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Punture di spillo. Viviamo nel paese di Alice, ma le meraviglie dove sono?

Aggiornamento: 1 ora fa

a cura di Pietro Terna


Di analogie la storia ne offre moltissime: osservarle serve per cercare di comprendere le cause degli avvenimenti. Ne propongo una, in cui la causa dei due eventi messi a confronto è chiarissima e gli effetti in entrambi i casi devastanti. Mussolini e la sterlina a quota 90 per la lira forte di una nazione forte; Trump e i dazi per punire quelli che ci hanno trattato molto molto male – Cina ed Europa – e Make America Great Again, con inevitabile cappellino rosso: in comune la demagogia e anche l’ignoranza dei fondamentali dell’economia.

 

Quota 90 di memoria mussoliniana

Alla fine del 1927, per acquistare una sterlina divennero sufficienti 88 lire, scavalcando la quota 90 voluta da Mussolini. Le esportazioni si ridussero drasticamente, i prezzi diminuirono e il taglio dei salari fu maggiore. Le importazioni dovettero essere fortemente contingentate, per la mancanza di entrate in valuta. Nacque l’autarchia, ben prima delle inique sanzioni sopraggiunte nel 1935 per la guerra in Etiopia. Comperare sterline o dollari contro lire da parte della banca centrale sarebbe infatti equivalso a consegnare oro – valeva il gold standard – con uno smacco insopportabile per il fascismo. L’Italia riuscì così ad anticipare in casa propria la crisi del ’29. Mussolini aveva mostrato il proprio potere a dispetto della realtà dei fatti e poteva dare spazio alla retorica più sfrenata, coinvolgendo le folle, almeno quelle ben ammaestrate.

 

Gli effetti della "dottrina" Trump sui dazi

Nel 2025 un altro blocco delle importazioni, di ben maggiore peso: Trump decide di imporre dazi sui prodotti che entrano negli Stati Uniti e anche tasse astronomiche sulle navi cinesi che entrano nei porti americani. Il disastro economico incombe,[1] ma Trump ha mostrato il suo potere, con il plauso dei fanatici che lo seguono. La demagogia trionfa, dalla lira forte per una nazione forte a Make America Great Again!

Ora che cosa sta succedendo alle mega aziende tecnologiche, quelle che sino a ieri si credevano invincibili e ora si trovano di fronte un personaggio che decide sventolando il cappellino rosso? Una nuova grande crisi potrebbe essere originata proprio dai conti delle big tech. Lo temono tanti e sembra esserne certo Warren Buffet (foto in basso), il mega finanziere novantaquattrenne che, con la sua aria da gattone saggio, siede sul monte Everest della liquidità e sta a guardare che cosa accade laggiù nella valle.

Succedono cose assai complesse. Iniziamo dai giganti della tecnologia, quelli in bella vista al giuramento di Trump, ma sempre intenti a trafficare con i loro telefonini. L’Economist[2] titola «Perché i titoli tecnologici americani sono di nuovo vulnerabili» e annota che il VIX index,[3] l’indice di volatilità di Wall Street misurato con il prezzo di mercato delle assicurazioni contro la paura delle perdite in borsa, è sceso dal picco estremo[4] dell’8 aprile, ma è ancora assai elevato. A essere esposti al vento dell’incertezza provocato dal Mr. President sono soprattutto i Magnificent Seven della tecnologia, cioè Alphabet (Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook, WhatsApp, Instagram), Microsoft, Nvidia e Tesla.


I rischi per i Magnifici Sette yankee

Stanno ancora ultra-investendo, dallo sviluppo di nuove piattaforme alle infrastrutture fisiche necessarie per l'intelligenza artificiale. La tendenza è in accelerazione, avvisa l’Economist: nel 2019 i Magnifici Sette hanno speso poco più di un terzo della loro liquidità operativa in spese in conto capitale; nel 2025 la previsione è che saliranno alla metà. Sono investimenti che rendono i giganti, o presunti tali, molto più esposti alla flessione della domanda.

