Gli ayatollah versus Israele: rappresaglia o atto dovuto?
di Michele Corrado
La scorsa notte, secondo le informazioni dello stato maggiore Usa, l’Iran ha impiegato circa trecento fra droni, missili e razzi, per stigmatizzare la distruzione del proprio consolato a Damasco da parte degli israeliani. Fonti ufficiali israeliane hanno dichiarato che il 99 per cento di questi vettori è stato distrutto, anche se vi sono stati alcuni danni infrastrutturali e un ferito. L’Iran ha quindi poi dichiarato, in sede Onu, di essere soddisfatto dell’azione e di ritenere chiusa la questione; in parole semplici, secondo loro “l’onore è salvo”.
Nel dettaglio, se si analizza tutto l’insieme delle operazioni, sia l’antefatto israeliano che la risposta iraniana, è possibile trarre alcune considerazioni.
La prima, che la disparità delle linee d’azione è storicamente confermata, la qualità delle capacità militari israeliane a confronto della quantità iraniana.
La seconda, è l’effetto conseguito: gli israeliani hanno compiuto con successo una azione mirata e chirurgica di valenza strategica, mentre gli iraniani hanno effettuato un impiego “a saturazione d’area” di vettori aerei che hanno dimostrato l’efficacia, a livello operativo e tattico, della difesa aerea israeliana. E quindi da analizzare per eventuali e successive operazioni.
La terza, è la mancanza dell’effetto sorpresa, al contrario di quanto fatto da parte israeliana, che ha vanificato il concreto risultato dell’azione. Ma non si sa quanto voluto, nel solito giochi di specchi che intercorre in queste situazioni di guerra.
Il quarto, l’obbligo, un atto dovuto diremmo noi italiani, di una risposta immediata ma, visti i risultati, simbolica da parte iraniana.
Tuttavia, questa strisciante belligeranza che si trascina da decenni dimostra altresì che le capacità militari offensive iraniane, anche con gli aggiornamenti del terzo millennio, sono sempre limitate e il livello della Difesa israeliana è invece di riferimento.
Va aggiunto che, quanto obbligatoriamente fatto dall’Iran, è un puro atto dimostrativo nei confronti degli alleati per cercare di “salvare la faccia” dopo quanto accaduto a Damasco. Dimostra inoltre l’incapacità iraniana di effettuare “proiezione di potenza” al di fuori dei propri confini con proprie forze od assetti che possano produrre effetti di qualche rilevanza strategico-militare. Nel senso che l’Iran, allo stato attuale, non possiede capacità militari offensive per arrecare distruzioni fisiche o per effettuare azioni militari convenzionali oltre i propri confini.
Sotto il profilo militare, sic stantibus rebus, la dirigenza israeliana ha offerto all'Occidente l'ennesima chiave di interpretazione del livello di preparazione militare del suo principale nemico e finanziatore di Hamas e altri gruppi palestinesi, l’Iran, al di là di una propaganda molto ben orchestrata.
Dal nostro punto di vista, se questa è la situazione “di fatto” possiamo avere una ragionevole tranquillità sugli sviluppi conflittuali che infiammano, dal 1948, quello che noi chiamiamo lo Scacchiere medio orientale.
*Col. (aus.) Esercito Italiano
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