Verso il Giorno della Memoria. Roberto Vecchioni e le storie svelate dal Liceo Einstein
di Rosanna Caraci

“Coraggio e speranza: chi leggerà questo libro potrà cogliere come siano possibili, nonostante tutti gli errori commessi. E’ un libro che parla della gente alla gente, che coglie l’umanità che i ragazzi che lo hanno scritto hanno saputo trasmettere”. Lo dice nel suo pomeriggio torinese al liceo Einstein di Torino Roberto Vecchioni. Il professore e cantautore qualche settimana fa, in prima serata, durante la trasmissione di Massimo Gramellini “In altre parole”, aveva citato il lavoro degli studenti, autori del volume “Nel vostro nome. La vita di venti donne ebree in una delle pagine più tragiche della memoria storica torinese”. In diretta aveva annunciato che sarebbe venuto a Torino, per incontrarli. La promessa è stata mantenuta.

Roberto Vecchioni ha trascorso un intero pomeriggio con gli studenti del liceo e con i loro insegnanti, tra un po’ di curiosità, stupore e tanta emozione. Gli autori, cinquanta studenti e studentesse delle classi III A, III ES, III DL del Liceo Albert Einstein di Torino, dopo essere stati sul Treno della Memoria, decidono di far luce su una vicenda pressoché dimenticata dalla memoria storica torinese, accaduta tra il 1943 e il 1944, nei pressi del loro istituto scolastico, nel quartiere di Barriera Milano.

“Nel vostro nome", pagine tragiche a Torino
Venti donne ebree furono private del loro nome, della loro umanità, della loro dignità: gli studenti e le studentesse hanno provato a ricostruirne storia e vita, nell’intento di restituire loro tutto ciò che era stato tolto, facendo giustizia attraverso una profonda operazione culturale. “Il tema era pericoloso, affrontato in questo periodo perché c'è una guerra tra Israele e Palestina e parlando del massacro di un popolo, parlando di un genocidio, sarebbe forse stato inevitabile parlare anche di quello palestinese – ha osservato il professore – . I massacri sono tutti massacri e questo libro non doveva essere una difesa degli ebrei. È il racconto di un massacro”, del tentativo di prevaricare su un popolo, o una stirpe come quella ebraica, al fine di un’omologazione e della cancellazione. I due fatti non andavano e non vanno assolutamente legati tra loro. Ciascun massacro e drammaticamente legato a sé stesso e al contesto nel quale nasce. “Ho apprezzato la voglia di scrivere e di scoprire da parte di ragazzi cosa non era chiaro negli accadimenti a Torino, anche dopo il ’43 – dice Vecchioni - . Questi giovani si sono commossi per quanto era grande il dolore, la sofferenza, l'idiozia violenta della quale hanno raccolto la testimonianza.
Un'importante ricerca d'archivio
Quando i ragazzi mi hanno presentato questo libro ho riscontrato nettamente la loro forte volontà. E oggi è un bel giorno, anche a fronte del 27 gennaio: la giornata della memoria è un bel giorno”. Vecchioni si complimenta con i giovani studenti che hanno minuziosamente studiato, giorno per giorno negli archivi, hanno consultato e confrontato documenti, ascoltato conoscenti delle vittime o familiari sopravvissuti, hanno indagato su chi è morto durante il viaggio, chi nel campo, chi dopo.

Hanno accoppiato i tragitti ferroviari fatti dai deportati, confrontato testimonianze e fatto squadra. Molte di quelle donne sono morte prima di arrivare al campo di concentramento, durante il trasferimento nei vagoni. Ognuno ha steso la propria parte, le fonti sono state certificate e curate. La riflessione sui giovani di oggi, accusati da più parti di essere dei perdigiorno, è inevitabile, ma è al contempo necessario guardare alla società attuale che poco ha da offrire come esempi e opportunità. “La reazione sconsiderata e violenta fa il gioco del potere, è fomentata da una certa aree di pensiero o politiche, da certe canzoni, la logica dello spaccare tutto, dell’ “ognuno viva per sé” è il contrario del vivere civile – analizza Vecchioni – e poi c'è una parte di giovani che protesta, scrive, si esprime, racconta perché – ricorda ancora– si combatte con le parole e non coi sassi”. E aggiunge di sentirsi pessimista guardando all’attualità. “Il mondo è in piena ebollizione perché non si è saputo costruire un presente e un futuro che non fosse quello di comprare vendere e consumare. Questa è la bibbia e c'è una lotta tra chi può farlo e chi lo subisce.

Questo è un grande momento di potenza tecnoplutocratico. Serve a soggiogare la gente comune. E’ l’oligarchia che si vede anche in Europa e non credo che si estingua, ci vuole un’educazione culturale e spirituale molto forte soprattutto a scuola, molto forte affinché tutto si sgonfi. È ancora però troppo presto e la sola cosa è protestare”.Se è vero che molto può fare la scuola, il volume “Nel vostro nome”, (Impremix edizioni) è un piccolo gioiello: una specie di testimonianza differita fatta da giovanissime e giovanissimi, coordinati dallo storico e loro docente Alessandro Maurini, che scelgono di prendere a cuore le persone prima delle storie stesse e di narrarne il quotidiano prima che diventasse segregazione, poi deportazione e morte. La memoria non è più qualcosa di astratto, di retorico, ma resta nella carne di questi ragazzi che rappresentano la grande opportunità per un paese confuso che sceglie di non dimenticare, di affermare anziché revisionare o, peggio, negare e che, ancora un volta, sceglie da che parte stare.
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