Ieri e oggi, davanti al dolore di una Gaza che non esiste più
- Paolo Siccardi
- 20 ore fa
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Non lasciamo sole le voci di Gaza – Sumud/Resistenza, domani al Polo del '900
di Paolo Siccardi

Gaza non è morta, ma non esiste più. Resiste il ricordo di ciò che è stata e che porta tutti i noi e i gazawi, in particolare, a sperare in una sorta di resurrezione. Non sarebbe la prima volta. Da oltre 3.500 anni, a fasi alterna, la città è piegata dalla violenza, un destino, è stato scritto, di cui non riesce a liberarsi. Gaza, prima dei bombardamenti dell'artiglieria e dei raid dell'aviazione israeliana, - che proseguono a conferma di una tregua fragile - chiedeva all'umanità di concederle quelle piccole grandi cose che la stessa umanità ama e reclama. Ma, che per Gaza restano un lusso. E lo erano anche prima del 7 ottobre 2023.
Quella Gaza, la potremmo ricordare domani, martedì 28 ottobre, alle 17,30, presso il Polo del '900 di Torino, palazzo San Celso, corso Valdocco 4/a, con un il reading Non lasciamo sole le voci di Gaza – Sumud/Resistenza. L’iniziativa è promossa dalla sezione Anpi di Torino Centro Eusebio Giambone con l’adesione dell’Unione Culturale Franco Antonicelli e la Fondazione Gramsci. Le letture saranno curate dagli attori Andrea Gaia Bosio e Nicolò Boccalari, mentre verranno proiettate le foto di chi scrive e che accompagnano questo testo [1].
Ora, possiamo anche sentirci obbligati a guardare fotografie che documentano grandi crimini e crudeltà , ma nello stresso tempo dovremmo sentirci altrettanto obbligati a riflettere su quello che significa guardarle, sulla capacità di assimilare realmente ciò che esse mostrano, ed è esattamente la riflessione appropriata per le immagini che quotidianamente passano sui canali televisivi o giornali.



Dopo il 7 ottobre del 2023 con l’attacco di Hamas siamo stati invasi dalle immagini di una crudeltà spietata dei bombardamenti sulla striscia di Gaza come anche quelle sulla popolazione del conflitto in Ucraina. La fotografia ha il grande potere al contrario delle parole che si dimenticano in fretta, di utilizzare un linguaggio senza barriere di lingua e confini creando una narrazione inconfutabile, ma giustamente come scrive la sociologa Susan Sontag nel suo saggio, dobbiamo approfondire e riflettere proprio su quelle emozioni che alcune immagini possono trasmetterci. Per questo concetto fondamentale tutte le volte prima del 7 di ottobre entrando a Gaza come anche nei lunghi dieci anni di conflitto che ho seguito in Ucraina, ho sempre cercato come testimone privilegiato di utilizzare la fotografia per trasmettere un messaggio che potesse rimanere una memoria indelebile nel tempo vissuto.

Questa nuova generazione palestinese cresciuta senza terra e consegnata ad un’attesa senza tempo è la narrazione di come due milioni di persone possano vivere confinati in quella striscia nonostante tutti i bombardamenti delle guerre precedenti. Oggi a Gaza la popolazione non vive giorno per giorno ma minuto per minuto, perché se non muori di fame e dalle bombe, sopravvivi di paura.
Le uniche e terribili immagini a cui dobbiamo essere grati e vediamo tutti i giorni passare dalle emittenti televisive sono dei reporter palestinesi di Gaza che testimoniano e muoiono sotto le bombe con parole diverse per raccontare lo scorrere e la fatica alla sopravvivenza di un popolo per la vita dove finisce la notte per un altro domani che verrà . Speriamo migliore di quello di ieri.
Note





