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ORIZZONTI D'EUROPA. Al voto il Green Deal fra ambiente e economia

di Mercedes Bresso

Ogni lunedì e fino alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, Mercedes Bresso - al suo secondo mandato di europarlamentare Pd dall'estate 2023 in sostituzione di Pierfrancesco Majorino, prima degli esclusi alle elezioni del 2019 - ci racconta l'attività politica che si svolge nelle commissioni e dai banchi di Bruxelles e di Strasburgo.[1]




Si avvicina la plenaria di Strasburgo che da oggi al 23 novembre dovrebbe vedere il voto sulla richiesta di avvio della Convenzione per modificare i trattati dell’Unione, nella stessa plenaria si voteranno due tra i provvedimenti più complessi del pacchetto del Green Deal: quello sulla riduzione degli imballaggi e quello sulla riduzione delle emissioni dei veicoli pesanti.

Obiettivo del primo, ridurre la crescente quantità di imballaggi che sono forse la più importante componente dei rifiuti, non solo domestici ma anche della ristorazione, del commercio al dettaglio, dei rifiuti ospedalieri e delle grandi mense collettive.

Si tratta in entrambi casi di regolamenti, cioè di leggi direttamente applicabili dagli Stati, senza possibilità di adeguamenti alle diverse condizioni. E proprio qui nasce il problema. Se tutti condividiamo, infatti, gli obiettivi di riduzione delle quantità di imballaggi, per molti paesi e in particolare per l’Italia, la gerarchia proposta, che vede in testa il riuso (tipo bottiglie o lattine da restituire in cambio di un deposito, bicchieri o piatti di plastica dura per la grande ristorazione, lavabili e riutilizzabili per più volte, ma poi di difficile riciclaggio) seguito dal riciclaggio e dalle altre tipologie fino all’incenerimento o smaltimento in discarica.

L’Italia è il primo paese in Europa per percentuale di riciclaggio degli imballaggi, con l'85% che supera gli obiettivi che la precedente direttiva aveva fissato per il 2030. Questo perché si è formata una filiera che va dalla raccolta porta a porta, ai consorzi per il trattamento dei diversi materiali, alle aziende che riutilizzano i materiali riciclati e producono nuovi imballaggi o prodotti. Ha anche una specializzazione negli imballaggi cartacei e nelle plastiche veramente ricompostabili, oltre ad essere leader nella produzione di macchinari per gli imballaggi stessi. Creiamo cioè ricchezza a partire da una buona politica ambientale.

Inoltre, come si sa, siamo grandi esportatori di vini e prodotti della filiera agroalimentare e non si può certo immaginare di andare a recuperare, ad esempio, le bottiglie dei nostri vini nei quattro angoli del mondo. Abbiamo quindi proposto che, fermi restando gli obiettivi di riduzione, ogni paese potesse scegliere fra riuso e riciclo a seconda dei prodotti e dei materiali, in modo da garantire la necessaria flessibilità a produttori, rivenditori e cittadini.

Su questo si è scatenata una battaglia con la componente più fondamentalista (molti nordici) che vive peraltro in paesi dove ci sono molti esercizi di ristorazione di grandi dimensioni che attualmente producono una montagna di rifiuti non raccolti, mentre da noi la maggior parte dei bar e dei ristoranti usa piatti bicchieri posate tradizionali e quindi correttamente riutilizzati.

La decisione su più o meno flessibilità spetta ora alla plenaria per la quale abbiamo presentato (senza distinzioni partitiche) gli emendamenti per proteggere i nostri produttori ma anche i nostri eccellenti risultati per l’ambiente.

La seconda votazione molto difficile riguarda il regolamento sulle emissioni di CO2 da parte dei veicoli pesanti (camion, Tir, autobus ecc.). Anche qui si tratta di un regolamento direttamente applicabile che prevede di arrivare al 2050 a emissioni zero di C02, cioè alla de-carbonizzazione totale per i veicoli nuovi, che dovrebbero quindi essere solo elettrici. Mentre i vecchi veicoli (ciò vale anche per le auto) potrebbero ancora circolare con i combustibili tradizionali.

Nessuno spazio è lasciato ai bio combustibili (gas o benzina da rifiuti organici) che sono a saldo emissioni zero e agli e-combustibili derivati dall’idrogeno. Alcuni di noi hanno presentato degli emendamenti per considerarli equivalenti, in modo da consentire anche a chi non potrà permettersi l’elettrico di non inquinare; in alternativa, di considerare in riduzione, per le fasi intermedie di qui al 2050, che vedranno man mano ridursi le emissioni autorizzate, le percentuali di biocarburanti contenute nelle benzine (oggi ad esempio è il 5% se diventasse il 10% si ridurrebbe automaticamente il calcolo delle emissioni dei veicoli che le usano).

Non posso entrare nel dettaglio dei metodi di calcolo e verifica, ma sono convinta che solo consentendo questo doppio binario potremo veramente arrivare a emissioni zero per tutti i veicoli nei tempi previsti.

Anche su questo sarà battaglia, perché c’è chi è convinto sul serio, che, a partire dal 2035 non si venderanno più veicoli a motore e che dal 2050 non potranno più circolare! Troppe volte ho visto rinviare le scadenze quando le imprese non ce la facevano, per non sapere che cosa capiterà se non offriremo alternative concrete e che ci consentano di raggiungere gli obiettivi: si opterà per l’inévitable rinvio. Non c’è dubbio che per le auto sarà in prospettiva meglio l’elettrico, per i Tir si vedrà: l’ideale sarebbe il treno, con buona pace dei no Tav. In sua assenza, più alternative saranno disponibili, più probabile sarà che la decarbonizzazione si realizzi davvero.



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