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Israele vs Iran, perché un’altra guerra e a chi giova?

di Dunia Astrologo

Un conflitto senza precedenti, come distrazione di massa dall'eccidio, altrettanto senza precedenti, che si consuma nella Striscia di Gaza. Il cinismo di Benjamin Netanyahu non ha limiti ed è superiore a qualunque forma di criminale fantasia, materia in cui il premier di Israele ha conseguito più master e dottorati, prima di eccellere in qualità di libero docente. Libero in toto di rivolgere ora i suoi bombardieri sui cieli iraniani per calamitare l'opinione pubblica internazionale sulla nuova guerra che mira a cancellare dalla faccia della terra gli ayatollah, continuando così a massacrare impunemente i palestinesi. Un vero genio del male. Un Rocambole moderno che, mentre organizza il matrimonio in pompa magna del figlio, fortemente contestato in patria, ordina di attaccare anche l'IRIB, la sede della televisione nazionale iraniana, il cui arricchimento di notizie, mestiere del giornalismo a qualunque latitudine, è stato scambiato evidentemente per produzione di uranio arricchito.

Fonti iraniane hanno descritto il tentativo di autocontrollo della conduttrice, mentre lo studio era sotto attacco e le cadevano addosso detriti e calcinacci. Il portavoce del ministero degli Esteri Esmaeil Baqaei ha dichiarato in un post sul suo account X che l'attacco israeliano alla televisione nazionale è stato un crimine di guerra.

Da parte sua, il quotidiano israeliano Haaretz ha messo in evidenza che l'azione è stata decisa per contrastare l'esercito iraniano che avrebbe usato il centro media statale per "attività militari", senza specificare però di che tipo. In precedenza, ha aggiunto Haaretz, "con una mossa senza precedenti, l'IDF ha invitato i residenti che vivono vicino al complesso dell'emittente a Teheran a evacuare." La conduttrice, Sahar Emami, - scrive ancora Haaretz - si è precipitata fuori dalla telecamera quando lo schermo dietro di lei si è interrotto, e si sentivano le persone dire "Allahu akbar". La trasmissione è passata rapidamente a programmi preregistrati. Rientrata in diretta da un altro studio, la conduttrice ha detto che vi erano numerosi giornalisti morti, mentre "le immagini mostravano mostravano fumo e fiamme nel cielo".

Intanto a Teheran, il capo della polizia Ahmad-Reza Radan ha reso noto l'arresto di diverse spie in Iran durante gli attacchi israeliani contro il paese su denuncia dei cittadini. Secondo quanto ha riferito l'agenzia nazionale di stampa IRNA, i vertici della polizia hanno annunciato anche altri arresti e operazioni che hanno portato al sequestro di 200 chilogrammi di esplosivi, droni e quadricotteri nel sud di Teheran. Sempre oggi, è stato giustiziato Esmaeil Fekri, agente del Mossad, arrestato nel dicembre 2023. La guerra continua.


Se fosse ammissibile maramaldeggiare in una fase storica in cui la violenza guerrafondaia sta mietendo decine di migliaia di morti, si potrebbe dire cinicamente che stiamo assistendo a una rissa tra bulli degni di uno scontro da cortile. Ma così non è purtroppo. Quale sia l’obiettivo strategico della coppia di teppisti, Trump e Netanyahu, nell’aggredire l’Iran, che certamente non è governato da un consorzio di bonaccioni, è difficile in questo momento comprendere, se non cercando di interpretare i fatti così come si sono svolti fin qui.

Israele, che ha sempre più bisogno per sopravvivere non di una pace basata sul consenso, sulla tolleranza e sul rispetto reciproco, ma di un “nemico esterno” da tenere a bada, teme a torto o a ragione che Iran stia costruendo la bomba atomica con l’obiettivo specifico di distruggere Israele – obiettivo comunque dichiarato a parole e attraverso il sostegno dei suoi proxies, terroristi sistemici, dagli Houti a Hezbollah ad Hamas.

Da quando il vaso di Pandora è stato rotto il 7 ottobre 2023 con l’eccidio dei kibbuzim e di giovani ebrei venuti a partecipare a un festival musicale, (attacco imprevisto ma non imprevedibile, a quanto fin qui sappiamo) l’escalation di ostilità tra Israele e Iran per interposti provocatori è stata continua.

Perché scatenare allora proprio ora un attacco che non può essere considerato “reattivo” (a ridosso di un nuovo incontro per rilanciare il negoziato USA-Iran sul nucleare)? Le ipotesi più accreditate dicono che Israele abbia deciso che vi fosse una “finestra” favorevole proprio ora perché gli alleati e sostenitori dell’Iran sono in disarmo (Hamas, Hezbollah, gli sciiti siriani) o, come la Russia, in altre faccende affaccendata. Inoltre il governo di Netanyahu aveva bisogno urgentemente di un qualche diversivo per distrarre, all’interno, i suoi avversari politici, che sostengono “a spada tratta” (è ironico…) il diritto degli haredim a non fare il servizio militare, fino al punto di minacciare di togliergli la fiducia e, all’esterno, dall’ondata di indignazione dell’opinione pubblica mondiale - entro la quale gli ebrei della diaspora giocano un ruolo molto importante - per il massacro dei palestinesi. Un massacro che sta continuando, bisogna dirlo, anche mentre l’IDF bombarda l’Iran, pur dichiarando che Gaza ormai non è più una priorità. Affermazione che suona sinistramente tragicomica dal momento che è stata praticamente rasa al suolo.

L’idea che questa operazione militare possa indebolire il regime degli ayatollah fino a provocare un “Regime change” sembra poco credibile e comunque poco attuabile, come è stato osservato in un precedente articolo.[1] Non tiene conto né della reale forza militare dell’Iran, seppur  tecnicamente molto inferiore a quella israeliana, né dell’indecisione a intervenire degli USA  che, pur avendo da sempre un'inclinazione ad “esportare la democrazia sulla canna del fucile”, con i successi che ricordiamo da Cuba alla Corea, dal Vietnam all’Iraq e all’Afghanistan ecc., al momento non sembrano particolarmente interessati a mettere direttamente i i piedi ..nel fango, neppure per aiutare il loro cane da guardia mediorientale, rischiando di far allargare un conflitto pericolosissimo dagli effetti disastrosi e imprevedibili.

Né tiene conto - ma di questo proprio non c’è da stupirsi purtroppo - dei sentimenti e delle valutazioni politiche del popolo iraniano, espressi così dolorosamente e chiaramente dalla dichiarazione - pubblicata oggi su Le Monde - di alcune importanti personalità del mondo della cultura e della politica iraniani, tra cui la Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, il regista pluripremiato e pluriperseguitato Jafar Panahi, la militante per i diritti umani e madre di una delle vittime della repressione del regime, Shahnaz Akmali. La si può leggere integralmente qui e, volendo, in italiano sul canale pubblico whatsapp  Pd To EU_MONDO .

Questi attivisti ci richiamano al fatto che non tutti gli iraniani sono ayatollah sanguinari e anzi loro per primi chiedono al regime di cessare di mostrare muscoli atomici, arricchendo uranio mentre impoverisce il proprio popolo, mettendolo continuamente a rischio e contemporaneamente ne reprime i diritti e la libertà. Allo stesso tempo però chiedono anche a Israele la fine dei massacri di civili e delle sconsiderate azioni militari, e alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale di fare sentire in questo senso la propria voce. Un messaggio molto importante, da non sottovalutare.


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