioni richiede strumenti proporzionati e sicuri. In numerosi casi, l’uso del taser ha evitato il ricorso all’arma da fuoco, consentendo interventi più controllati e meno invasivi.

È essenziale ricordare, però, che i recenti decessi sono ancora tutti da accertare. Le dinamiche, il nesso causale tra la scarica elettrica e l’arresto cardiaco, il rispetto dei protocolli operativi e le condizioni di salute delle persone coinvolte saranno chiariti solo attraverso le indagini della magistratura e degli organi ispettivi.

A livello internazionale, il taser è impiegato in molti Paesi come presidio di sicurezza standard per le forze di polizia e ha contribuito a ridurre significativamente l’uso delle armi da fuoco.


Coordinare più figure professionali

Inoltre, è fondamentale che il dibattito pubblico sia guidato da dati concreti, evidenze scientifiche e buon senso, non da emotività o semplificazioni mediatiche. La formazione, il supporto psicologico e operativo agli operatori, l’aggiornamento dei protocolli e la trasparenza nelle operazioni sono strumenti chiave per garantire che il taser sia utilizzato nel pieno rispetto della legalità e della sicurezza collettiva.

Va anche detto che la sicurezza pubblica non può dipendere esclusivamente dall’uso del taser o di altri strumenti tecnici. È evidente che un modello più moderno e integrato di intervento richiede un coordinamento efficace tra diverse figure professionali, capaci di operare in sinergia nelle emergenze. Parlo di operatori della sicurezza, operatori sanitari, mediatori, psicologi, assistenti sociali e altre figure specializzate che possano fornire supporto immediato nelle situazioni complesse.


* Segretario Generale Unarma

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