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Caso Wärtsilä: delocalizzazioni selvagge, che cosa fa l’Europa?

di Rocco Palombella [1]

La vertenza Wärtsilä, ultima in ordine di tempo approdata al Ministero dello Sviluppo economico, ci pone di nuovo di fronte al tema delle delocalizzazioni in Italia. Ultimamente siamo passati dai licenziamenti per e-mail dei lavoratori della GKN di Firenze a quelli per WhatsApp della Gianetti Ruote di Monza-Brianza, a quelli in videoconferenza della Wärtsilä. Ed è vergognoso che in un Paese civile 451 lavoratori vengano licenziati in questo modo: senza preavviso, senza motivo e senza uno straccio di piano industriale. L’ultimo incontro al Ministero dello Sviluppo economico si è tenuto ieri l'altro, 7 settembre, alla presenza dei ministri Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando, ma non ha prodotto risultati, nonostante i toni duri usati dagli stessi ministri nei confronti della multinazionale finlandese.

A noi i licenziamenti, alla multinazionale 60 milioni di finanziamenti

La mia organizzazione, la Uilm-Uil, insieme a Fim-Cisl e Fiom-Cgil, ha ribadito con forza la necessità del ritiro della procedura di licenziamento. Purtroppo, però, l’azienda ha respinto le richieste dei lavoratori, del sindacato e dello stesso Governo confermando la delocalizzazione e i licenziamenti. Un atteggiamento scorretto se pensiamo che Wärtsilä, alle nostre richieste di chiarimento, ha sempre negato costantemente la possibilità di cessare la produzione a Trieste.


Per la cronaca, elemento non marginale, l'azienda negli ultimi sei anni ha ricevuto dall’Italia ben 60 milioni di finanziamenti pubblici che gli hanno permesso di rendere il sito produttivo di Trieste tra i più moderni e competitivi al mondo nella produzione di motori marini e propulsori per le centrali elettriche. Ora, senza il cuore produttivo, a mio avviso, non ci sarà futuro per le attività di servizi, ricerca e sviluppo triestine e per i service di Genova, Napoli e Taranto. A rischio, quindi, è l’intero Gruppo in Italia e tutto l’indotto, complessivamente 1.500 lavoratori.

L'inerzia dell'Unione Europea

Nella manifestazione che si è tenuta a Trieste sabato 3 settembre, abbiamo difeso una fabbrica sana, strategica per quel territorio e per tutto il Paese. È stata una manifestazione molto partecipata, a dimostrazione di quanto questa sia una vertenza che riguarda non un semplice sito produttivo, ma un’intera città. Quanto accaduto, a fronte di un provvedimento anti-delocalizzazioni inefficace (tanto che gli stessi ministri hanno detto che c’è bisogno di inasprire le norme) ci mette di fronte agli occhi ancora una volta l’annoso problema delle delocalizzazioni selvagge in Europa. La domanda che ci viene spontanea è: che gioco ha giocato e continua a giocare l’Unione europea?


Il paradosso è che l’Ue non fa nulla per arrestare la concorrenza sleale tra gli Stati, lasciando libere le multinazionali di agire senza limiti. Tutto questo sta provocando chiusure, delocalizzazioni e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Per tutti questi motivi è urgente che si apra una discussione seria in Europa, c’è bisogno di regole precise e condivise che pongano un argine alle delocalizzazioni selvagge. Lo è ancora di più se pensiamo che siamo di fronte alla sfida epocale della transizione ecologica, con la necessità di salvaguardare il nostro patrimonio industriale.


[1] Segretario generale Uilm-Uil


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