Blackout in Spagna: gli "inattesi" rischi del "tutto elettrico"
- Mercedes Bresso
- 1 mag
- Tempo di lettura: 3 min
di Mercedes Bresso

L’analisi delle ragioni che hanno prodotto il terribile blackout in Spagna è in corso e i tecnici ci daranno sicuramente una spiegazione che, probabilmente, sarà legata alla ancora insufficiente interconnessione tra i diversi paesi europei. L’aumento della produzione elettrica da fonti rinnovabili richiede una stabilizzazione dell’offerta che può avvenire solo su scala molto vasta. Ma occorre anche riconoscere che continueranno a servire delle centrali, termiche o nucleari, che assicurino una produzione di base per garantire le situazioni di minore afflusso di rinnovabili o di emergenza.
Fabbisogno in crescita continua
Forse sarebbe utile una verifica dei fabbisogni energetici enormi richiesti dai giganteschi computer che stoccano e gestiscono le informazioni dei clouds e della IA delle piattaforme americane, molti dei quali sono localizzati in Spagna e Portogallo, per capirne sia l’impatto ambientale sia il peso sul sistema elettrico europeo nel suo insieme. Non è escluso che abbiano avuto un effetto sul precipitare del blackout.
È noto infatti che il fabbisogno di elettricità cresce in modo continuo e che le potenze e le quantità necessarie rischiano di rendere più fragile un sistema su cui ormai poggia praticamente la quasi totalità delle nostre attività e delle nostre vite.
Spesso non ci rendiamo conto che manipolando il nostro piccolo telefono, mentre cerchiamo una informazione o reperiamo una foto fra le migliaia che abbiamo dentro quella scatoletta, in realtà ci connettiamo a questi maxi centri e scateniamo un processo di enorme complessità. È molto probabile che i rischi prodotti dalla complessità e dalla permanente interconnessione di questi sistemi cresceranno nel tempo e con essi guasti e momenti di panico che potrebbero coinvolgere aree sempre più grandi. La rete di Internet rischia di diventare talmente fitta da assomigliare sempre di più a una gabbia che imprigionerà il mondo a profitto di pochi privati, che potrebbero anche decidere di bloccare tutto per le più strampalate ragioni (Musk insegna).
Credo quindi che sia urgente che l’Unione Europea si ponga il problema di come garantire la propria autonomia strategica in questo settore così delicato e non si limiti solo a regolamentarne l’uso.
Inoltre sistemi complessi e molto estesi, che richiedono enormi quantità di energia devono avere quelle che i tecnici chiamano “ridondanze” cioè una pluralità di sistemi di protezione, controllo e garanzie in caso di guasti.
Penso tuttavia che si imponga anche una riflessione coraggiosa sul modello energetico che è stato scelto con il Green Deal, fondato in pratica sul “tutto elettrico”. Durante il mio ultimo mandato al Parlamento Europeo abbiamo approvato centinaia di provvedimenti di attuazione del Green Deal. Si tratta di un lavoro imponente e molto utile per indirizzare le economie europee sulla strada della “decarbonizzazione” e della sostenibilità ambientale, anche allo scopo di provare a riprendere una leadership nelle tecnologie Green che abbiamo perso negli ultimi anni.
L'UE corra ai ripari con l'uso di altre fonti energetiche
Tuttavia ero convinta, mentre discutevamo di quei provvedimenti e ho provato molte volte a farlo capire ai miei colleghi, che la scelta di puntare tutto sull’elettrico non fosse sensata. Non c’è dubbio che nel riscaldamento e illuminazione degli edifici e degli uffici, così come in molte attività produttive, l’elettricità sia la migliore soluzione ma abbiamo riflettuto su che cosa potrebbe succedere in caso di panne gravi se l’unica fonte per alimentare le città, le case, le auto, i mezzi di trasporto pubblici e privati, Tir compresi, i veicoli e le strutture per le emergenze, ecc., fosse l’energia elettrica?
Esistono altre fonti pulite, come i bio carburanti e il biogas, o piuttosto pulite come il gas naturale, persino in certe aree il legno da ardere se prodotto con piante coltivate e abbattute in loco, che potrebbero rappresentare quelle utili alternative o ridondanze in caso di difficoltà.
Immaginiamo una grave alluvione, con le colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici sott’acqua: non sarebbero utili i mezzi di emergenza con doppia alimentazione, ad esempio elettrica e bio-carburante?
Lo stesso ragionamento vale per l’insieme dell’economia in caso di gravi guasti: se tutto dipendesse dall’elettricità le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Penso che sarebbe molto meglio se ogni azienda potesse scegliere in autonomia la propria/ proprie fonte energetica in base al sano principio della neutralità tecnologica, cioè che la scelta sia libera purché conduca allo stesso risultato in termini ambientali.
Ci siamo forse buttati troppo rapidamente su una strada che per molti versi non è stata scelta da noi e che forse non è evitabile ma potremmo almeno riflettere sulle conseguenze e provare a ridurne i rischi, indagando con intelligenza ed equilibrio sui problemi potenziali legati alle nostre scelte e individuando delle soluzioni che possano ridurli.
Comments