Dalla sentenza su Bibbiano alla situazione "affidi" in Piemonte
- Gianna Pentenero
- 3 giorni fa
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L'assurdità della legge regionale 64
di Gianna Pentenero

Premessa d'obbligo: è passato più di un mese dalla sentenza del tribunale di Reggio Emilia con cui è stata messa una pietra tombale sulla vicenda di Bibbiano. Il caso non esiste, secondo i giudici. Né esiste il sistema di affidi illeciti praticato in Val d'Enza, sistema definito criminale urbi et orbi nella primavera del 2019. Eppure, non appena esplosa l'inchiesta "Angeli e demoni", era partita la caccia alle streghe che associava strumentalmente anche il Partito democratico, per via degli amministratori locali coinvolti, insieme con assistenti sociali, educatori e psicoterapeuti, bollati come "ladri di bambini". Una caccia alle streghe velenosa, brutale, in cui è bene ricordare si distinguevano in prima fila l'attuale Presidente del Consiglio, all'epoca all'opposizione, l'attuale Ministro alle Infrastrutture e Trasporti, ma allora vicepresidente del Consiglio, come lo era anche Luigi Di Maio, prima voce del Movimento Cinque Stelle. Tutti personaggi politici di rilievo, su cui ruotava al massimo dei giri la macchina mediatica del fango, che si ergevano a paladini dell'opinione pubblica e delle famiglie dei bambini, solerti nel farsi immortalare con cartelli in mano di condanna degli inquisiti, mentre soltanto un minuto prima, magari, per altre questioni, si erano preoccupati di reclamizzare al popolo che non si è colpevoli sino alla sentenza di terzo grado...
Da Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, al Piemonte e non a caso, perché la regione era un tempo modello virtuoso nella tutela dei minori, un esempio nazionale da imitare. Infatti, sin dagli anni Ottanta, la Regione Piemonte aveva puntato su una politica avanzata di deistituzionalizzazione, promuovendo con decisione e convinzione con i comuni l’affidamento famigliare e l’apertura di strutture residenziali a misura di bambino, come ricorda Annamaria Colella, per anni dirigente regionale per l'adozione dei minori. Questa visione aveva creato un sistema efficiente e rispettoso dei diritti dei minori, anche grazie al lavoro incessante e competente degli operatori sociali e dei magistrati, sempre attenti al benessere superiore dei bambini.
Tutto questo percorso virtuoso è stato però messo gravemente in discussione con l'approvazione della controversa legge regionale n.64 del 2019, conosciuta come "Allontanamento zero". Questa legge, fortemente voluta dall'allora assessore Chiara Caucino e approvata dalla Giunta regionale di Alberto Cirio, ha rovesciato drammaticamente la prospettiva tradizionale, privilegiando un discutibile diritto "di sangue" della famiglia biologica, piuttosto che il reale interesse del minore.
Le conseguenze di questa scelta ideologica sono state pesanti e dolorose. Gli affidamenti consensuali, quelli che nascono da accordi con le famiglie di origine e rappresentano il cuore della prevenzione, sono crollati drasticamente. La fiducia verso gli operatori sociali e i servizi di tutela dei comuni o dei consorzi, si è ridotta, privando molti bambini della possibilità di essere accolti tempestivamente in famiglie che potrebbero garantire loro protezione, affetto e crescita equilibrata.
L'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), ha espresso con forza tutta la preoccupazione per la situazione attuale: "La campagna politico-mediatica nata da Bibbiano ha generato una diffidenza profonda e ingiusta verso operatori e famiglie affidatarie. Oggi, purtroppo, gli affidamenti consensuali, fondamentali per prevenire situazioni gravi di disagio, sono ridotti ai minimi storici". Il clima di sospetto ostacola drammaticamente gli interventi a tutela dei bambini che si trovano in condizioni vulnerabili. È dunque necessario e urgente che le istituzioni riconoscano apertamente gli errori commessi nel promuovere e alimentare questa campagna di diffidenza e discredito. Occorre un impegno concreto, finanziario e umano, per rilanciare con forza l’affido familiare, restituendo dignità e valore al prezioso lavoro delle famiglie affidatarie e degli operatori sociali.

In Piemonte, ben 45 comuni, tra cui Torino, si erano apertamente opposti alla legge "Allontanamento zero", intuendo i rischi e le conseguenze negative per la tutela dei minori. Nonostante queste voci autorevoli, la legge è stata comunque approvata nel 2022. Tre anni dopo, però, i piemontesi si ritrovano con una legge voluta su presupposti che la magistratura ha sconfessato. Incredibile, ma vero. Ed è altrettanto incredibile, quanto vero che chi governa il Piemonte - oggi come ieri il centro destra - si giri dall'altra parte per non correggere questa anomalia che continua a causare gravi danni nella gestione degli affidi famigliari e, soprattutto, ad ostacolare la ripresa di un dialogo sincero tra istituzioni, operatori e società civile.
Il Tavolo nazionale affido propone, ad esempio, l'istituzione di una Giornata nazionale dell'affido familiare, un’occasione per valorizzare l’impegno straordinario delle famiglie affidatarie e ribadire la necessità di un sostegno concreto e continuo da parte delle istituzioni. Bisogna inoltre rafforzare le risorse destinate alla formazione degli operatori sociali e sanitari, che meritano fiducia e sostegno per poter intervenire tempestivamente e con efficacia. Serve una stretta collaborazione tra il Tribunale dei minori, servizi sociali e famiglie affidatarie, per costruire una rete forte e coordinata che abbia come unico obiettivo la protezione e il benessere dei bambini. Una comunicazione chiara e costante è poi essenziale per sensibilizzare l’opinione pubblica sull'importanza dell'affido, sfatando i falsi miti alimentati negli ultimi anni. Rilanciare l’affido non è solo un dovere istituzionale, ma un atto di responsabilità sociale e umana. Ogni bambino ha diritto a crescere in un ambiente sicuro, sereno e amorevole. E rilanciare l’affido famigliare significa riaffermare con forza questo diritto fondamentale, riportando il Piemonte a essere un esempio virtuoso e innovativo nella tutela e promozione dei diritti dei più piccoli. In altri termini, significa recuperare il tempo perduto e ridare dignità ad operatori sociali e magistrati, figure che insieme hanno la credibilità per restituire una speranza a tanti progetti di vita di bambini di oggi e cittadini di domani.
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