top of page
  • Vice

Israele-Hamas-Iran, triangolo di fuoco in Medio Oriente

Aggiornamento: 22 nov 2023

di Vice

Improvviso e terribile il fuoco ha ripreso a mietere vite in Israele e in Palestina, nella striscia di Gaza. E lo shabat di oggi, 7 ottobre, verrà ricordato come una delle albe di festa più tragiche nella storia dei figli di Davide che sono stati svegliati da un diluvio di missili lanciati da Hamas.

Oltre cinquemila in cielo quasi a voler oscurare il sole e riportare nelle tenebre popoli che hanno il diritto di vivere in Pace. Invece, anche oggi la morte ha trionfato sulla vita, da una parte e dall'altra.

Piangono i loro morti gli ebrei, aggrediti e massacrati per le strade con una ferocia che ha liberato così gli istinti peggiori dell'essere umano. Piangono le famiglie palestinesi su cui è piombata immediata la rappresaglia dell'IDF che ha colpito in maniera indiscriminata, secondo l'antico legge del taglione, dell'occhio per occhio, dente per dente: una vendetta cieca, sorda e inarrestabile che ha provocato circa 200 morti e oltre 1600 feriti, secondo il ministero della Sanità palestinese a Gaza, da cui arriva l'eco terribile delle stragi a del Novecento, una eco così pericolosamente sul bordo del precipizio della memoria del nazismo, con quel ritorno alla criminale proporzione di dieci morti per ogni tedesco ucciso.

Ritorsione annunciata, perché in guerra - e l'Israele ha dichiarato lo stato di guerra - le regole si possono cambiare in corsa. Ma sull'esercito israeliano pesa anche come un macigno la frustrazione dei loro capi, dal premier Netanyahu al ministro della difesa Galant e ai responsabili dell'intelligence, colpevoli di aver sottovalutato le minacce di Hamas e di ritrovarsi a dover rispondere dinanzi al popolo d'Israele della morte di venti connazionali assassinati e di 300 feriti, di cui una quarantina in gravi condizioni.

E non è finita. L'incendio si estende geograficamente e politicamente, pronto a divorare la ragione e la moderazione. Non c'è spazio per le colombe. L'Iran degli ayatollah, principale sponsor di Hamas, si è unito alle manifestazioni di giubilo, spingendosi ad elogiare il massacro al grido "inizia la grande operazione di liberazione", disposto a combattere Israele fino all'ultimo palestinese.

Una follia cui Tel Aviv ha contrapposto il richiamo di centinaia di migliaia di riservisti che non sono dopolavoristi, ma donne e uomini che da decenni dormono con le automatiche sotto il cuscino e i fucili ai piedi del letto. Tutto ciò ha un solo significato: una guerra ad oltranza che prefigura un incendio su vasta scala del Medio Oriente.

Chi lo spegnerà? Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nella sua prima dichiarazione non si è discostato dallo scontato avvertimento che il suo Paese interverrà senza esitazioni contro "qualsiasi parte ostile che tenta di approfittare della situazione in Israele per aprire un altro fronte". Ma oggi non è più tempo di sfide: c'è bisogno di coraggio, di carisma, di statura politica e morale che non si può sempre confondere con lo sforzo muscolare. Altrimenti sarà davvero l'Apocalisse.


Note



49 visualizzazioni0 commenti
bottom of page