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Netanyahu a ruota libera: "Non c'è fame nella Striscia di Gaza..."


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Nel 679° giorno di guerra il premier di Israele Benjamin Netanyahu alza nuovamente la voce per respingere le accuse di genocidio. Non contento, si spinge a dire, senza pudore, sfidando l'opinione pubblica internazionale che le forze armate avrebbero potuto radere al suolo Gaza in un pomeriggio. E ancora, nella più assoluta sicurezza di impunità: "non c'è fame nei territori occupati". Affermazione condivisa dall'esercito israeliano e dai media. Una visione diametralmente opposto a quella di 23 economisti di spicco – tra cui 10 premi Nobel – che mercoledì hanno inviato una lettera aperta a Netanyahu, mettendolo in guardia da una politica a Gaza che tende a una "carestia diffusa", viola i diritti umani e che potrebbe innescare conseguenze economiche "catastrofiche" per Israele.

E' quanto pubblica oggi, 15 agosto, il quotidiano di Tel Aviv Haaretz, che ripropone anche le abituali censure di Netanyahu alle varie ONG, accusate di fomentare odio parlando di genocidio e di produrre soltanto bugie sulle vittime nella Striscia di Gaza. Lo ha fatto parlando al Mark Levin Radio Show, puntando il dito su quelle "stesse persone che amplificano le proteste anti-americane e la campagna di diffamazione e menzogne di Hamas".

I comportamenti quotidiano esprimono altro. E non soltanto a Gaza, dove sono state uccise un centinaio di persone nelle ultime ventiquattr'ore. Al Jazeera enumera uno dopo l'altro incursioni, violenze, incendi e arresti dell'esercito israeliano in Cisgiordania a sostegno dell'occupazione dei coloni. Episodi che si sono registrati a Jenin, nel villaggio di Baqat al-Hatab, a est di Qalqilya, a Qalqilya, nel villaggio di Atara, a nord di Ramallah, di Susiya nella zona di Yatta, a sud di Hebron.

Una strategia che giustifica sempre più la presa di distanza degli alleati, ricorda Jerusalem Post che in un articolo riassume il crescendo di critiche degli alleati. In ordine: Francia, Gran Bretagna, Canada e Australia, hanno annunciano l'intenzione di riconoscere uno Stato palestinese all'ONU a settembre; il primo ministro australiano Anthony Albanese ha accusato Netanyahu questa settimana di essere "in negazione" delle sofferenze a Gaza; il giorno dopo il primo ministro neozelandese Christopher Luxon – il cui paese sta valutando il riconoscimento di uno stato palestinese – ha dichiarato che Netanyahu aveva "perso la bussola" e ha definito l'attacco di Israele di questa settimana a Gaza City "assolutamente, assolutamente inaccettabile".

Infine, l'UE sta valutando se sospendere la partecipazione di Israele al suo programma multimiliardario di ricerca e innovazione, mentre il fondo sovrano norvegese ha deciso di vendere le azioni di 11 società israeliane a causa della "grave crisi umanitaria" a Gaza".

E' proprio avventato dire che uniche bugie in circolazione sono quelle di Netanyahu?


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