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Torino 1952: quando alla Festa de l'Unità operai e tecnici presentarono la loro utilitaria

  • Vice
  • 5 set
  • Tempo di lettura: 5 min

Oggi in piazza d'Armi al via la Festa de l'Unità del Pd


di Vice


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Nel pomeriggio di oggi, venerdì 5, alle 17,30 si apre con la conferenza stampa dei segretari Pd metropolitano e regionale, Marcello Mazzù e Domenico Rossi, la festa dell'Unità a Torino, in piazza d'Armi. Durerà fino al 15 settembre. Dieci giorni in cui la politica, come ha scritto Marcello Mazzù, "vuole tornare a essere incontro, dialogo, condivisione". Un luogo, ha specificato, "dove le idee si fanno concrete, dove i programmi diventano progetti, dove le persone si riconoscono in una visione comune del futuro". Non è un caso che lo slogan della Festa sia "Insieme per il futuro". In sintesi, una festa che unisce. Traduzione di una speranza applicata alla volontà di incidere su una realtà sempre più sfuggente alla politica della partecipazione e sempre più veloce per introiettarne i cambiamenti e correggerne le degenerazioni.

Il tutto, sullo sfondo di un rapporto tra gli Stati in cui prevale il piacere malato della proiezione muscolare che precede immancabile l'uso della forza e delle armi che si abbatte altrettanto immancabilmente sulla vita delle popolazioni civili.

Alla festa dell'Unità, il cenacolo politico e culturale si scalderà al fuoco dei grandi temi del momento con il proposito di coniugare l'elemento internazionale ai fatti di casa nostra e a quelli di Torino che nella democrazia, nell'Europa, nell'economia, nel lavoro, nella transizione ecologica, nella sanità, nelle pari opportunità, nella legalità, nell'immigrazione, citati senza un ordine preciso di valore, hanno comunque i loro denominatori comuni declinati su piani diversi.

Nutrita la partecipazione di dirigenti nazionali e regionali del partito, in primis la segretaria nazionale Elly Schlein che interverrà domenica 7 settembre; sette giorni dopo, il 14, sarà la volta del presidente nazionale del partito Stefano Bonaccini.


L'appuntamento della Festa de l'Unità, anche se nel tempo è mutato il suo peso specifico per le trasformazioni subite dal suo ceppo d'origine, il partito comunista italiano, e per i tumultuosi cambiamenti sociali degli ultimi decenni, non ha perduto la connotazione primaria, cioè quella di rappresentare il presente della politica e, laddove possibile, prefigurarsi il futuro. Insieme con questa sorta di missione intrinseca, ha preso corpo in parallelo all'esterno, con una visione che miscela (dosa) il gusto della ricostruzione storica alla nostalgia, la riproposizione delle feste del passato. Ne sono prova gli articoli che puntualmente i quotidiani propongono tra agosto e settembre, quando dalle innumerevoli feste territoriali, si entra nel fascio di luce di quella nazionale e in una dimensione della memoria che riporta indietro la clessidra al 1945, alla prima festa nel segno del giornale, organo del partito comunista, che fu ospitato a Mariano Comense dall'1 al 3 settembre, come ha ricordato il 25 agosto scorso Fabio Martini sulle colonne de La Stampa.

Ottant'anni fa. Giorni in cui i due fogli dell'Unità alternava alle denunce, arresti e processi a spie e collaborazionisti fascisti, l'intenzione di procedere dall'epurazione dei vertici Fiat complici della dittatura a una velleitaria nazionalizzazione dell'impresa. Una proposta partita dall'allora segretario del Pci torinese, Luigi Grassi, che il segretario generale del Pci Palmiro Togliatti saggiamente e lucidamente tollerava con bonomia per non soffocare la base che credeva nella rivoluzione, nonostante fosse chiaro che la divisione del mondo non avrebbe mai lasciato spazio a un'Italia occupata dall'esercito americano.

