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- a cura del Baccelliere
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Aggiornamento: 1 giorno fa
Quell'orecchio non comune di Van Gelder
a cura del Baccelliere

Il ventesimo secolo è sufficientemente lontano da noi perché lo si possa guardare con l’occhio distaccato di chi non è più coinvolto nelle vicende ma può trattare i fatti come storia. Sono numerosi i fenomeni storici che hanno caratterizzato la musica del secolo scorso, accomunati dall’appartenenza all’epoca della riproducibilità tecnica. Nell’Ottocento la commercializzazione si limitava agli spartiti, di fatto circoscrivendosi al mercato dei musicisti, dilettanti o no. Il disco, con le sue innumerevoli declinazioni, ha aperto il mercato praticamente alla totalità dei consumatori. Ne è nata un’industria. Oggi messa in crisi da una evoluzione della riproducibilità, quella che ha prodotto la musica liquida, che non è più rappresentata da un oggetto e di conseguenza non più vendibile.
Tornando al secolo scorso, il passaggio della fruizione della musica dalla performance (almeno in via esclusiva) al prodotto ha posto il problema di come confezionare il prodotto stesso. E questo ha fatto emergere un nuovo mestiere, quello di chi cattura i suoni per confezionare il disco, il tecnico o ingegnere del suono. Uno dei più importanti tecnici del suono del secolo scorso è Rudy Van Gelder.

RVD è una figura dai caratteri quasi mitici. Aveva studiato da ottico. Grazie a un orecchio non comune, aveva cominciato a incidere dischi. Prima lo aveva fatto nel salotto della casa dei suoi genitori ad Hackensack, New Jersey[1]. Lo studio casalingo amatoriale divenne sempre più professionale. E soprattutto Van Gelder, attraverso la disposizione degli strumenti e la scelta e il posizionamento dei microfoni[2] creò un suono.
Nel 1959 trasferì lo studio a Englewood Cliffs, dove vennero alla luce i capolavori di Miles Davis, Sonny Rollins e John Coltrane. Coltrane vi registrò A love supreme nel 1964. Una suite dai toni mistici, al cui misticismo contribuisce il sound profondo e asciutto creato da Van Gelder. Il suo lavoro caratterizzò le realizzazioni discografiche di alcune delle più prestigiose etichette del jazz moderno, come Blue Note, Prestige e Impulse. Rudy Van Gelder è la dimostrazione di quanto l’arte si nutra della padronanza tecnica. Rudy Van Gelder se n’è andato il 25 agosto del 2016 a quasi novantadue anni (era nato a Jersey City il 2 novembre 1924). Stava lavorando alla digitalizzazione del suo catalogo musicale. Un’eredità preziosa proiettata verso il futuro.[3]
Note
[1] Thelonious Monk nel 1954 intitolò Hackensack un suo pezzo https://youtu.be/fI4QNfb3tUs?si=YTa_sDanITy1o6pb
[2] Leggenda vuole che, al momento di scattare foto dei musicisti impegnati nelle sessioni di registrazione, togliesse accuratamente i microfoni per non fornire indizi a chi voleva prendere spunti.
[3] Chi volesse farsi un’idea della quantità di realizzazioni discografiche nate ai Van Gelder Studios può consultare Wikipedia https://en.wikipedia.org/wiki/Category:Albums_recorded_at_Van_Gelder_Studio
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