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Aceri di corso Belgio: il senso di comunità dietro la loro difesa

Aggiornamento: 29 ago 2023

di Aida dell'Oglio*

Alessandro Baricco, reduce da un intervento molto delicato, ha dichiarato giovedì 17 agosto, sulle pagine culturali de La Stampa che si sta rimettendo in piedi guardando alberi secolari che, “come mi hanno insegnato Coccia e Mancuso, sanno vivere meglio di noi”. Emanuele Coccia, Stefano Mancuso, come dire, il gòta rispettivamente della Filosofia e della Botanica, insomma della ricerca filosofica e della ricerca scientifica attuali.

Mi piace pensare che Baricco sia tra i firmatari della petizione avviata già da parecchi mesi on line e presso il nostro Presidio permanente, petizione che si sta avviando a tagliare il traguardo delle diecimila firme.

Per contro, otto giorni dopo, sempre sulle pagine del quotidiano torinese, il presidente della Circoscrizione 7 di Torino, Luca Deri, ribadisce, quasi verbatim, la dichiarazione che sta proponendo da mesi nella parte in cui vuol convincere i torinesi che l'abbattimento simultaneo di 241 aceri sani, sia un “lavoro di routine che tra qualche anno permetterà di avere un viale più bello e più verde”, arrivando a definirlo un "normale intervento di manutenzione".

Manutenzione? Dal latino: manus tenere, cioè sorreggere con le mani, curare? Dunque, un significato opposto all'idea di liberare gli alberi dalle erbacce che ne soffocano la base, innaffiarli quando non piove per intere stagioni, potarli con attenzione, quel tanto che permette loro di crescere rigogliosi, anziché “scapitozzarli” per poi giustificarne l'abbattimento, secondo la traduzione che ne dà Luca Deri.

Sia chiaro, nulla di nuovo rispetto alle dichiarazioni oscillanti che hanno caratterizzato fino ad oggi l'amministrazione comunale stretta tra disponibilità a riformulare l'intero progetto accogliendo il parere dei cittadini (limitando cioè quello che definiscono come un “esperimento” dal tratto iniziale di corso Belgio a via Andorno) e perentorie riconferme della validità dell'intero progetto.

Siamo assai lontano dalla visione di tutti gli intellettuali che in questi mesi hanno partecipato al dibattito sottolineando il valore culturale, storico e gli effetti sulla salute e sul benessere psicologico della semplice esistenza degli alberi. Per non parlare della fauna di vario tipo che un'alberata o un bosco, anche cittadino, ospitano. Ne abbiamo la prova nella difesa che sta facendo un altro coraggioso gruppo di cittadini della colonia di ricci di Via Druento, altro luogo di Torino che le ruspe si apprestano a distruggere.

A fronte di tutto ciò sta invece la fermezza con la quale un nutrito gruppo di cittadini di Vanchiglietta, e non solo, tiene aperto, dal 26 giugno scorso, per 24 ore al giorno, il presidio stabilito all'inizio di corso Belgio, che nei giorni, è diventato un importante punto di aggregazione del quartiere e un po' di tutta la città.

Il Presidio, infatti, raccoglie quotidianamente lo sconcerto di molti cittadini, spesso lo sconforto, come quello del vecchio frequentatore della bocciofila di corso Belgio, dove l'abbattimento di tre enormi alberi che ombreggiavano la pista dedicata al gioco delle bocce, ha definitivamente tolto agli anziani del quartiere la possibilità di ritrovarsi e trascorrere del tempo socializzando.

Corso Chieti "prima"

In effetti, egoismo senile a parte, non potranno certo sperare di godere in futuro dell'ombra dei peri cinesi che il sindaco Stefano Lo Russo e l'assessore Francesco Tresso promettono. Ancora. C'è da registrare lo sbigottimento dei frequentatori del Mercato di corso Chieti che attendono da quasi tre lustri che venga ripiantumata la splendida alberata che è possibile osservare nelle foto del viale, precedenti al 2009, anno in cui è stata abbattuta, con la promessa che entro sei mesi sarebbe stata restituita, più bella ed efficiente. O la preoccupazione della signora anziana del condominio alle spalle del Presidio, che ci confida che ai tempi della Covid, le era di conforto osservare dalla finestra il verde degli alberi e ascoltare i rumori vari e festosi dei volatili che in quel periodo erano tornati numerosi su tutti gli alberi. Dunque, non è confortante rendersi conto di come si stia del tutto dissolvendo il rapporto tra Istituzioni e cittadini.

