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Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa

Palermo: Rosalia, mummia bambina che apre e chiude gli occhi


di Ivano Barbiero



Quattordicesima tappa nell'Italia "insolita e misteriosa" di Ivano Barbiero, che dalla meravigliosa cascata delle Marmore, una meraviglia costruita dell’uomo, dopo aver lasciato la Gallura, attraversato il Tirreno e valicato gli Appennini, ridiscesi sulle coste dell'Abruzzo[1], si sposta a Palermo per un racconto da brivido nei sotterranei del Convento dei Cappuccini.


Vi sembrerà di partecipare ad un film dell’orrore e l’effetto sarà sempre raggelante. Parliamo di Palermo, della visita ai sotterranei del Convento dei Cappuccini, che si trovano nella piazza omonima.[2] Qui, nel quartiere Cuba e annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace, vi sono le Catacombe che contengono duemila corpi mummificati, oltre a un numero indefinito di ossa e crani che adornano le pareti; tutti questi macabri reperti vengono sorvegliati notte e giorno da diverse telecamere. Fra questi reperti macabri c’è quello più famoso, il corpo quasi intatto di Rosalia Lombardo, una bambina di due anni, morta nel 1920, più di cento anni fa, che, fatto ancor più stupefacente, sembra aprire gli occhi e poi richiuderli ogni giorno. Non è l’unica singolarità: tutto in lei è ancora intatto, non solo l’esterno, ma anche gli organi interni, in particolare cervello, fegato, polmoni.

La piccina, morta per un’infezione ai bronchi o per una probabile polmonite, venne mummificata su richiesta del padre, ed era dapprima conservata in una bara coperta da una lastra di vetro. La piccola sembra dormire, le guance sono paffute e rotondeggianti e un nastro giallo fra i capelli rende ancor più realistica l’impressione che possa risvegliarsi da un momento all’altro.

Considerato il luogo, a dir poco inquietante, cercando di dominare il terrore e il senso di oppressione, e mettendo da parte le classiche superstizioni, secondo gli studiosi non esiste l’atto di aprire e chiudere gli occhi della bimba durante la giornata; tutto potrebbe ricondursi a un cambiamento della luce durante la giornata, anche perché la bambina non ha mai avuto gli occhi completamente chiusi e l’impercettibile movimento degli occhi potrebbe essere un fenomeno legato all’umidità.

La piccola Rosalia Lombardo, definita ”la mummia più bella del mondo”, fu imbalsamata da Alfredo Salafia, nato a Palermo nel 1869, che non si specializzò mai in Medicina e che nella sua carta d’identità aveva scritto come professione: imbalsamatore. In virtù del successo acquisito con i suoi precedenti lavori, alla morte della piccola, Alfredo Salafia riuscì a farla seppellire nelle Catacombe, su richiesta anche del padre di lei, Mario Lombardo, benché non fosse più permesso. Nel sud Italia, in particolar modo in Sicilia, si riteneva che le anime dei defunti proteggessero le famiglie. Questa è una delle ragioni per cui era sempre viva l’usanza di trattare le salme mediante imbalsamazione, nonostante tale pratica fosse già vietata al momento della morte della piccina.


Il successo dell'imbalsamatore Alfredo Salafia

Figlio di una famiglia benestante, un padre eroe militare che possedeva negozi di pianoforti e spartiti musicali, Alfredo Salafia trascorse quasi tutta la sua vita nel capoluogo siciliano. Grazie ai suoi costanti esercizi nel campo della chimica, dell’anatomia e dell’estetica, nella seconda metà dell’Ottocento, riuscì a mettere a punto il suo Fluido della Perfezione, ovvero un metodo di conservazione della materia organica basato sull’iniezione di sostanze chimiche. In pratica non faceva uso di latte di calce o arsenico né di mercurio, nocivi per gli studiosi che allora li maneggiavano.

Dopo aver applicato il proprio sistema dapprima per esperimenti tassidermici (la tecnica di preparazione e conservazione delle pelli degli animali), nel 1900 Salafia riuscì ad ottenere il permesso per sperimentare il suo composto sui cadaveri umani presso la Scuola Anatomica del professor Randaccio.

