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Maurizio Jacopo Lami

Tra Israele e Iran "balletto" di avvertimenti, ma si scherza con il fuoco

Aggiornamento: 5 nov

di Maurizio Jacopo Lami


Inter arma silent leges

Detto latino: "Fra le armi tace la legge"


Non si può capire il Medio Oriente se non si comprende che dai tempi di Abramo sono sempre in conflitto fra loro. La guerra fa parte del loro panorama, come il caldo e il vento del deserto.

William Colby, direttore della CIA dal 1973 al 1975 , commentando l'attacco dei Paesi arabi a Israele nell'ottobre 1973.


La mossa militare di Israele, in risposta alla rappresaglia della settimana scorsa, è arrivata: i missili hanno colpito Esfahan, nella zona centrale dell'Iran, dove sono presenti siti nucleari, ma il bersaglio è stata una base aerea, mentre venivano distrutte alcune postazioni di radar in Siria. Azione simbolica per dare un chiaro messaggio agli ayatollah: "se vogliamo, possiamo colpire veramente duro, quindi pensate bene a quello che fate".

L'operazione per ora sembra essere davvero limitata: pochi droni lanciati contro una base aerea, una inezia rispetto al potenziale distruttivo di Israele. Non si ha notizia di missili balistici che avrebbero potuto fare danni enormi e soprattutto causare molte vittime. Oltre a surriscaldare la tensione tra i due stati. Sembra di assistere alla replica esatta dell'operazione iraniana: molta scena, il mondo che trattiene il fiato temendo una guerra regionale, ma alla fine pochi danni. Ma l'attacco comunque c'è stato. Come quello all'ambasciata iraniana di Damasco che ha provocato una decina di morti "eccellenti", come i missili lanciati sulle città israeliane: atti di guerra veri e propri e non fiction di serie televisive di cui l'umanità non può non rimanere attonita. E si commette un errore a sottovalutarli. I commenti "tranquillizzanti" da parte degli esperti, fino a prova contraria non rappresentano, né hanno rappresentato il miglior antidoto alle catastrofi.

Infatti, nella città di Esfahan c'è anche un altro luogo molto importante, ben conosciuto dai servizi segreti di vari paesi: il "Bunker numero 8". Di cosa si tratta? Il "Bunker numero 8" è il comando segreto in cui gli ufficiali pasdaran coordinano le numerose azioni segrete dell'Iran in Medio Oriente, specie in Libano e in Siria. E, particolare importante per Israele, gli appoggi alla Jihad islamica nella Striscia di Gaza partono proprio da qui.

E qui era di casa anche il generale dei pasdaran Reza Zahedi, il più importante esponente dell' organizzazione, l'uomo incaricato di dare armi e denaro ai vari alleati filo sciiti, specie agli Hezbollah in Libano, ma anche alle formazioni della "resistenza",  il nome che Teheran dà ai gruppi anti Israele in Siria, in Iraq e nella Striscia di Gaza. 

Il generale Reza Zahedi era il cuore del sistema ed è stato ucciso nell'attacco aereo all'ambasciata di Damasco insieme con i suoi più importanti collaboratori. Tel Aviv si è giustificata ricordando che gli iraniani sfruttavano sfacciatamente l'immunità diplomatica per organizzare una vera e propria guerra per procura a Israele. Sapeva bene che il colpo avrebbe causato enormi tensioni con l'Iran, ma ha pensato che si trattasse di un'occasione troppo ghiotta, di quelle che capitano una volta nella vita, e che valeva il rischio. In pratica gli israeliani hanno azzerato la sezione dei pasdaran dedicata a colpirli. Rimane aperto l'interrogativo sul metro di misura adottato: se è quello che nelle ambasciate si dà per scontato che operino anche i servizi segreti dei rispettivi Paesi, per cui in caso di tensione militare è lecito distruggerle, Israele ha precostituito un pericoloso precedente...

Il ministro della Difesa Israeliano Ganz, nell'approvare l'attacco del primo aprile in Siria, pare abbia detto: "questa volta l'operazione Grande Strike riuscirà. Non sarà un fiasco come l'altra volta". A che cosa si riferiva? Passo indietro all'ultimo decennio del Novecento. Negli anni Novanta Hamas stava rapidamente crescendo per peso specifico politico e numero di adepti. Ma all'epoca, l'israeliano Benjamin Netanyahu sosteneva che il vero pericolo era Arafat e l'Iran, mentre altri erano allarmati dall'impennata esponenziale di Hamas. Così il Mossad organizzò una trappola astuta: uccise un importante dirigente del ramo militare di Hamas (che a quel tempo non aveva nemmeno un ventesimo della forza attuale), confidando che i dirigenti islamici commettessero l'errore di riunirsi tutti insieme. 

La cosa ebbe successo al di là delle più ottimistiche speranze: lo sceicco Ahemd Yassin, fondatore e capo assoluto di Hamas, anziano e paralitico, ma carismatico, pretese che tutti i principali dirigenti sia politici che militari si riunissero in un unico luogo. Non era mai successo prima e non sarebbe successo mai più. Si riunirono in un palazzo e l'aviazione israeliana prese di mira l'edificio. I piloti avrebbero tranquillamente potuto distruggere il palazzo, come fanno ora, ma allora i tempi erano diversi e propendevano per la prudenza: usarono una bomba limitata per non colpire i civili. Così non ci fu il grande strike. Ecco a che cosa si riferiva Ganz, sostenendo che occorreva colpire duro. 

A Damasco gli israeliani hanno colpito duro davvero, annientando il comando dei pasdaran. Da qui la furia dei dirigenti iraniani che "dovevano" replicare. Come abbiamo visto. Il "favore", questa specie di balletto tutto orientale, sempre a metà fra azioni militari e simboli, è stato restituito oggi, 19 aprile, giorno del compleanno di Khamenei, il presidente della repubblica islamica iraniana (per inciso il 7 ottobre, attacco di Hamas a Israele, era la festa religiosa di Yom Kippur, anniversario della guerra del 1973, anniversario della battaglia di Lepanto nel 1571, anniversario della guerra degli Stati Uniti contro i talebani nel 2001 e... compleanno di Putin: un sogno per i complottisti).

L'attacco odierno, lo ribadiamo, è avvenuto proprio vicino agli uffici dove Reza Zahedi pianificava la "sua" guerra contro Israele, nel bunker 8, ben conosciuto dagli Israeliani. Si racconta che di recente il primo ministro Netanyahu, durante una riunione all'ennesima protesta di un esponente estremista del suo governo, che pretendeva si facesse "fuoco e fiamme" sull'intero Iran, abbia risposto: "Noi conosciamo bene cosa fanno gli iraniani, specie nel bunker 8. Non c'è nessun bisogno di scatenare chissà cosa. È sufficiente fargli sapere che siamo in grado di colpirli anche lì e vedrete che i pasdaran capiranno che non devono superare certi limiti ". Il momento dell'avviso è arrivato. Ma le guerre non sono raccomandate con ricevuta di ritorno. Quando scoppiano, non ci sono postini ad annunciarle, ma soltanto morti e distruzioni. Qualcuno dovrebbe cominciare a rendersene conto, soprattutto l'Europa che vive in pace dal 1945.

                                   

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