Scuola, le operazioni "indolori" del ministro Valditara
di Antonio Balestra
Sarà il decreto interministeriale atteso entro la fine di agosto a definire il futuro assetto delle scuole italiane, mentre saranno nuovamente gli interventi nella legge di bilancio a stabilire i limiti entro cui collocare le autonomie scolastiche. In un articolo su "La Stampa" del 2 dicembre 2022, il Ministro Valditara anticipò le linee del governo sul dimensionamento scolastico e annunciò in tono rassicurante che l'operazione sarebbe stata "indolore".
Confesso, e sicuramente è un mio limite, di essere molto diffidente quando sento parlare di operazioni indolori, soprattutto quando affermato da politici e ancor di più quando riguarda la scuola, oramai "cenerentola" nell'agenda del governo Meloni. Quelle che mi hanno lasciato maggiormente perplesso, però, sono state le motivazioni addotte dal Ministro per definire tale operazione "indolore". Secondo Valditara, il dimensionamento scolastico non avrebbe alcuna ricaduta sulla vita scolastica dei nostri ragazzi poiché (cito testualmente): "Si interverrà solo sulle strutture giuridiche, cioè sulle dirigenze scolastiche, non sulle strutture fisiche".
Cosa avrà voluto dire il Ministro? Ha semplicemente cercato di rassicurare i genitori che i loro figli continueranno a frequentare le stesse aule, laboratori e scuole. Saranno solo i Dirigenti scolastici e i DSGA (ex segretari) a essere coinvolti.
Tuttavia, questa teoria dimostra una totale mancanza di conoscenza della complessità gestionale all'interno delle scuole. Pensare che la dimensione di un istituto scolastico e la sua articolazione su più plessi e comuni non abbiano alcuna influenza sull'organizzazione e non abbiano alcuna ricaduta sulla didattica è un'idea miope che caratterizza da tempo la nostra politica.
Il tutto è condito dal solito mantra "lo vuole l'Europa", che in realtà è diventato l'alibi per scelte dettate da ragioni economiche o, come in questo caso, per un'operazione altamente politica che mira a toccare le autonomie scolastiche presenti in Italia.
Attacco alle autonomie scolastiche
L'Europa suggerisce una riflessione sulle soluzioni per affrontare le problematiche legate alla situazione di altri paesi europei, come la dimensione ottimale delle scuole in relazione alla gestione dell'istituzione scolastica, ma anche e soprattutto il numero di studenti per classe. Se quest'ultima indicazione viene messa in secondo piano, la prima diventa la scusa per intervenire massicciamente sulle autonomie scolastiche.
Bisogna ricordare che l'ultima significativa operazione di dimensionamento della scuola italiana avvenne nel 2011 durante il governo di centro-destra guidato da Berlusconi. Quella legge determinò un sensibile aumento del numero minimo di studenti necessario per garantire la sopravvivenza dell'autonomia scolastica e promosse un'operazione di accorpamento verticale con la creazione di istituti comprensivi, portando alla scomparsa quasi totale delle vecchie scuole elementari e medie.
Durante quegli anni, l'attuale presidente regionale Alberto Cirio ricopriva la carica di assessore all'istruzione per la regione Piemonte. La legge fu impugnata davanti alla Corte costituzionale da alcune regioni, tutte guidate da giunte di centro-sinistra. La Corte ne riconobbe l’incostituzionalità.
La Regione Piemonte recepì integralmente le indicazioni della legge e l'allora assessore Cirio emise un atto di indirizzo che portò a una significativa trasformazione dell'assetto delle scuole piemontesi nel corso di due anni.
Dal 2011 al 2013, il Piemonte perse ben 100 autonomie scolastiche (passando da 683 a 589 scuole) e un totale di 300 plessi in meno (quelli che il Ministro Valditara definisce “strutture fisiche”).
Ciò comportò un notevole aumento del numero medio di studenti per scuola, che passò da 680 a 909. In definitiva, questo "terremoto" portò ad avere un numero inferiore di scuole, ma con un numero maggiore di studenti. Si assistette gradualmente alla formazione di grandi comprensivi con oltre 1200 studenti, con decine di plessi distribuiti su più comuni.
Nel corso dei dieci anni successivi, sono stati effettuati piccoli interventi di "assestamento" che hanno definito la situazione attuale, evidenziando ancora di più l'impatto di quel dimensionamento: 100 autonomie scolastiche soppresse in tre anni, dal 2011 al 2013, e altre 49 autonomie perse nei successivi nove anni, fino ad arrivare alle attuali 540 autonomie scolastiche.
Messa all'angolo l'istruzione nel Mezzogiorno
Lo scenario che si preannuncia dopo l'approvazione della legge di bilancio del 2023 e che troverà compimento con il prossimo decreto interministeriale porterà, secondo una tabella elaborata dalla FLC-Cgil, alla scomparsa di ben 827 scuole in Italia.
Le regioni del sud saranno maggiormente colpite da questa situazione. La difficile condizione sociale di alcune aree, la povertà strutturale e i problemi di collegamenti avevano suggerito ai presidenti delle Regioni di essere più prudenti nell'intervenire su presidi importanti socialmente come le scuole.
Come metro di paragone, va considerato che il Piemonte dovrebbe perdere entro il 2027 un totale di 30 autonomie scolastiche, mentre la Sicilia ne perderà 112 e la Campania 161.
Una vera catastrofe per le scuole del nostro Mezzogiorno, che vedranno aumentare ancora di più le disparità rispetto alle regioni più ricche del nord. Questo fenomeno sarà amplificato ulteriormente dalla prossima autonomia differenziata, saldamente, invece, nell’agenda del Governo. Ciò dimostra che, nonostante le rassicurazioni del ministro Valditara, l'operazione di dimensionamento non sarà affatto indolore.
La scuola è un organismo complesso, basato su relazioni e interconnessioni con il territorio. Non saranno solo i dirigenti scolastici ad essere colpiti, ma tutto il sistema scolastico subirà le conseguenze. Le autonomie scolastiche perderanno la loro identità e la loro storia, e cercheranno di ricostruirsi con grandi difficoltà e diffidenze. Questo avrà un impatto significativo su scuole fortemente radicate nel territorio, sia per tradizione che per storia.
Una giornata con i dirigenti scolastici
Bisognerebbe invitare il nostro Ministro a trascorrere qualche giorno accanto ai numerosi dirigenti scolastici, in modo da comprendere meglio le sfide che affrontano quotidianamente. Potrebbe vedere di persona come si sforzano di creare il senso di appartenenza all'istituzione scolastica, nonostante debbano spostarsi tra varie sedi sparse in territori distanti, spesso trovando carenze di personale e la necessità di ascolto.
Sarebbe importante che osservasse il loro impegno nel creare connessioni virtuose, sia attorno a un tavolo con sindaci in contrasto, sia con le associazioni del territorio.
Dovrebbe dedicare del tempo a partecipare alle riunioni dei collegi docenti, dove insegnanti provenienti da diverse discipline e scuole lontane cercano faticosamente di discutere di progetti comuni, di didattica inclusiva e di verticalizzazione.
Forse, e solo allora il ministro Valditara comprenderebbe come il dimensionamento non è mai indolore, e che ridurre la dirigenza scolastica a “struttura giuridica” mortifica e sminuisce il ruolo di chi dovrebbe garantire i diritti costituzionalmente tutelati “diritto all’apprendimento dei nostri studenti, libertà insegnamento, libera scelta da parte dei genitori”.
La scuola merita ben altra considerazione.
Комментарии