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Israele e Palestina: due Stati, due popoli senza armi e violenza

di Beppe Reburdo



Senza pietà, giustizia, rispetto. Il dramma della situazione israelo-palestinese potrebbe essere così riassunto. È mai possibile che dopo tanti anni dalla costituzione dello Stato di Israele e dalla di fatto assegnazione di un “non libero”, costretto e controllato territorio al popolo palestinese si sia arrivati al dramma di oggi? Risoluzioni dell’Onu mai applicate, respingimento della attuazione di “due popoli due stati”, inevitabile incancrenimento degli stati d’animo e dei relativi comportamenti, emergere degli estremismi in ambo le parti, l’indifferenza e la responsabilità dell’Occidente di non avere concretamente favorito una soluzione pacifica, gli interessi contrastanti del mondo arabo, hanno portato alla situazione attuale.

Certamente non ci sono giustificazioni per l’eccidio di Hamas, ma non ci sono neanche giustificazioni nelle risposte attuate indiscriminatamente da Israele che immedesima il terrorismo con un intero popolo come quello palestinese. Il dibattito politico e la stessa informazione, naturalmente con le debite ed evidenti differenziazioni, si pongono come tifoserie in uno stadio con schieramenti pregiudiziali che di fatto sollecitano ulteriori scontri e drammi, invece di almeno tentare azioni diplomatiche chiare con il proposito di trovare finalmente un percorso di pace e collaborazione.

Quello che è indispensabile, come afferma lo stesso Segretario generale dell’Onu, António Manuel de Oliveira Guterres, è porre al centro la soluzione statuale per i palestinesi in un piano di sicurezza collaborativa di Israele. Purtroppo la diplomazia occidentale e ancor più la politica governativa a partire dall’Italia è ben lungi da questa impostazione e criminalizza chi “non la pensa come lor signori” sino al punto di isolare le stesse posizioni vaticane e di Papa Francesco che spingono per un dialogo tra i due popoli, la soluzione territoriale nella reciproca sicurezza. Le migliaia di morti e feriti, le distruzioni territoriali da “raso al suolo” modello Dresda (bombardamento anglo-americano sulla città tedesca durante la II guerra mondiale tra il 13 e 15 febbraio 1945), l’esodo forzato e imposto ai palestinesi della striscia di Gaza, gli atti terroristici verso Israele, le ambiguità dell’Occidente e della UE sempre più sotto il dominio USA, rendono quasi impossibile trovare soluzioni stabilizzanti. E le dichiarazioni contraddittorie del presidente Joe Biden, oggi in Israele, il quale alterna la minaccia di operazioni muscolari alla prudenza per la tutela dei civili, non aiutano a decifrare la complessa e intricata situazione in cui cause ed effetti ritorsivi nel rincorrersi si irrobustiscono dall'una e dell'altra parte con risultati nefasti che sfuggono di mano e pregiudicano interventi a favore di una tregua.

Eppure spazi vanno ricercati e di fatto esistono come dimostrano le posizioni del Pontefice e il dibattito in corso in Israele. Spazi che non solo esistono, ma che vanno perseguiti anche con una mobilitazione popolare nonviolenta tesa non solo a denunciare le nefandezze: in particolare, a sostenere posizioni di dialogo a partire da una immediata tregua e da una interposizioni di forze Onu che salvaguardino le due parti sino alla auspicata e rapida soluzione di “due popoli, due stati” non nemici ma dialoganti. Per una vera pace giusta, certamente non opera chi si schiera sempre col ”più forte”, cioè Israele, ma anche chi non condanna le azioni terroristiche di Hamas deleterie per il popolo palestinese.

Il Santo Padre con la Laudato Si e con i vari e quasi quotidiani messaggi per la pace giusta tra i popoli e contro tutte le guerre, da mesi denuncia che la III guerra mondiale è in corso quasi nella indifferenza generale e che va fermata attraverso il dialogo e confronto collaborativo pacifico. Mai come oggi queste sollecitazioni vanno pienamente colte con un unico obiettivo: porre fine da subito alle armi non per scegliere una parte o l’alta, ma per trovare soluzioni senza le armi e la violenza. Pace giusta nel pieno e totale rispetto dei due popoli che vuol dire garantire giustizia, autonomia, rispetto reciproco.


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