Grazie all’ammirazione e all’interesse ottenuti con il suo preparato chimico, due anni dopo venne convocato per restaurare il corpo del politico Francesco Crispi (mazziniano, garibaldino, uomo della sinistra storica, diventato un autentico reazionario), imbalsamato a Napoli, ma arrivato a Palermo in precarie condizioni.

L’opera di restauro fu valutata con entusiasmo dalla stampa dell’epoca, permettendogli di essere riconvocato per l’imbalsamazione di altri personaggi di spicco, che dovevano essere esposti al pubblico per un periodo di tempo prolungato. Tra queste personalità si ricordano il Cardinale Michelangelo Celesia, il Senatore Giacomo Armò, l’etnografo Giuseppe Pitrè, l’editore Salvatore Biondo, il conte di Francavilla, il fratello di Salafia, Ernesto, e il viceconsole Giovanni Paterniti; subì lo stesso procedimento di imbalsamazione anche il fratello di Salafia, Ernesto.

Sull’onda del successo crescente, nel 1910 l’imbalsamatore siciliano venne convocato a New York per dimostrare il suo metodo di conservazione delle salme presso l’Eclectic Medical College, anche in questo caso riscuotendo un’approvazione entusiastica. Per questo motivo, forte del sostegno di un nipote che aveva un’impresa di pompe funebri, impiantò nella metropoli americana la Salafia permanent method embalming company, dove offriva anche una specie di pacchetto “soddisfatti o rimborsati”, garantendo un ottimo aspetto estetico ai defunti.

La scoperta della formula segreta

Solo di recente un antropologo e ricercatore messinese dell’Accademia Europea di Bolzano, Dario Piombino-Mascali, è riuscito a scoprire con esattezza la combinazione segreta e i procedimenti di imbalsamazione contenuti nel manoscritto di Salafia:” Nuovo metodo speciale per la conservazione del cadavere umano intero allo stato permanente fresco”. Questa metodologia, che era stata conservata da un discendente di Salafia che aveva salvato i suoi appunti corredati da formule e illustrazioni, si può leggere nel libro “Il maestro del sonno eterno”, pubblicato dal paleopatologo messinese con la casa editrice La Zisa.

Nel volume, la formula scovata fra i documenti di Alfredo Salafia dal ricercatore siciliano è precisa: “una parte di glicerina, una di formalina al quaranta per cento satura di solfato di zinco e con il dieci per cento di cloruro di zinco secco, una ancora di alcool satura di acido salicilico”. Tutto somministrato con una sola iniezione, preferibilmente attraverso un’arteria femorale. Sempre nel manoscritto di Salafia, riscoperto da Piombino-Mascali, è scritto inoltre che: “Per ottenere una pressione uguale e costante, l’iniezione endovasale deve eseguirsi a mezzo di una vaschetta di vetro con tubo di gomma posta a metri 1,50 più alta dell’arteria da cui si vuole introdurre il liquido conservativo”.

Scoprire questa composizione chimica era diventato oltre modo necessario dopo che la sostituzione del vetro che ricopriva la teca della mummia bambina e la successiva sovrapposizione di un’altra lastra aveva fatto scoprire alcuni segni di degrado (pelle scurita in alcuni punti, fenomeni di foto-ossidazione, un leggero cambiamento della forma del viso). Cosicché gli studiosi hanno anche progettato un nuovo scrigno, perfettamente sigillato, contenente azoto allo stato gassoso, che è stato spostato dalla cappella dove si trovava prima ad una zona interna alle Catacombe, nel Corridoio delle Famiglie, dove c’è un tenore di umidità molto più basso rispetto al precedente.

Ironia del destino, del corpo di Alfredo Salafia non rimane invece nulla. L’imbalsamatore morì per emorragia cerebrale nel 1933 e rimase sepolto in una tomba del cimitero palermitano di Santa Maria del Gesù. A quei tempi nessuno era in grado di riprendere la sua miracolosa formula dell’imbalsamazione. Il destino beffardo sembrò ulteriormente accanirsi contro Salafia, perché allo spurgo della sua tomba, avvenuto nel 2000, nessun parente o familiare fu avvisato. Così, oggi non si sa dove siano nascosti i resti di questo uomo eccezionale che aveva dedicato un’intera esistenza a cercare di far vivere in eterno gli altri.



Note



[2] Catacombe dei Cappuccini di Palermo, Piazza Cappuccini 1. Orario: 9-12,10 - 15-17,15. Ingresso: 5 euro



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