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Un libro per voi: "La strage di Torino", di Giancarlo Carcano

Aggiornamento: 26 mar 2023

di Vice


Oggi, 22 novembre, sarà presentato alle 18 a Torino, nel salone del Circolo della Stampa in corso Stati Uniti 27, la nuova edizione del libro di Giancarlo Carcano[1], apparso nel 1971 per l'editore La Pietra, Strage fascista a Torino 1922. Il volume, edito da Impremix, grazie al sostegno di Legacoop Piemonte, Cgil, Cisl e Uil Torino, si avvale di un'importante appendice fotografica, di due resconti dell'epoca di Francesco Rèpaci e Francesco Frola, con l'introduzione di Aldo Agosti.

La ristampa del libro rientra nel quadro delle iniziative dedicate al ricordo della strage del 18 dicembre 1922.



La brutalità a Torino si consumò dalla notte del 17 dicembre al 20 dicembre del 1922 e i provocatori e assassini indossavano la stessa camicia nera con la quale da più di due anni terrorizzavano l'Italia: erano fascisti, ancor più ringalluzziti e impuniti da quando a Benito Mussolini era arrivato "legalmente" al potere, dopo la Marcia su Roma del 28 ottobre.

Quella sera del 17 dicembre, i fascisti si erano avventurati tra corso Spezia e via Nizza, in barriera Nizza, un quartiere popolare, operaio, proletario, avverso, riluttante alla propaganda nera. Non era la prima volta. E neppure la prima volta che andati (i fascisti) per darle, le avrebbero prese. Infatti, quella notte, in quelle strade, si udirono tanti colpi di pistola e quando sopraggiunse il silenzio, sulla strada erano rimasti i corpi moribondi di due uomini, Giuseppe Dresda, ferroviere ventisettenne, e Lucio Bazzani, studente di ingegneria di 22 anni. Un terzo era ferito, non gravemente.


I tre, fascisti dichiarati ed inclini, per usare un eufemismo, ad "azioni punitive", avevano aggredito il tranviere ventitreenne Francesco Prato, un militante comunista dell'Alessandrino, coraggioso, temprato dalla militanza nell'Ordine Nuovo di Gramsci. Ma il Prato, altrettanto poco incline a fungere da vittima sacrificale, non aveva esitato a difendersi senza esitazioni, mostrando una mira migliore dei suoi aggressori. Ferito, era fuggito per sottrarsi all'inevitabile all'arresto, ma soprattutto alla vendetta fascista. Che non si farà attendere.

Giancarlo Carcano, da esperto cronista, li racconta con dovizia di particolari. Ne descrive la preparazione, gli uomini (tantissimi, un piccolo esercito) che compongono le squadracce nere, i loro capi e gregari, la cattiveria collettiva che monta, il sangue agli occhi e la bava alla bocca. Il primo a cadere è Carlo Berruti, 40 anni, segretario del sindacato dei ferrovieri, un comunista. Un gruppo di fascisti lo sequestra e lo elimina con tre, quattro colpi di rivoltella alle spalle. Un'esecuzione. È il là per la strage, per la caccia ai "rossi", comunisti, socialisti, anarchici, antifascisti, innocenti. Alla fine della mattanza, si contano undici morti, tra i quali Pietro Ferrero, segretario generale della Fiom torinese, il cui corpo, trascinato legato a un camion per le vie della città, è irriconoscibile.

Uno scempio, in cui si distinguono per ferocia i quadrumviri del fascismo torinese, Scarampi, Voltolini, Monferrino e Orsi. Ma il principale responsabile è Piero Brandimarte, l'uomo forte del Fascio di Torino, futuro luogotenente generale della Milizia. Uno che, nonostante le numerose testimonianze e addebiti a suo carico, non ha mai pagato. Arrestato dopo il 25 Aprile 1945, condannato in primo grado a 26 anni di carcere, viene assolto in un successivo processo a Bologna per insufficienza di prove. Muore nel novembre del 1971, salutato nel suo ultimo viaggio da nostalgici del regime e con gli onori militari resi da un plotone di bersaglieri del 22° reggimento fanteria della Divisione "Cremona". Un'altra pagina della continuità fascista nella Repubblica italiana democratica, nata dalla Liberazione.


[1]Giancarlo Carcano, classe 1934, cominciò giovanissimo, negli anni Cinquanta, la sua avventura intellettuale nel giornalismo sulle pagine de l'Unità di Torino, all'epoca edizione nazionale con quelle di Roma, Milano e Genova, nella cui redazione lavoravano personaggi di spicco, da Italo Calvino a Paolo Spriano. Successivamente approdò alla Gazzetta del Popolo e poi al Radiocorriere, passaggio consuetudine dei tempi, prima dell'assunzione in Rai. Nella redazione di via Verdi, fu uno dei primi conduttori con l'avvio del Telegiornale regionale, di cui divenne caporedattore vicario. Alle elezioni amministrative di Torino nel 1975, fu eletto consigliere comunale come indipendente nelle liste del PCI. Ma, più di ogni altra cosa, Giancarlo Carcano, scomparso improvvisamente nel 1993, fu un punto di riferimento nel sindacato giornalista. Autore di numerosi libri di storia, adottati anche nei corsi di Storia all'Università di Torino, tra i quali, oltre a “Strage a Torino”, “Torino 1917. Cronaca di una rivolta” (Stampatori Nuova Società) ripubblicato nel 2017, “L’affare Rizzoli. Editoria, banche e potere” (De Donato, Bari 1978), “Il fascismo e la stampa. 1922-1925”.



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