La Fiat sarebbe comunque sempre stata al centro del perimetro politico ed economico del Pci e di riflesso nelle Feste de l'Unità a Torino. La questione si pose a livello nazionale con un episodio comprensibilmente mitizzato e ripreso dalla storiografia della classe operaia: la presentazione alla festa nazionale nel settembre 1952 al Parco Michelotti del prototipo di un'utilitaria. Era, se vogliamo, la "progenitrice" della 600 Fiat, disegnata e realizzata da operai e tecnici dell'azienda vicini al Pci per dare un'auto anche alle classi lavoratrici, in un'ottica di produzione industriale a favore della pace, in contrasto alla guerra in Corea in corso. Una proposta che si collegava per alcuni versi in appendice al Piano del Lavoro che proprio in quei giorni il leader della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, avanzava al ministro del lavoro. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, messa ai margini la Fiom-Cgil con le elezioni di commissione interna (marzo 1955), spurgato il conflitto sindacale soprattutto nello stabilimento di Mirafiori, Vittorio Valletta e la Fiat avrebbero tradotto l'idea quei visionari lavoratori in motorizzazione di massa entrata a pieno titolo nell'almanacco del boom economico. Una parentesi su perché cadde la scelta di Parco Michelotti come luogo della Festa.


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A spiegarlo fu Palmiro Togliatti, ricordando nel suo discorso conclusivo, davanti a quasi centomila persone, che Parco Michelotti era diventato negli anni Dieci punto d'incontro tradizionale della classe operaia torinese in lotta, dove con Antonio Gramsci seguiva le iniziative e gli interventi dei dirigenti sindacali, in particolare quelli della federazione metallurgica dei lavoratori.

Tradizione e memoria, ieri o oggi. In quello stesso discorso, Togliatti ripropose il tema del miglioramento dei salari per i lavoratori e per il ceto medio, la salvaguardia della libertà e della democrazia, il rispetto del lavoro e la difesa dello spirito della Repubblica nata dalla Resistenza insieme con un rinnovato impegno per la Pace.

Trent'anni dopo o quasi, nel 1981,[1] la Fiat è una sorta di convitato di pietra alla festa nazionale che rigenerò l'area di Italia '61, perché non si sono ancora spenti gli echi della Marcia dei 40 mila e della tempestosa assemblea tra sindacati e delegati di fabbrica al Cinema Smeraldo di via Tunisi, e meno che mai si sono sopiti recriminazioni e rimpianti sulla lotta dei 35 giorni contro la cassa integrazione che aveva modellato i rapporti di forza all'interno della fabbrica.

Quella festa ridà così anche smalto ad un dibattito sulla situazione industriale nel nostro Paese e sulla condizione della grande industria, che dieci anni prima, alla Festa nazionale inaugurata l'11 settembre al Parco Ruffini, era stato messo in ombra, se non per un'importante finestra aperta sull'assemblea dei quadri operai delle più importanti aziende italiane, dalle tensioni in Italia (strategia della tensione, tentativi di colpi di stato) e dagli situazioni internazionali (guerra in Vietnam, crisi in Medio oriente, ingerenze americane nel Cile di Allende).

Un'altra breve parentesi, conclusiva, su una data diventata un simbolo per più avvenimenti e curiosità. Due anni dopo, l'11 settembre del 1973 avrebbe cristallizzato nell'immaginario della sinistra la lotta all'imperialismo americano ritenuto colpevole del golpe cileno, e l'11 settembre del 2001 l'attacco alle Torri Gemelle a New York avrebbe fatto da detonatore alla modifica radicale degli obiettivi in politica estera degli Stati Uniti con l'invasione dell'Iraq. Sempre in quell'11 settembre dell'apertura della Festa de l'Unità, muore Nikita Krusciov, successore di Stalin, dopo una feroce lotta interna al Pcus e protagonista del XX congresso del Pcus, passato alla storia come quello della destalinizzazione, poi defenestrato da un colpo di stato ordito da Breznev nell'ottobre del 1964. Fatto singolare, il giorno prima ritornava dall'Unione Sovietica, dopo una sosta a Varsavia e ignaro degli ultimi avvenimenti Luigi Longo, all'epoca segretario generale del Pci.


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