Memoria delle stragi nazifasciste al Museo del Risorgimento
Ultimi giorni, fino al tre dicembre, per visitare a Torino la Mostra "Nonostante il lungo tempo trascorso, Le stragi nazifasciste nella Guerra di Liberazione 1943-1945", allestita al Museo Nazionale del Risorgimento a cura di Marco De Paolis, Procuratore Generale Militare, magistrato che insieme ad altri suoi colleghi ha contribuito a disvelare l'armadio della vergogna che conteneva gli orrendi "segreti" dell'occupazione nazista dall'8 settembre 1943 in Italia.[1]
Nel 1994, al rinvenimento dell'armadio, l'opinione pubblica così fu informata dell'esistenza di uno straordinario patrimonio storico. Al suo interno vi erano 695 dossier e un Registro Generale che riportava 2.274 notizie di reato raccolte dalla Procura generale del Tribunale supremo militare, relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano dalle truppe nazifasciste. In quei fascicoli d'inchiesta c'erano i nomi di presunti colpevoli, le testimonianze, fotografie e mappe da cui usciva una certosina e paziente ricostruzione di quei terribili venti mesi subiti dagli italiani fino alla Liberazione del 25 aprile, data simbolo, ma non ultima per la rappresaglia nazifascista che proseguì ancora per giorni, durante la fuga della Wermacht attraverso il Brennero, da dove era discesa.
Autore di numerosi libri, tra cui "Cefalonia. I processi, la storia, i documenti" premiato ad "Acqui Storia 2018", ultimo "Caccia ai nazisti", Marco De Paolis ha raccolto - come scrive nelle conclusioni del libretto d'accompagnamento della mostra - l'idea del Capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Enzo Vecciarelli, che su sua proposta "ha voluto dare inizio ad un percorso culturale, un percorso di recupero della memoria di questi fatti, di fatti che, purtroppo, non sono adeguatamente conosciuti o, se sono conosciuti, spesso sono conosciuti in modo deformato".
La Mostra, che si sviluppa a lato della grande sala d'ingresso del Museo del Risorgimento in piazza Carignano, propone una rilettura di quei drammatici eventi, un passato intriso di dolore e odio, sangue e sofferenza, attraverso i quali il popolo italiano seppe esprimere i suoi aneliti di libertà, riscattando con la lotta partigiana da vent'anni di dittatura fascista. La Resistenza riportò in primo piano episodi collettivi e individuali di eroismo declinati su rifiuto del totalitarismo che costò agli italiani un immane tributo di sangue che la mostra documenta su più capitoli con un ampio corredo di fotografie e filmati, dal crimini contro i militari italiani in Italia a quelli compiuti all'estero, in primis la spietata vendetta compiuta sulla Divisione Acqui di stanza nelle isole greche di Corfù e di Cefalonia, che al comando del generale Antonio Gandin aveva rifiutato di arrendersi all'ultimatum tedesco, sugli ufficiali della Divisione Perugia, fucilati in Albania, e del X Reggimento Regina, fucilati nell'isola di Kos, nell'arcipelago del Dodecaneso.
Le immagini riportano il visitatore della mostra ai crimini di guerra sui civili da cui emergono i nomi di luoghi diventati tristemente famosi per la ferocia nazista: Rionero in Vulture, Acerra, Limmari di Pietransieri in Meridione; le Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Padule di Fucecchio, Vinca ed altri ancora nel Centro Italia; Boves, Monchio, Susano, Costrignano, Savoniero, Marzabotto, Fondotoce Verbania, Fossoli, al Nord.
A queste migliaia di vittime, si devono aggiungere i 650 mila militari italiani internati nei campi di prigionia tedeschi[1], 50 mila dei quali non faranno più ritorno a casa per malattia, denutrizione, esecuzioni e bombardamenti. Fu un'altra forma di resistenza, purtroppo dimenticata per decenni, sottratta poi all'oblio e all'indifferenza da quei magistrati militari decisi ristabilire il senso della giustizia e a gettare un potente fascio di luce su un passato da molti, troppi, considerato scomodo per mere opportunità di politica internazionale.
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