Corso Chieti "dopo"

Certo, chi ha avuto una qualche frequentazione con la cultura classica sa che sin dal V sec. a. c. i Greci, attraverso la scuola filosofica dei Sofisti, ci hanno insegnato che la politica è l'arte di far apparire vero ciò che è falso e falso ciò che è vero. E, più o meno negli stessi anni, Aristofane ne “Le Rane”, ci ammonisce, attraverso un gustoso dialogo tra due cittadini ateniesi perplessi sulle qualità possedute dai loro rappresentanti politici, e sulla loro capacità di farsi guida del popolo in un frangente assai delicato della democrazia ateniese, che per essere buoni politici non bisogna possedere alcuna qualità, né cultura, né conoscenza della storia passata, cioè delle proprie radici, ma solo, appunto, la capacità di dire e disdire nel medesimo discorso, a seconda della convenienza politica.

In proposito, apro una finestra personale. Negli ultimi mesi in cui mi sono confrontata (sporadicamente) con gli amministratori della politica cittadina, la mia memoria mi ha restituito di continuo reminiscenze degli studi liceali e universitari. La mia coscienza di allora, “dignitosa e netta” avrebbe detto Dante, ripudiava il concetto che il Vero, avesse così fragile consistenza da dover dipendere dalle pure e semplici abilità dialettiche. Già, il Vero. Io allora ero imbevuta anche della profonda educazione cristiana che avevo ricevuto in famiglia. Come era possibile conciliare l'evangelico “Sia il vostro parlare sì, sì, no, no. Tutto il resto appartiene a mammona” , con l'abilità dialettica che può ribaltare qualunque affermazione? Eh si, Mammona, che etimologicamente ha a che fare con denaro, guadagno, opportunismo, avidità. Ma se sono abile con le parole, posso far apparire tutto limpido, cristallino, animato dalle più oneste intenzioni.

E ciò spiega la mia perplessità di fronte agli avvenimenti sull'intera alberata di aceri, vivi, sani, forse un po' sofferenti per la quasi totale incuria degli ultimi anni, ma ancora capaci di offrire un' immagine esteticamente godibile e tutte le cose positive che il verde cittadino ci regala. E ad indignarmi nel leggere e ascoltare che è necessario “abbattere” i 241 aceri del Corso, sopravvissuti a potature micidiali fatte in piena estate, lasciando poco più del fusto, a siccità ripetute, durante le quali non sono mai stati ristorati da annaffiature, all'asfalto quasi soffocante, ecc. Per dovere di cronaca devo dire che i presidianti si sono anche accollato il compito di bagnare, ogni due giorni, tutte le piante del quartiere, in evidente sofferenza per la prolungata siccità, compensata da ieri l'altro, sabato 26 agosto, dalle piogge abbondanti che stanno cadendo su Torino.

Presente e non domani, ecco che cosa ci divide dal presidente Luca Deri che in un suo articolo del 5 agosto [1] ci rimprovera che la difesa degli aceri di corso Belgio è "di corto respiro". In altri termini, ci considera oscurantisti, affetti da egoismo generazionale per non accettare la suggestiva visione per la gioia dei “nostri figli e nipoti" dei nuovi alberelli che hanno una vita media di 20 anni, rispetto ai cento e più degli aceri negundo. Ed è qui che sta la "natura" del contendere: il ciclo di vita del nuovo: alberi che non daranno fastidio con la loro ridottissima chioma, che non avranno bisogno di essere potati, che potranno essere sostituiti senza troppo lavoro quando, a ritmo assai veloce, saranno morti. La prova sono le centinaia di peri cinesi già secchi dopo due o tre anni e già bisognosi di essere sostituiti.

L'articolo di Luca Deri contiene anche alcune verità: i cittadini di Vanchiglietta lamentano da anni il degrado delle panchine di corso Belgio, ancora in terra; la presenza massiccia delle barriere architettoniche; lo sfascio dei cordoli dei giardini che giacciono, anche pericolosamente, ai bordi del prato; i vialetti attorno ai giardini in cui da anni mancano in molti punti i cubetti di porfido; nonché la sofferenza degli alberi. L'incuria insomma. Ma queste annotazioni non hanno relazione alcuna con l'abbattimento di alberi sani. Tanto è vero che lo stesso Presidente della 7a Circoscrizione, il 9 luglio scorso in sede di Commissione Ambiente che si è tenuta nella Sala dell'orologio del Comune di Torino, ha dichiarato che "naturalmente non si toccano gli alberi sani". E allora, è che cosa sosterrà l'amministrazione comunale il prossimo 13 settembre, quando ci sarà la prima udienza davanti al giudice cui si è rivolto il comitato "Salviamo gli alberi di corso Belgio"?


Note



* Comitato "Salviamo gli alberi di corso Belgio"

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