Dedichiamo una Borsa di Studio alla memoria Daniele Franchi
- Roberto Prota
- 5 mar 2024
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di Roberto Prota

Sono trascorsi oltre due anni dalla scomparsa di Daniele Franchi, un caro amico e, soprattutto, un grande amico della sanità piemontese e dell'Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino cui ha dedicato una memorabile battaglia per la sua dignitosa sopravvivenza tra il finire del Novecento e l'inizio del Duemila, quando si mise in moto una diabolica macchina del fango per destabilizzare i vertici e dissolvere l'Ordine secolare che gestiva la rete ospedaliera sul nostro territorio.
In quella stagione particolare, ricordata l'11 gennaio scorso su iniziativa delle associazioni Verso Itaca e La Porta di Vetro,[1] furono le sue idee e la sua visione del mondo, fecondate da una grande onestà intellettuale e blindate da coerenti convincimenti e comportamenti personali, a unire e a cementare la volontà di giustizia per il Mauriziano da parte di donne e uomini con opinioni diverse tra di loro, sia all'interno degli ospedali, sia del Consiglio d'amministrazione dell'Ordine.
Di qui, la convinzione personale che i tempi siano maturi per investire e formalizzare una Borsa di Studio con il suo nome, affinché nel tempo sopravviva la sua figura. Confido che le istituzioni, i vertici dell'Ospedale e tutti coloro che hanno conosciuto Daniele Franchi, sappiano condividere nel migliore dei modi questo percorso. Non sarà un'impresa facile, ma noi saremo vincitori e sereni soltanto se riusciremo a garantire la continuità della sua passione e del suo pensiero. Passione e pensiero che ebbi modo - e qui apro una finestra tutta personale - quasi 20 anni fa, in occasione di una circostanza importante per la salute di sua moglie Adriana. A distanza di anni ho ancora ben chiaro il momento ed il luogo: ero intento a visitare la paziente e notai questa figura immobile, educatamente a distanza di un paio di metri non di più, che con occhi vigili catturava insieme con le parole i miei movimenti.
La fragilità della paziente in quel momento si incastonava perfettamente nell’autorevolezza dell’uomo che a sua insaputa (forse) cercavo di studiare perché avvertivo quanto uscisse, attraverso brevi frasi, dalla convenzionalità. Ricordo di aver conversato a lungo con la signora. Ricordo di averla rassicurata che ne avrei seguito la patologia. Al termine della visita, Daniele mi disse solamente: “grazie davvero!” Nel tempo ho imparato che quel suo dire “grazie davvero” conteneva tutto e oltre.
A seguire è stato tutto molto naturale, ci siamo rivisti in occasione dei controlli clinici di Adriana e abbiamo cominciato a parlare di politica, società, uguaglianza sociale. Aveva una profonda conoscenza su tutto e, con l'ingresso in una familiarità non scontata, cominciò a raccontarmi la sua storia. Ero esterrefatto e sbalordito dai sui racconti, e da quei passaggi in cui le parole si misuravano con i principi e onestà che quotidianamente esprimeva nei rapporti con terzi. Nel breve mi diede del tu e con quell'avvicinamento crebbe anche la nostra amicizia personale e familiare, mentre prendeva corpo la necessità di gestire la sua malattia, invalidante ed irreversibile, di cui poche persone erano a conoscenza.
Razionalità, forza e capacità decisionale lo hanno sempre accompagnato nelle fasi in cui il male lo rincorreva, spietato e cinico. Ma, testardo, testardi vorrei aggiungere, insieme usammo il dialogo, i commenti dei giornali e la passeggiata in corridoio durante la sua degenza in reparto, per concederci quel tempo che entrambi sapevamo che non avremmo più avuto.
Ora, ripenso a quanto gli chiesi anni prima, quasi a bruciapelo: senti Daniele, ma noi siamo amici? Lui mi guardò e mi rispose: di più!
Il filo continuo della nostra amicizia ed affetto reciproco destinato a durare per sempre è semplicemente racchiuso in quel “di più” lui per me io per lui.
La testimonianza di persone a lui vicine confermano inequivocabilmente la statura dell’uomo. Lui è stato e sarà parte della storia degli uomini e soprattutto esempio di rettitudine per le generazioni attuali e future. Dunque, chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, ha anche l’obbligo morale di garantirne la memoria. Una Borsa di studio a suo nome credo che sia il viatico migliore per un ricordo che non deve sbiadire.
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