Il mese della Resistenza: la celebrazione al Martinetto
- La Porta di Vetro
- 5 apr 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 10 nov 2024

Si è svolta stamane a Torino, nel giorno dell'anniversario, 5 aprile, la commemorazione unita al ricordo del martirio dei patrioti del Martinetto, Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti, membri del Comitato Regionale Militare Piemontese (Crmp), fucilati nel 1944 in quell'area che all'epoca era un poligono di tiro, oggi corso Svizzera.
Dopo gli arresti della polizia fascista e un sommario processo dall'esito scontato, i condannati alla fucilazione furono portati ammanettati nel poligono di tiro. La loro sorte era stata decisa da Benito Mussolini che non poteva mostrare cedimenti all'indomani dell'uccisione, avvenuta il 31 marzo nei pressi della sua abitazione in via Morghen, di Ather Capelli, direttore de La Gazzetta del Popolo, colpito mortalmente dal fuoco di Giovanni Pesce, comandante dei Gap torinesi che nelle sue memoria definirà il giornalista un "sanguinario incitatore delle rappresaglie". Rappresaglia fascista che arriva puntuale il 2 aprile con la fucilazione di cinque partigiani in via Morghen 34, di fronte alla casa in cui abitava Capelli: sono Domenico Binelli, Angelo Caligaris, Domenico Cane, Ferdinando Conti, Giuseppe Igonetti.

Il 5 aprile ad attendere gli otto condannati una schiera di militi della Guardia Nazionale, alcuni dei quali provvedono a legarli alle sedie poste all’estremità del poligono con la schiena rivolta al plotone di esecuzione. Dopo qualche minuto e la benedizione di Padre Carlo Masera, che ne ricorderà il coraggio, di benedirli, viene letta la sentenza che lascia spazio al crepitio delle armi. Una sola voce, quella di Franco, Quinto, Giulio, Paolo, Errico, Eusebio, Massimo e Giuseppe grida “Viva l’Italia libera!”. Della fucilazione se ne avrà notizia soltanto nell'edizione dei quotidiani del 7 aprile.

La Stampa annuncerà la condanna nel sommario e con un commento a lato che suona come un tentativo postumo di insulto ai valori della libertà e di rovesciamento degli autentici ideali di Patria.
La penna dell'articolista li descrive [...] Uomini che, dopo aver rinnegato tutto un passato di dedizione alla Patria, accecati da passioni insane e da falsi miraggi, han preferito essere contro i loro figli stessi, legando i propri destini ad altri uomini che del delitto facevano professione, che la Patria conoscevano solo per bestemmiarla e per insozzarla. Abbiamo visto sfilare dinanzi ai giudici anche questi miseri cenci di esseri umani. Tremolanti o spudoratamente cinici, essi hanno negato ogni delitto loro addebitato, mai riconoscendo e riaffermando il loro ideale, il loro credo politico, pur se prove Indiscutibili fermamente li accusavano e li condannavano. Uomini che, attraverso la loro associazione, chiamata « Comitato di liberazione nazionale », avrebbero dovuto un giorno, dinanzi a Dio, rispondere di centinaia di omicidi, freddamente pensati, organizzati ed eseguiti, hanno chinato la testa dinanzi al giudice inquirente e tutto hanno rinnegato, solo perché consapevoli di essere dei volgari delinquenti, dimentichi ormai di ogni nobile azione, ma intenti, invece, volontariamente e coscientemente, all'esecuzione dei loro diabolici piani per. attentare alla sicurezza dello Stato, dei suoi cittadini, forse dei propri figli. Anime perverse, dunque, votate al male più impensato ma con raffinatezza e intelligenza studiato, decise, attraverso lo spargimento di sangue innocente, a raggiungere, con ogni mezzo, lo scopo prefissosi, anche se tutto dovesse essere nuovamente travolto nella più terribile delle rovine, nella più tragica e irreparabile anarchia.
L'ultima infamia della tirannide fascista contro chi ha combattuto per l'Italia libera che, in quel drammatico aprile del 1944, in cui la Repubblica di Salò, sostenuta dalla Wermacht e dalle SS naziste, sviluppa al massimo grado la sua rappresaglia contro la Resistenza. A Balangero, erano già caduti dieci giovani, catturati casualmente e fucilati il 1° aprile, il giorno più tragico per la storia del piccolo centro dell'Alto Canavese, all'imbocco della valle di Lanzo. Nel 2011, Balangero è stato insignito della medaglia d'argento al Merito Civile con seguente motivazione: "[...] insorgeva, con l'adesione di alcune formazioni partigiane, contro l'oppressione nazifascista partecipando, con coraggiosa determinazione ed altissima dignità umana, alla lotta di Liberazione. Oggetto di una feroce rappresaglia, la popolazione, sorretta da profonda fede negli ideali di libertà e democrazia, sopportava la perdita di alcune vite umane, dando luminoso esempio di eccezionale abnegazione, di incrollabile fermezza e spirito patriottico".
Due giorni dopo, il 3 aprile, la violenza degli sgherri fascisti si abbatte su Cumiana, dove sono 51 le vittime (il più giovane aveva 16 anni) trucidate dal 7° battaglione delle SS italiane e da reparti nazisti. Con quell'eccidio, le forze tedesche chiusero ogni dialogo alla trattativa per uno scambio di prigionieri, senza rispettare accordi presi in precedenza.

Alla cerimonia al Martinetto ha partecipato il sindaco della città, Stefano Lorusso, insieme con i rappresentanti delle istituzioni civili e militari, del presidente del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio Regionale del Piemonte, Daniele Valle, e le sezioni Anpi provinciali, in prima fila quelle del Martinetto e della sezione Centro intitolata a Eusebio Giambone.
Ma, più di ogni altro, sotto il profilo umano ed emotivo, oggi è stata scritta un'altra pagina della Resistenza al Martinetto con la presenza di Massimiliana Montano, detta Milly, figlia del tenente degli alpini, il non ancora venticinquenne Massimo Montano, medaglia d'argento al Valor militare alla memoria. Massimiliana nacque due mesi dopo la fucilazione del padre, il 7 giugno, ventiquattr'ore dopo lo sbarco in Normandia, e tre giorni dalla liberazione di Roma. Duccio Galimberti, l'avvocato cuneese, eroe della Resistenza, ucciso dai fascisti il 3 dicembre 1944 a Centallo, grande amico del padre, la volle conoscere. Era un atto di grande affetto e stima alla memoria di Montano, vicino al Partito d'Azione. Sfidando posti di blocco e i controlli della GNR, attraversando anche il Po a nuoto, Galimberti riuscì a raggiungere l'abitazione della puerpera a Testona (frazione di Moncalieri, comune che ha dedicato una via al martire) e a prendere tra le sue braccia la piccola Milly.

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