Il decollo dell'ultimo elicottero Usa da Saigon: 30 aprile 1975
- Marco Travaglini
- 1 giorno fa
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La fine della guerra in Vietnam
di Marco Travaglini

Mercoledì 30 aprile del 1975 finiva la guerra in Vietnam. Quando l’ultimo elicottero americano si alzò in volo lasciando Saigon agli occhi del mondo venne decretata la fine di uno dei più sanguinosi conflitti del Novecento. Iniziata ufficialmente nel 1955, la ventennale guerra in Vietnam aveva visto intensificarsi l’intervento statunitense nel 1964, con bombardamenti a tappeto e attacchi via terra. Teatro degli scontri era stato in prevalenza il territorio del Vietnam del Sud, dove le forze insurrezionali filo-comuniste ( i vietcong) si opponevano al regime sostenuto dagli USA. La svolta decisiva avvenne nella primavera del 1975, con la campagna di Ho Chi Minh (in vietnamita, Chiến dịch Hồ Chí Minh), nome in codice assegnato - in onore del leader storico della lotta per l’indipendenza del Vietnam - all’ultima e decisiva offensiva scatenata dall’esercito regolare del Vietnam del Nord e dalle forze vietcong del Fronte di Liberazione Nazionale. La caduta di Saigon e la presa del potere da parte del regime comunista del Vietnam del Nord portò all’unificazione del paese dando vita, il 2 luglio del 1976, alla Repubblica Socialista del Vietnam.
Passato alla storia come uno dei conflitti più feroci del XX° secolo in ragione dell’uso spropositato di esplosivi, ben superiore a quelli utilizzati su tutti i fronti della seconda guerra mondiale, lasciò tracce indelebili grazie alle bombe al napalm utilizzate dalle forze statunitensi, ordigni al fosforo bianco in grado di amplificare gli effetti distruttivi sugli esseri umani e sull’ambiente naturale. Il bilancio finale dei morti fu drammatico su entrambi i fronti: quattro milioni di civili e un milione di soldati morti tra i vietnamiti, 58.226 vittime tra i soldati degli Stati Uniti. A tutto ciò si aggiunse un numero imprecisato di feriti, in molti casi rimasti mutilati e invalidi per sempre.
Sul piano economico le operazioni belliche costarono alle casse di Washington circa 165 miliardi di dollari. I racconti dal fronte dei soldati, scioccati dai massacri di civili e dalla violenza dei combattimenti, colpirono profondamente l’opinione pubblica americana (e non solo), alimentando un ampio movimento pacifista e di contestazione alla politica estera aggressiva degli Stati Uniti, che alla fine influì sul corso degli eventi e portò a cambiamenti epocali nella società; su tutti l’abolizione della leva obbligatoria nel 1973. Nell’ottica della guerra fredda, l’esito finale del conflitto sancì una sconfitta bruciante per la superpotenza americana e segnò profondamente la politica estera successiva, vincolando i poteri del Presidente di impegnare truppe su un fronte di guerra all’assenso del Congresso.

Mezzo secolo dopo non poche ferite sono ancora aperte. L’impiego del napalm passato alla storia per lo scatto da Pulitzer del fotografo vietnamita NickÚt (una bambina di nove anni nuda e gravemente ustionata, in fuga dal suo villaggio che era stato attaccato da un bombardamento) e la pioggia di bombe sganciate sul paese hanno rappresentato una eredità difficile. Gli ordigni inesplosi, quasi 800.000 tonnellate in tutto il paese, ancora oggi mietono vittime fra curiosi e cercatori di ferraglie e non si cancellano le tracce del barbaro impiego del cosiddetto “agente arancio”, nome in codice che indica il diserbante che gli americani utilizzarono per stanare dalla giungla i vietcong. In un solo decennio, tra il 1961 e il 1971, l’aviazione militare americana scaricò oltre 43 milioni di litri di napalm e 30 milioni di litri di altri erbicidi sulle giungle vietnamite allo scopo di stanare i guerriglieri, distruggendo foreste e raccolti.
La Croce rossa vietnamita calcolò fino a 3 milioni le persone colpite, tra le quali 150 mila bambini con malformazioni congenite. Dieci anni fa l’ong Green Cross che sosteneva il Vietcot (Vietnamese Training Centre for Orthopaedic Technologists), un centro di formazione in ortopedica ad Hanoi dove vengono curati e seguiti bambini colpiti da queste malformazioni, stimava in circa 3.500 ogni anno i bambini che nascevano in Vietnam con menomazioni ascrivibili alla contaminazione con l’agente arancio.

Un’eredità pesantissima del conflitto che perdura ancora grazie alla diossina rilasciata dall’agente arancio ha gravemente contaminato, e continua a contaminare, il paese del sud-est asiatico provocando cancro, malformazioni ossee e severe patologie anche nelle nuove generazioni oltre alle altre patologie derivanti dal disagio psichico, depressione e panico come quello che – nel 1973 – aveva indotto un piccolo e suo padre a fuggire a bombe e raid, per rifugiarsi sugli alberi della giungla, vivendo da eremiti per quarant’anni. Un’incredibile storia che fece il giro del mondo ma che, insieme alle altre, ci parla ancora di questa storia tremenda che il Vietnam non potrà forse mai dimenticare.
Gli effetti delle guerre non finiscono con un cessate il fuoco. I conflitti continuano ad affliggere, devastare, uccidere in modi a tratti invisibili per lungo tempo, ricordandoci come non ci sia un fine guerra, una linea netta di demarcazione quando tacciono le armi.
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