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Pippo Baudo nazionalpopolare e l’arte di smussare gli angoli

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi



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In un’epoca di urlatori il ricordo del Pippo nazionalpopolare appare quanto mai utile. Se è vero che fa più rumore un albero che cade che non una foresta che cresce, l’arte di smussare gli angoli rischia di essere soffocata da una miriade di questioni contingenti utilizzate per affermare l’esistenza di alcuni o migliorare l’audience di altri. In questo scenario, la perdita di un personaggio come Baudo obbliga a riflettere su un certo modo di vivere e forse di fare politica. Non a caso, ironicamente Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo (detto Pippo) da Militello fu definito il vero segretario della Democrazia Cristiana, non tanto perché suo papà era il segretario della DC catanese, ma perché sapeva fare sintesi di posizioni diverse, interpretando al meglio i sentimenti riservati ma diffusi della maggioranza.

Pensando di offenderlo, l’allora presidente della RAI, il socialista Enrico Manca, lo definì nazional popolare, appellativo che invece diventò un identificativo di cui vantarsi. Certamente non era un regional-elitario, caratteristica che per ragioni identitarie si è poi andata diffondendo, fino ad eccessi più o meno recenti, ma sapeva dosare il gusto dell’ironia, la ricerca di una cultura non ostentata con la capacità di comunicare a tutti e con tutti. Caratteristiche che mancano nella vita politica attuale.

Tra le tante esegesi inutili e tardive (dall’enfasi eccessiva post mortem di chi l’aveva criticato da vivo, c’è quasi da aspettarsi una richiesta di farlo santo subito!) il ricordare il Baudo politico non è certo un atto nostalgico, ma l’occasione per riflettere su alcuni elementi del dibatto odierno. Il processo di esacerbare gli animi nasce forse dall’ingiunzione del 1095 di Urbano II a tutti i cristiani che, con il nobile scopo di permettere a tutti di raggiungere in sicurezza la Terra Santa, fu interpretata come una specie di nihil obstat per tutte le comunità cristiane di scagliarsi non solo contro i profanatori del Santo Sepolcro in Terra Santa (da 462 anni sotto il dominio islamico) ma contro tutti i negatori del Cristo, compresi quelli che si trovavano a disposizione a chilometro gli ebrei (fenomeno che a quasi mille anni non sembra ancora terminato).

 

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L’arte della comunicazione per aiutare a convivere

Il riassumere in forme moderate le modalità di  convivenza di una comunità nazionale è un compito impervio che non si esaurisce con una serie di slogan o esasperando il cosiddetto sapere a tunnel che approfitta di un disastro (imminente o in atto), per focalizzare lo sguardo, e l'attenzione, su ciò che si presenta davanti ai nostri giorni, perdendo la percezione di ciò che sta intorno e dello sfondo, cioè perdendo di vista una visione popolare che sappia adeguarsi alla situazione reale, cercando di migliorarla, ma senza sconvolgerla.

Le forme di spettacolo televisivo italiano interpretate da Baudo non hanno mai esasperato gli animi, anzi hanno cercato di conciliarle percependo, più di molti altri che lo facevano per mestiere (politici e giornalisti in primis) l’aria che tira: una specie di condensato della ex maggioranza silenziosa, con indole moderata (oggi messa completamente a tacere), oggi sbeffeggiata dagli intellettuali di professione che conoscono le verità assolute, senza accorgersi che poi sono smentiti dai fatti nel volgere di un breve arco di tempo.

Ex maggioranza silenziosa che oggi perde un altro alfiere che non faceva miracoli, ma che sapeva lavorare (a Torino continuò a presentare uno spettacolo sotto una pioggia incessante) e sacrificarsi anche quando era già diventato famoso e osannato e che non mancava di essere indulgente con chi lo criticava.

Per queste sue caratteristiche diventò espressione di quel servizio pubblico voluto da Ettore Bernabei, potente direttore generale della Rai, espressione della Dc fanfaniana: certamente una visione popolare (nel senso di comprensibile), ma proiettata ad innalzare il livello culturale, perché lo spettacolo senza questo slancio diventa un qualcosa di effimero che si ripiega su sé stesso diventando autoreferenziale, distante dalla realtà e dalla gente, ma facilmente asservita al potere di turno.

Il facile e il simpatico non sono alternativi all’ideologico colto e strutturato, anzi ne completa il ruolo facendolo uscire il pensiero e il sapere da un circolo ristretto per farlo conoscere ai più (o almeno a quelli che vogliono conoscerlo): una forma maieutica oggi difficile da concretizzare.

Quando si perde una persona è normale essere colti da un po’ di nostalgia, questa però non deve rimanere fine a sé stessa, ma generare spunti di riflessione e il nazionalpopolare di Baudo fornisce un’occasione da non perdere.

Nel rispetto dell'obbligo di informativa per enti senza scopo di lucro e imprese, relativo ai contributi pubblici di valore complessivo pari o superiore a 10.000,00, l'Associazione la Porta di Vetro APS dichiara di avere ricevuto nell’anno 2024 dal Consiglio Regionale del Piemonte un'erogazione-contributo pari a 13mila euro per la realizzazione della Mostra Fotografica "Ivo Saglietti - Lo sguardo nomade", ospitata presso il Museo del Risorgimento.

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