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Il complesso e complicato rientro al lavoro dei no vax


di Giuseppina Viberti, Emanuele Davide Ruffino

Uno dei primi atti politici del nuovo governo è stato quello di far rientrare immediatamente al lavoro il personale no vax delle aziende sanitarie che è formato da medici, infermieri, operatori socio sanitari, tecnici e amministrativi per un numero che viene dichiarato come costituito da 4.000 medici. La Fnomceo ha fatto un po’ di conti (Quotidiano sanità del 02/11/2022): secondo i dati ufficiali dei 4.004 medici e odontoiatri sospesi (0.85% dei 473.592 iscritti), 3.543 sono medici e gli altri odontoiatri o doppi iscritti; di questi 1.665 hanno più di 68 anni e quindi sono fuori dal SSN, di fatto sono 1.878 i medici che potrebbero rientrare in servizio ma non tutti nella sanità pubblica in quanto, non avendo i dati certi, il presidente Fnomceo Filippo Anelli dichiara che la maggior parte potrebbero essere liberi professionisti. In Piemonte mediamente ogni azienda ha da 8-10 a 20/40 no vax per ospedale (dipende dalle dimensioni dell’azienda) distribuiti in modo variabile fra le varie professioni indicate, non solo medici.


L'importanza del valore statistico per le cause di morte

La situazione della pandemia è significativamente cambiata, non c’è alcun dubbio. E oggi, grazie ai vaccini e alle misure di protezione, sicuramente rigide, ma che hanno dato ottimi risultati, il nostro Paese ha un numero di casi accettabile per una popolazione anziana come la nostra. Infatti uno dei temi in discussione è proprio se i decessi sono “causati dal covid” oppure il paziente affetto da gravi patologie, scopre di essere positivo e muore “con il covid”: il valore statistico ed epidemiologico di questi dati è oggettivamente diverso.


Nelle varie dichiarazioni politiche non è sfuggita ai media l’affermazione che “in una così grave carenza di personale” il rientro dei no vax può sopperire a mancanze ormai decennali dovute ai continui tagli in sanità, seguendo il miraggio di un processo di aziendalizzazione, efficienza ed efficacia molto difficile da raggiungere nel servizio pubblico. In compenso, il rientro dei no vax ha scatenato non poche polemiche e molti problemi organizzativi che nel pubblico impiego rappresentano dei capisaldi. Proviamo ad elencarli:


1) I no vax rientrano dopo molti mesi di sospensione (in alcuni casi dal 15 ottobre 2021) e quindi devono essere riammessi al lavoro senza una preventiva visita del medico competente che autorizza l’idoneità al lavoro? Infatti dopo 30 gg consecutivi di assenza è necessaria la visita medica di idoneità al lavoro.

2) I no vax portano con sé giorni di ferie del 2020 e del 2021 e quindi, come da regole della pubblica amministrazione, devono consumare questi giorni entro fine 2022. Quindi appena tornati dovranno fare le ferie?

3) Ieri il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, un medico, ha dichiarato che saranno i Direttori Sanitari a decidere dove lavoreranno i no vax. Quindi ad esempio, un ortottico no vax cosa farà? Oppure un medico ortopedico non opererà per non rischiare eventuali contagi a pazienti fragili? E coloro che non lavorano a stretto contatto con i pazienti ma il cui compito è centrale per il funzionamento dell’ospedale (tecnici di laboratorio e di anatomia patologica, amministrativi) potranno lavorare vicino a colleghi vaccinati con il rischio di creare cluster di malattia e assenze dal lavoro?


Maggiore fermezza per la quarta dose

La Regione Piemonte ha mandato una nota comunicando che tutti i no vax devono rientrare; infatti il 2 novembre si è verificata una certa confusione ed è stato deciso da alcune direzioni del personale di rimandare a casa i no vax (con un giorno di ferie) in attesa di avere indicazioni e da ieri, 3 novembre, sono rientrati nelle loro sedi di lavoro anche se gli ordini professionali (che sono gli organismi deputati ad eseguire le verifiche sullo stato vaccinale, a fare le sospensioni e a comunicarle alle aziende sanitarie) non sono ancora riusciti a riammettere nell’ordine tutti i sospesi.


Oltre a questi problemi organizzativi, si deve ricordare che in molti casi, dal 2020 ad oggi sono cambiate molte cose in sanità (sostituzione di strumentazioni diagnostiche con nuove attrezzature, nuove procedure operative, ecc) e i no vax devono essere adeguatamente formati prima di poter riprendere in sicurezza le mansioni precedentemente svolte. Dunque, tematiche aperte da affrontare nel breve tempo che possono ricondursi a due ordini di motivi: non assumere il personale che “serve realmente” per il funzionamento della sanità pubblica, i no vax rispondono a situazioni ante pandemia che può non corrispondere all’attuale realtà se non in modo surrettizio e, altro tema rilevante, rischia di offrire un esempio negativo alla popolazione che è già molto diffidente sulla vaccinazione.


La quarta dose ha finora convinto solo il 25% delle coorte individuata. La campagna vaccinale per la 4° dose anti covid procede infatti molto a rilento; la popolazione non riesce a capire (perché non viene spiegata correttamente) l’importanza della protezione degli over 60 dalla malattia grave e dal ricovero. Questo è un virus di cui si conosce relativamente poco, muta continuamente e si assocerà, nel dare infezione, al virus influenzale di cui invece si sa molto ed esiste un vaccino stagionale. È stata sicuramente una scelta positiva il mantenimento delle mascherine negli ospedali e nelle RSA, mentre il passaggio dalla comunicazione giornaliera a quella settimanale dei nuovi casi, decessi e altro, dovrebbe servire a tranquillizzare la popolazione che, nel tempo, dovrebbe considerare Covid 19 una malattia comune. I dati giornalieri, se servono, saranno comunque a disposizione degli epidemiologi e statistici (anche se Cartabellota, presidente Gimbe, afferma il contrario).


Attenzione al messaggio antiscientifico

L'impatto in termini di percezione pubblica di questa "sanatoria" e delle relazioni con la maggioranza dei professionisti che si sono vaccinati per tutelare la salute propria, dei pazienti e dei famigliari anche per garantire la continuità di servizio rischia di essere controproducente (pochi no vax in più a fronte di parte degli operatori interdetti). Inoltre, al di là di una scelta individuale incompatibile con l'esercizio di una professione sanitaria, si tratta di persone che hanno spesso diffuso disinformazione pubblica sui vaccini, elevandosi a "difensori" del popolo no-vax, spesso con evidenti obiettivi di visibilità individuale». Il loro reintegro lancia un messaggio antiscientifico, anche per la scarsa disponibilità di accettare un confronto basato su approcci metodologici condivisi. Se devono rientrare, a livello locale possono essere stabilite disposizioni per affidare ai professionisti no-vax attività diverse da quelle clinico-assistenziali, senza che si configuri il demansionamento, con non semplici accorgimenti organizzativi.


Il nuovo atteggiamento verso la pandemia che ha colpito tutto il mondo è un tentativo di normalizzare una situazione che nulla ha di normale. Con l’influenza in arrivo associata alla covid 19, la riduzione degli anticorpi neutralizzanti nella popolazione fragile che non fa la 4° dose né la vaccinazione anti influenzale, si rischia un inverno molto difficile per la sanità. La voglia di tornare alla normalità affascina tutti, ma è una realtà che deve essere costruita con attenzione e senza preconcetti. Non con decreti o atti normativi che rischiano di aggiungere ulteriori problemi.


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