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Alberto Trentini, 176 giorni nelle carceri venezuelane


I suoi amici e parenti ci riproveranno domani, domenica 11 maggio, a dire al mondo di volere Alberto Trentini libero. Lo faranno con un corteo acquatico nella sua città, Venezia, sul Canal Grande, a un mese dalla sospensione per maltempo di un'identica iniziativa volta a chiedere la liberazione dell'operatore umanitario detenuto dal 15 novembre scorso in un carcere di Caracas. Il sindaco del città lagunare, Luigi Brugnaro, ha chiesto il massimo riserbo per instradare una trattativa che possa aprire almeno uno spiraglio di rassicurazioni sulle condizioni di salute di Trentini, affetto da disturbi respiratori e di ipertensione.

La madre di Alberto, Armanda Colusso, rinnova quotidianamente gli appelli per la scarcerazione del figlio, confidando in una mobilitazione popolare che possa trasformarsi in una sorta di "stampella" diplomatica per lo Stato italiano che non riconosce il governo Maduro e ne ha contestato il risultato elettorale di fine luglio scorso. Un voto viziato, secondo gli osservatori internazionali, da trucchi e brogli ai danni del candidato dell'opposizione Edmundo González Urrutia, costretto a riparare in Spagna, inseguito da un mandato d'arresto spiccato nei suoi confronti.

In questo contesto, diventano un punto di aggregazione sia il sostegno pubblico arrivato ad oltre 100 mila firme con la petizione online su Change.org, sia le prese di posizione di personalità della società civile e religiose. Ultima, quella di don Luigi Ciotti che ieri sera dagli schermi di Propaganda Live, il programma in onda il venerdì su La7, si è espresso in maniera inequivocabile, a nostro avviso, non soltanto sulle ragioni che "trattengono" Alberto Trentini in carcere, ma su quelle che ne rallentano l'uscita dal carcere, decisamente meno eclatanti e con un ritorno d'immagine rispetto ad altre situazioni analoghe del recente passato. "Forse lo tengono in carcere - ha detto don Ciotti - perché nella vita ha scelto di aiutare gli ultimi, i poveri, i bisognosi…". Il fondatore del Gruppo Abele e di Libera si è poi rivolto al presidente Nicolás Maduro appellandosi alla sua fede cattolica, a quello stesso presidente ricevuto da Papa Francesco in Vaticano il 17 giugno 2013 e ricordato con un post su Instagram nel giorno della morte come "un pastore del mondo, fratello del Sud e strenuo difensore della giustizia, della pace e degli umili". Gli umili al cui servizio si è messo Alberto Trentini, prigioniero a El Rodeo.





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