La battaglia di Romagnano Sesia
- La Porta di Vetro
- 16 mar
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16 marzo 1945-16 marzo 2025

Ottanta anni fa, il 16 marzo del 1945, i presidi fascisti di Borgosesia, Fara e Romagnano Sesia furono investiti da un concentrico assalto delle formazioni partigiane. Fu un'operazione che prevedeva caratteristiche differenti dalla guerriglia che aveva fino allora caratterizzato la tattica dei gruppi della Resistenza. Lo scontro, come racconta Enrico Pagano, "era portato nel cuore dei paesi, sulle piazza principali e centrali, come a Borgosesia e Fara, e comunque all'interno del perimetro che gli urbanisti definiscono oggi centro storico, come nel caso del Collegio Curioni a Romagnano Sesia.[1]
La battaglia di Romagnano mise in luce anche un altro elemento: "l'età adulta" raggiunto dal movimento partigiano, ben armato ed equipaggiato, in grado di scegliersi la tattica con cui aggredire il nemico nazifascista. In effetti, riportando ancora le pregevoli pagine di Enrico Pagano, attuale direttore dell'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea Biella Vercelli, a quaranta giorni dalla conclusione della II guerra mondiale in Italia, "l'azione partigiana fu una dimostrazione di forza e di capacità di praticare la guerra secondo modalità mai sperimentate in precedenza. [...]L'esperienza militare di alcuni ufficiali dell'esercito che avevano incarichi di comando nelle formazioni giunse in questo caso ad elaborare un piano complesso, che coinvolse almeno un migliaio di uomini ed ebbe l'approvazione della conduzione politica delle brigate, motivata dalla necessita di dimostrare alla popolazione la forza del movimento resistenziale e di rappresentare al nemico, dopo tante difficoltà invernali, la rinnovata vitalità dei partigiani, senza trascurare gli effetti psicologici positivi all'interno delle formazioni che derivavano dalla convinzione di partecipare ad un evento organizzato in modalità degni delle strategie di un vero e proprio esercito, per quanto di popolo.[2]

Del resto, l'offensiva partigiana che investì Romagnano al comando del capitano Bruno, alias Albino Calletti (1908-2000), futuro sindaco di Castelletto Ticino (foto a sinistra), e con Grano, nome di battaglia di Giacomo Grai (sindaco di Romagnano per sei mandati consecutivi dal 1946 al 1970) tra gli artifici dei ripetuti attacchi, fu la più complessa e complicata per la posizione del comune, crocevia di importanti comunicazioni territoriali, e per la qualità del reparto fascista che l'occupava.
L'epicentro dello scontro fu il Collegio convitto Curioni, sede del presidio fascista, attaccato ripetutamente dalle forze partigiane per tutta la giornata, dopo aver fatto brillare alle 4,30 una grossa mina che svegliava di soprassalto i paracadutisti della Folgore, "i cattivi" noti anche come "folgorini" che avevano sostituito i legionari della Muti, seminando il terrore delle popolazioni di Romagnano e zone vicine anche con furti e rapine.[3]

Verso sera, dopo una tregua chiesta al mattino dal comandante del presidio, il tenente Elios Lumbau, reduce di El Alamein (nella foto a sinistra), e la ripresa dei combattimenti nel pomeriggio, seguita da un'altra sospensione dello scontro, sempre avanzata dai fascisti, arriva alla resa delle forze repubblichine.
Una resa mediata dal reggente della parrocchia di Romagnano, don Giovanni Preti, salesiano, professore presso il Seminario pontificio di Benevento prima di essere
inviato nell'alto Piemonte, uno delle figure più limpide di quei giorni di orgogliosa rinascita di un popolo. E' lui, quel minuto sacerdote che ha confortato e difeso i suoi parrocchiani dalle angherie, minacce e rappresaglie fasciste, a convincere i parà a cedere le armi, a evitare un'inutile carneficina e ad abbandonare, spogli, ma liberi e con la garanzia della vita, Romagnano. Al termine della battaglia, saranno due i morti tra le file partigiane, quattro tra i "folgorini".

Il 5 aprile, il notiziario della G.N.R., trasmesso "all'attenzione del Duce", recitava:
Il 16 marzo u.s., alle ore 4.15 in Romagnano Sesia, fuori legge, in numero imponente, attaccavano con mortai da 81 e armi automatiche leggere e pesanti la caserma della G.N.R. tenuta dalla 1a Compagnia della Divisione Etna. Il presidio si difendeva accanitamente, ma, data l'inferiorità in armi e in uomini, dopo 15 ore di combattimento era costretto ad accettare una onorevole resa con cui a tutti i superstiti era concesso il loro rientro al battaglione....[4]
Note
[1] Enrico Pagano, Quando si tratta di attaccare, 16 marzo 1945, la Battaglia di Romagnano, Anpi e Comune di Romagnano, 2015, p. 13
[2] Ibidem, p. 33
[3] Ibidem, p. 75
[4] Ibidem p. 65
Le immagini sono tratte dal video di Enrico Pagano La battaglia di Romagnano del 16 marzo 1945 raccontata da Enrico Pagano (Resistenza in Valsesia)
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