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Un libro per voi: "Pietra dolce"

a cura di Piera Egidi Bouchard


Pietra dolce è il talco, quella spuma leggerissima e profumata che usiamo soprattutto per i bambini, e anche questo nome risuona dolcemente. Non così la sua estrazione, che presenta fatiche e pericoli: esiste ancora una miniera in val Germanasca, sulla strada per Prali, che è stata anche rifugio per i partigiani di “Giustizia e Libertà”, e sede operativa per il comando di Roberto Malan, e questa miniera è al centro di un corposo romanzo che Valeria Tron ha dedicato a quei luoghi, a quella dura vita, a quei personaggi immaginari, ma in cui si riscontrano talora evocati i tratti fisici e caratteriali di quelle genti, rudi e introverse, ma legate da una solidarietà profonda, cementata dal rischio, dal dolore, dalla povertà. E con l’evidenza del rischio di vita si apre subito la narrazione: tre boati improvvisi alla miniera, si scava fra i detriti, il crollo, le morti, finché esce per ultimo un ragazzo ferito, Lisse (al nome manca la U), e tutta la sua vita sarà al segno di una incompiutezza.

E’ stato partorito nei boschi - in un racconto drammatico con cui si apre la prima pagina del libro - da una sconosciuta ragazza che l’ha abbandonato su un lenzuolo: “si china, lo osserva ma non lo sfiora, recide il cordone a morsi, si solleva malferma senza distogliere lo sguardo dal lenzuolo, ansima asciugandosi il sangue dalla bocca. Sfiancata, si guarda alle spalle, esita, soffoca il dolore e si allontana verso i tronchi fino a sparire. Il bosco si è inghiottito una madre, il prato apparecchia un figlio.” Trovato da una pastorella e dalle sue caprette – quasi come in una favola – viene affidata a una donna e al paese che – tutto – lo alleva.

Ma Lisse è “ l’invisibile”, non potendo uscire dai confini della sua Valle, crescendo esiliato, e tale condizione lo segna profondamente, così come lo prostra la sciagura della miniera, che lo fa rifugiare nell’isolamento della baracca nel luogo dove è nato. E’ l’ossessione della miniera che ritorna nei ricordi drammatici della prima volta: “Le prime ore valgono una medaglia al valore (...) La montagna si muove, vuol digerire i colpi; i legni delle rimonte e delle traverse scricchiolano, avvisano, riportano la lingua nella roccia, che finché non ci fai l’orecchio sembrano volerti ammazzare e basta. Il flusso di sangue che ti tiene vivo, da quel momento in poi lo decide la tana. Fracasso, argani compressori, motori di ventilazione, fango, pozzi, asfissia, buio, piaghe dell’umido... (...) Quella del respiro è la lezione più violenta: in galleria devi imparare a sottrarre e dominare, conoscere per naturalizzare. Non te la puoi permettere, l’incoscienza del respiro. Tutto quello che è inconsapevole fuori, dentro è mestiere. E l’aria è sacra, diventa il tuo strumento primario, l’attrezzo che devi imparare a maneggiare.”

Seguiamo i suoi giorni avvolti dalla solitudine e dalla disperazione, finché non intervengono alcuni personaggi a lui profondamente legati da amicizia che escogitano un piano per restituirgli la speranza e riportarlo a casa. Si tratta dell’amico più caro, Giosuè Frillobec, che balbetta, sì, ma non manca d’ingegno e spirito d’iniziativa. E poi c’è Mina, che come una madre dona affetto e cura, e ha cresciuto entrambi, e Lumière, un uomo forte e gigantesco, che ha lo straordinario dono della profezia, e Tedesc, il liutaio, che parla tre lingue, un personaggio dal passato oscuro, arrivato lì sui monti chissà come mai e perché. E arriva poi anche una ragazza, Alma, partita dall’Argentina con la sua chitarra per ritrovare le sue radici, e una riserva di canzoni da insegnare... Tanti anni dopo, l’amico di gioventù Frillobèc, che ormai vive solo dopo aver lasciato la Valle, riceverà l’improvvisa visita di un ragazzo, Jul, con cui ritesserà il passato e anche il futuro.

”Figlia di miniera” si autodefinisce l’autrice, Valeria Tron, il cui padre era minatore, e figlia della Val Germanasca, che rievoca negli usi dei suoi montanari, nelle parole antiche del patois, nelle cadenze occitaniche, con una resa evocativa potente. Romanziera molto premiata, cantautrice, illustratrice, artigiana del legno fa rivivere quel mondo con appassionata  dedizione .


Note

Valeria Tron, “Pietra dolce”, Salani, 2024, pagg. 448

 

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