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"Ho visto sanguinare un acero". L'abbattimento in corso Belgio

di Aida dell'Oglio


Sono sgomenta e con me tutte quelle persone che per tanti mesi hanno impegnato la loro energia, la loro passione civile ,la loro professionalità, nella difesa di uno dei più bei viali precollinari dal non sufficientemente motivato progetto di abbattimento. Ieri l'altro, 20 febbraio, si è verificato ancora un blitz dell'Assessorato al verde del Comune di Torino. Il secondo, dopo quello del 6 febbraio, che ho vissuto come orribile.[1]

Orribile, perché vedere schierati su un tratto di nemmeno duecento metri centinaia di agenti, tra carabinieri, poliziotti, vigili urbani, agenti della Digos, mescolati ai dimostranti, mentre le camionette della forza pubblica stazionavano tra corso Brianza e via Pallanza, mi ha dato la sensazione di essere precipitata in un regime militarizzato. Sensazione, è vero. Però lo schieramento della forza pubblica era lì, dalle quattro del mattino, per bloccare la protesta di un pugno di residenti che “pretendevano” in nome del quartiere Vanchiglietta, di una petizione che ha raccolto 13 mila firme e di un esposto presentato al Tribunale di Torino, di difendere l'esistenza di diciassette aceri, quelli condannati a morte dal Comune attraverso il verdetto di un giovane perito esaminatore armato di martello e una sorta di punteruolo.[2]







E qui non si può sottacere la differenza di metodo adottato per stabilire lo stato di salute degli aceri. Il 6 febbraio, giorno del primo blitz, anche il perito del Comitato, il dott. Daniele Zanzi, agronomo di fama mondiale, era a Torino e svolgeva la funzione a titolo gratuito a favore del “Comitato Salviamo gli alberi di Corso Belgio”, analizzando la stabilità degli alberi con il qualificato Sistema Adbian.[3]

Alcuni giorni dopo, il dott. Zanzi inviava la sua perizia, che veniva prontamente presentata al Giudice del Tribunale di Torino investito del nostro ricorso, insieme con la richiesta di sospendere l'abbattimento collettivo, poiché il perito denunciava lo stato di grave deterioramento soltanto in due  aceri e comunque non di gravità tale da costituire un rischio reale di crollo.   


Alla vigilia del pronunciamento del giudice sulle perizie presentate dai tecnici, l'amministrazione comunale ha anticipato l'abbattimento dei rimanenti quattordici aceri, senza alcun preavviso alla cittadinanza, tant'è che che numerose auto erano parcheggiate proprio sotto gli alberi da abbattere. Il tutto anche nell'assoluta indifferenza delle richieste del Comitato e delle voci a difesa dell'alberata di corso Belgio.

La cronaca minuto per minuto del taglio e dell'abbattimento, voluti in nome della "democrazia" e per salvaguardare la "sicurezza" dei cittadini, potrebbe risultare noiosa. Ma non lo sono i flash, i fotogrammi che hanno toccato la sensibilità di coloro che hanno assistito all'operazione: dallo scoiattolo impaurito che saltava da un acero all'altro, prima di buttarsi disperato sull'asfalto dalla cima del più alto, alla tortora che levava il suo grido per difendere i suoi piccoli in un nido scoperto.

Chi ha protestato al di là delle transenne ha cercato di intercettare altri sguardi, magari occhiate benevole di solidarietà, gesti di condivisione di ciò che si ritiene un atto di prepotenza del Comune; in altri termini, la speranza di non sentirsi soli, isolati, ma collegati da metafisici ponti di umanità dinanzi alle lacerazioni provocate da motoseghe che avrebbero avuto bisogno, tra l'altro, di una manutenzione più accurata, osservando l'imperfezione dei tagli. O, forse, è così che gli operai hanno manifestato il loro personale disagio.



Era chiaro comunque a tutti che l'ordine di scuderia era di completare in giornata l'operazione di abbattimento. Al momento della pausa pranzo, verso le tredici, la "ghigliottina" amministrativa ne aveva lasciati in vita ancora due, quelli secondo le indicazioni del dott Zanzi che più di altri avrebbero avuto bisogno di interventi severi se il Comune non avesse già deciso per l'abbattimento.


Infine, quando la motosega ha afferrato il tronco  dell'acero n°200, all'altezza di un metro circa e ha cominciato a segare, tutti noi abbiamo visto uscire dal tronco rivoli di linfa, il sangue dell'albero che si riversava sulla terra.

Alcuni hanno gridato al delitto che si stava compiendo, altri non sono riusciti a trattenere le lacrime . E' visibile a tutti quelli che si trovino a passare davanti alla Coop, la bellezza di questo tronco, che rispetto ad altri non evidenzia nella sezione del taglio nessuna delle imperfezioni che hanno decretato la morte ingiusta di alcuni degli altri.

Una signora del Comitato per tutto il tempo dell'operazione ha fatto risuonare le note del Requiem di Mozart.



Note



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