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Alberi e boschi urbani: al netto delle polemiche, facciamo il punto per il Piemonte

di Pier Giorgio Terzuolo*

Quanti alberi “abbiamo”? Il Piemonte è una regione ricca di boschi che, con quasi un milione di ettari di superficie, contengono circa un miliardo di alberi, per circa l’80% di specie autoctone, anche se con distribuzione e struttura molto diverse dai boschi naturali. Si tratta del 40% del territorio (contando i pioppeti coltivati), estensione raddoppiata negli ultimi 80 anni, e mai raggiunta negli ultimi 2000 anni salvo i periodi medioevali di crisi demografica. Il bosco è l'ecosistema naturale più ricco di biodiversità che, senza l'azione dell’uomo, con il clima attuale coprirebbe circa tre quarti del territorio regionale. Dopo la fine del mondo rurale tradizionale, caratterizzato da aziende agricole policolturali diffuse su tutto il territorio, con l’urbanizzazione e l’avvio dell’industrializzazione il bosco sta ricolonizzando spontaneamente le aree montane e collinari abbandonate.


La fotografia della regione

Non siamo in deforestazione, come spesso si sente dire da varie fonti: a livello planetario sì, ma non in Piemonte, né in Italia, né in Europa. Dato che qualcuno promette di risolvere la crisi climatica piantando un albero a testa, se fosse così semplice saremmo già molto avanti. Allora tutto bene? Oggi il territorio è polarizzato tra aree agricole, per lo più a monocoltura specializzata (40%), e aree urbanizzate e infrastrutturate da un lato, e cosiddetto re-wilding dall’altro. I boschi dominano in montagna come nelle colline del Po e del basso Monferrato ove la viticoltura non trova condizioni ottimali, mentre sono quasi scomparsi nei distretti vitivinicoli e frutticoli, tra cui il decantato paesaggio tutelato dall’UNESCO. In pianura coprono meno del 10% territorio, concentrati lungo i fiumi e presso le antiche dimore sabaude divenute aree protette; qui gli alberi campestri, che un tempo costituivano una trama di formazioni lineari utili alle aziende agricole e alla connessione ecologica, a seguito della meccanizzazione agraria sono ridotti a meno di un decimo della loro consistenza del secondo dopoguerra.

L'importanza della cura

Nelle aree urbane gli alberi sono per lo più relegati a corredo dell’edificato e, salvo le principali città che dispongono di servizi con tecnici del verde specializzati, la loro gestione è ancora spesso improvvisata e legata al “si è sempre fatto così…”. Perché gli alberi sono così importanti, e dobbiamo quindi curarli? Gli alberi e i boschi non hanno bisogno dell’uomo: se la cavano benissimo, anzi meglio, da soli. Il punto è che, ci piacciano o meno, noi non possiamo vivere senza di loro, perché svolgono fondamentali servizi, chiamati ecosistemici. Oltre a svolgere la fotosintesi, che con la cattura di CO2 e la liberazione di ossigeno è la funzione fondamentale dei vegetali che consente la vita sulla terra (anche i giacimenti di idrocarburi sono prodotti fossili della fotosintesi), gli alberi difendono il territorio dall’erosione e gli insediamenti dai pericoli naturali, mitigano le alluvioni, proteggono le falde acquifere, conservano la biodiversità; da sempre forniscono anche prodotti indispensabili alla vita (legno per costruzioni, attrezzi e combustibile, foraggio, miele, frutti ecc.), e oggi fanno da contorno alle attività ricreative e rigenerative all’aria aperta, riavvicinando noi esseri umani ai contesti ove ci siamo evoluti e siamo vissuti per millenni.

In ambiente urbano gli alberi mitigano il clima riducendo le isole di calore, assorbono vari inquinanti e micropolveri prodotti dalle attività umane, creano un ambiente gradevole esteticamente e favorevole al benessere e alla ricreazione. Gli alberi cittadini vegetano in un contesto ostile, per la presenza di ostacoli allo sviluppo delle radici e delle chiome, che comportano periodiche potature più o meno traumatiche, per l'inquinamento, e le condizioni microclimatiche sfavorevoli come aridità, presenza di ombre o forte assolazione da riverbero. La situazione di stress si sta progressivamente aggravando per conseguenza del conclamato cambiamento climatico, caratterizzato da innalzamento delle temperature (+2°C negli ultimi 60 anni), prolungati peridi di aridità, e aumento di frequenza e intensità degli eventi meteorici un tempo considerati estremi, come tempeste con bombe d’acqua, forte vento e grandine.

