Alberto Trentini, 172 giorni nelle carceri venezuelane
- La Porta di Vetro
- 6 mag
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Prosegue il lavoro diplomatico per aprire una breccia nel muro del silenzio che circonda la vicenda di Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto nel carcere di alla periferia di Caracas.[1] Nei giorni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani ha ribadito l'impegno della Farnesina nei contatti con il governo Maduro ed ha ricordato di avere affrontato la questione direttamente con il segretario di Stato americano Marco Rubio nel marzo scorso, durante il G7 in Canada. Circostanza non secondaria, perché prima, Rubio, impegnato in un tour nei paesi dell'America centrale, era stato il regista dietro le quinte alla liberazione di sei cittadini statunitensi detenuti in Venezuela.
Intanto, si è appreso che sabato scorso è stato liberato dal carcere di El Helicoide,[2] una struttura che il regime di Maduro utilizza soprattutto per prigionieri politici controllata dai servizi segreti del Sebin, l'imprenditore Alfredo Schiavo, 67 anni, doppio passaporto italo-venezuelano, detenuto da oltre cinque anni. Il suo arrivo in Italia insieme con la moglie è previsto nel pomeriggio di oggi.
La sua scarcerazione è stata propiziata anche attraverso all'intenso lavoro di mediazione della Comunità di Sant'Egidio, portato avanti da Gianni La Bella con le istituzioni italiane, in primo luogo l'ambasciata a Caracas, e con esponenti del governo venezuelano come il governatore Rafael La Cava (che la Commissione esteri della Camera ha invitato per un confronto sulla situazione del Paese sudamericano e i rapporti con l’Italia).
Figlio di italiani emigrati in Venezuela negli anni Cinquanta, Schiavo aveva subito una condanna per reati finanziari. "Adesso aspettiamo la liberazione di Alberto Trentini, Americo De Grazia, Biagio Pilieri e degli altri cittadini italiani ancora reclusi nelle carceri venezuelane", è la considerazione finale che ha espresso la Comunità di Sant'Egidio sul suo sito. [2] Da registrare, infine, le manifestazioni di protesta delle che si che continuano a percorrere le strade di Caracas, organizzate dai famigliari dei detenuti politiche che reclamano la scarcerazione dei loro congiunti.
Note
[1] Precisazione. Per uno spiacevole disguido, nell'articolo di ieri, 5 maggio, è annunciata nella stessa serata la trasmissione Presa Diretta, andata in onda il giorno prima. Ce ne scusiamo.
[2]Nello stesso carcere, come denuncia Amnesty International, è detenuto anche Carlos Julio Rojas, giornalista e difensore dei diritti umani, arrestato il 15 aprile dello scorso anno, prelevato a Caracas da individui armati, incappucciati e vestiti di nero che lo hanno costretto a salire a bordo di un veicolo non identificato. Poche ore dopo, il Procuratore generale del Venezuela ha dichiarato che l’arresto di Rojas era collegato a un presunto tentativo di assassinio del presidente: un’accusa pesantissima insieme a quella di “terrorismo”, entrambe completamente infondate. Il giornalista è stato tenuto in isolamento per 35 giorni e il suo diritto alla difesa gravemente compromesso. Secondo Amnesty International, il caso Carlos Julio Rojas è emblematico dello schema di persecuzione cui sono sottoposte le persone che difendono i diritti umani in Venezuela.
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