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Sudari bianchi per ridare speranza a Gaza e a noi un senso di umanità da ritrovare

  • Vice
  • 7 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

di Vice

«Come si fa a piangere 50 mila morti?». Lenzuola bianche come sudari, simboli che avvolgono anche spiritualmente, prima di ogni altra cosa, la pietà che sembra venire meno a Gaza, sono state esposte nella giornata di oggi in tutt'Italia, aderendo a tam-tam dell'insofferenza e della reazione civica contro l'indifferenza all'abominio che si consuma quotidianamente ai danni del popolo palestinese. Oggi i morti sono stati 79, secondo il ministero della salute. Un'altra ecatombe che porta il numero delle vittime a 53.901, con 3.747 morti dalla rottura della tregua decisa dallo Stato di Israele il 18 marzo.

Il 24 maggio è la giornata in cui si è andati alla ricerca anche della propria coscienza per dare una risposta all'interrogativo angosciante e multiplo che più di altri rivela da mesi in tutta la sua dimensione la nostra impotenza: perché non si riesce a fermare il massacro a Gaza; perché i Grandi della Terra subiscono la politica omicida di un Paese, democratico, lo Stato di Israele, e di un popolo, quello ebraico, che per primo ha subito nella sua storia millenaria gli effetti sconvolgenti dell'odio?

Domande agghiaccianti, mentre la stessa opinione pubblica israeliana è turbata e le opposizione al criminale di guerra Netanyahu denunciano che i massacri perpetrati a Gaza uccidono il futuro di Israele e che non è ammissibile vedere in ogni bambino palestinese un nemico da uccidere. Domenica scorsa, un riservista dell'esercito, condannato a 20 giorni di carcere per essersi rifiutato di prestare servizio nella guerra di Gaza, è stato esplicito: " I valori che mi hanno fatto servire sono quelli che mi hanno fatto rifiutare". E in Israele, c'è chi comincia a domandarsi il significato di quasi 60mila concittadini che hanno lasciato il Paese lo scorso anno e non sono più tornati, più del doppio rispetto al 2023, come ha reso noto Haaretz. L'81% erano giovani e famiglie, spesso tra i 25 e i 44 anni.

La società civile italiana, dalle associazioni alle Università, si è mossa trascinando dietro di sé anche la politica, almeno una parte di essa, quella più vicina ai cittadini che con loro condivide l'angoscia e la paura, ma anche il coraggio di esprimere pacatamente la soluzione di due popoli, due Stati, come la sindaca di Bergamo, Elena Carnevali, che ha ricordato l'escalation di sofferenza e di disumanità degli ultimi ottanta giorni cui "non si può rimanere indifferenti", per la mancanza di cibo, di medicine e dell’acqua potabile.

"Non si può rimanere indifferenti" è diventata così la traccia su cui idealmente marciare uniti da Torino a Milano e Roma, da Padova a Bologna, passando per i piccoli centri e per le vallate, e le lenzuola bianche esposte sulle facciate dei municipi sono diventate una forte risposta comune che rappresenta senza se e senza mai i cittadini.

In Piemonte, il moto contro la cultura dell'indifferenza ha ricevuto più di un riscontro anche con manifestazioni cui hanno partecipato centinaia di persone in Valsusa, nell'Eporediese (foto in basso), nelle valli valdesi (foto in copertina)

Ma poi? C'è un "dopo" che possa fermare questa strage di innocenti e che non trasformi Gaza in una misera contabilità di morti, feriti, invalidi menomati psichici, affamati, che possa arrestare i lugubri richiami dell'antisemitismo che percuotono le corde della follia irrazionale, come se il male ricambiato fosse un atto di giustizia?

L'unico "dopo" plausibile è la fine dei bombardamenti e dei rastrellamenti casa per casa nella Striscia di Gaza dell'IDF insieme con l'apertura di corridoi umanitari per sfamare la popolazione civile allo stremo. Tutto il resto non esiste, pena il dissolvimento della ragione e il trionfo del male. Lo hanno spiegato bene a Brescia due lenzuoli bianchi su cui si è letto "Chi non si oppone è complice, se Gaza muore l'umanità muore", sudari portati in corteo da circa 300 donne vestite di nero.

Ed è così che i teli bianchi, si ricorda in ogni parte d'Italia, sono i sudari che a Gaza avvolgono i corpi dei morti che "diventano oggetti comuni di un tempo crudele, segnato dalla guerra, dall’assedio, dalla perdita del valore della vita. Ricoprire quei corpi, anche solo simbolicamente, è un atto di cura estrema, un richiamo alla dignità umana là dove essa viene quotidianamente calpestata".





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