Che cosa succede a Torino?

Torino vanta un patrimonio verde pubblico consolidato di circa 100.000 alberi, senza contare i boschi di proprietà comunale, e negli ultimi anni sono state messe a dimora oltre 20.000 piantine per creare le nuove foreste urbane. La Città è all’avanguardia in Europa nell’applicazione delle buone pratiche per la gestione del verde, e porta avanti con continuità attività per la sua conservazione in sicurezza e il miglioramento quanti-qualitativo, affrontando le nuove esigenze e sfide. L'eccezionale ondata di calore e siccità del 2022 ha causato il deperimento o la morte di migliaia di alberi urbani, soprattutto delle specie meno adattabili a tali condizioni, come gli aceri montani, il faggio e molte conifere, di cui sono deperiti anche soggetti monumentali; solo nel mese di maggio di quest’anno in città si sono dovuti abbattere oltre 1000 alberi, circa dieci volte più della media.

L’approccio ordinario a seguito della perdita o abbattimento di un albero divenuto pericoloso per possibile crollo è la sostituzione con uno analogo. Tale azione è purtroppo spesso vana, in quanto il giovane albero si ritrova ombreggiato dai soggetti sviluppati, è particolarmente vulnerabile a danni accidentali per le ridotte dimensioni, e non sempre è possibile procedere capillarmente con irrigazioni di soccorso di alberi sparsi su decine di chilometri di viali; pertanto spesso si decide semplicemente di lasciare il vuoto. Gli alberi in quanto esseri viventi hanno un loro ciclo dinamico, che inevitabilmente ha una fine, e l’uomo ha il compito di gestirli per mantenere adeguati i loro indispensabili servizi. Quando una parte significativa di un viale è venuta a mancare o è compromessa è quindi necessario prevederne la sostituzione. Il fattore limitante in questi frangenti è la disponibilità economica per intraprendere interventi strutturali; superato questo ostacolo è fondamentale un’adeguata presentazione della riqualificazione ai residenti, per farne comprendere l'opportunità, rispondere a dubbi, quesiti e per cogliere proposte migliorative.

Le proteste recenti

Venendo ai progetti che a Torino stanno suscitando proteste inaspettate, in fase di esecuzione in corso Belgio,[1] o previsti ad esempio per corso XI Febbraio, si tratta di importanti iniziative di riqualificazione di alberate senescenti, in cui oltre un terzo degli alberi sono progressivamente venuti a mancare; le previste periodiche valutazioni di stabilità ai fini della sicurezza porterebbero ad altri inevitabili abbattimenti, tali da compromettere ulteriormente il contesto percettivo-paesaggistico e i servizi svolti dagli alberi a favore dei cittadini. Secondario, ma non da trascurare, è il fatto che entrambi i viali sono costituiti da specie esotiche invasive. Nulla osta all'impiego di specie esotiche o ibride, adatte al difficile contesto urbano, come sono molte delle specie che prevalgono nel verde torinese, quali l'ippocastano tra le prime, il platano e il tiglio tra le seconde. Tuttavia quando si tratta di specie invasive, ovvero in grado di sostituirsi in modo permanente alle vegetazione naturale, a danno dei parchi e riserve naturali lungo i fiumi limitrofi con i loro semi portati dal vento e dalle acque, occorre ragionare a più vasta scala.

E’ il caso degli aceri americani (Acer negundo) di corso Belgio e degli olmi siberiani (Ulmus pumila) di corso XI Febbraio, specie incluse nelle black lists europee e regionali, che oggi non possono essere piantate con fondi e per scopi pubblici. E’ davvero un peccato dover rinunciare a ottimi progetti finanziati, che prevedono il miglioramento complessivo della qualità delle aree nell’intorno delle alberate, solo perché non vi è stata una comunicazione adeguata, segno del venire meno di un patto di fiducia tra cittadini e amministrazione comunale; mi auguro che la concertazione avviata possa far giungere a un esito win win, cioè un vantaggio reciproco.


* IPLA S.p.A., responsabile Area Foreste e Biodiversità


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