A chi vendono? Molti dei loro clienti - per i chip di Nvidia, per i servizi web di Amazon, per la pubblicità, per gli accessi all’IA - sono startup spesso in perdita. Parte della crescita dei profitti dei giganti tecnologici è derivata dal fiume di denaro che le società di venture capital e altre istituzioni finanziarie negli ultimi anni hanno riversato in quelle startup. È qui soprattutto che gli effetti dell’incertezza possono minare la catena degli acquisti e dei profitti.

Parrebbe la scena della partita a croquet di Alice nel Paese delle meraviglie:[5]

Alice pensava che in vita sua non aveva mai veduto un terreno più curioso per giocare il croquet; era tutto a solchi e zolle; le palle erano ricci, i mazzapicchi erano fenicotteri vivi, e gli archi erano soldati vivi, che si dovevano curvare e reggere sulle mani e sui piedi. (…) I giocatori giocavano tutti insieme senza aspettare il loro turno, litigando sempre e picchiandosi a cagion dei ricci; e in breve la Regina diventò furiosa, e andava qua e là pestando i piedi e gridando: — Mozzategli la testa! — oppure: — Mozzatele la testa! — almeno una volta al minuto.

Chi è la regina? È un re, o almeno si crede tale, che ignora gli appelli dei suoi sudditi, ops, cittadini. Per quota 90 la Confederazione generale fascista dell’industria italiana si era dichiarata più volte a favore di una stabilizzazione della moneta, ma (…) con il nobile veneziano Giuseppe Volpi di Misurata (ndr, industriale e ministro) desiderava un allineamento ad una quota meno rischiosa (100-110 lire per sterlina), mentre la Fiat avrebbe optato per quota 120, nel timore che una lira più forte danneggiasse, come avvenne, le esportazioni.[6] 

Ora, l’assai autorevole U.S. Chamber of Commerce[7] ha chiesto a Trump[8] di eliminare i dazi per tutti i piccoli importatori e per tutti i prodotti che non possono essere prodotti negli Stati Uniti o che non sono disponibili a livello nazionale. A fianco, la NFR, National Retail Federation,[9] sta dedicando tutto il proprio sforzo di comunicazione alle tariffe. Il re ascolta? Parrebbe di no, semmai taglia le teste.


Il mondo è in mani ai prepotenti o quasi...

Anche il nostro baccelliere di musica, che chiosa gli spilli con le sue magistrali conclusioni, si sofferma sulle analogie. Quadri foschi davanti ai nostri occhi. Paesaggi nei quali l’urlo di Munch sembra prevalere sui cieli del Tiepolo. Forse dovremmo farcene una ragione. Il mondo è in mano ai prepotenti. Ci sono presidenti armati di motosega, imprenditori che vogliono mandarci su Marte e soprattutto miliardari a capo di Paesi. Non è neanche una notizia recente e noi italiani lo sappiamo benissimo. Paesaggi dicevamo.

Più di cinquant’anni fa, Keith Jarrett, uno dei pianisti più dotati della sua generazione, nel suo primo disco in piano solo, tracciava un ritratto di una nuova skyline per l’umanità. Landscape for future hearth è al medesimo tempo un auspicio e una consolazione.[10] Il titolo del brano suggerisce un’immagine. Come se il pianista, sorta di ebanista dell’universo, potesse disegnare un nuovo ordine mondiale, dal quale far scaturire un panorama nuovo. Nello stesso tempo le note di Jarrett sono un esempio di come ascoltare un grande musicista o guardare un quadro possano riconciliare con la propria natura umana. Che è la stessa del presidente con la motosega, ma con qualche sfaccettatura in più. La musica, l’arte, non sono e non devono essere l’unica consolazione. Esiste un aspetto nel quale l’analogia proprio non funziona. Quelli in cui viviamo sono regimi democratici. C’è sempre il voto, o almeno si spera. Per cui, sostituiamo il grido “alle armi” con “alle matite”. Anche qui teniamoci, però, un po’ dell’ironia di Gaber, ché non prendersi troppo su serio non fa poi male.[11]

 

Note

[3] https://en.wikipedia.org/wiki/VIX, interessante che la pagina di Wikipedia in italiano per questa informazione non ci sia.

[8] Il disegno che lo mostra nella foggia del Cappellaio matto di Alice nel Paese delle meraviglie è stato prodotto, su espressa richiesta, dall’IA di Elon Musk, https://x.ai, denominata Grok

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