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Alla ricerca della Provincia perduta

di Alessandro Bizjak*

La senatrice a vita Liliana Segre in occasione del discorso di apertura della XIX Legislatura ha sottolineato: “Se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione, con risultati modesti e talora peggiorativi, fossero state impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice“.

La Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e la coalizione di centro destra che la sostiene non sembrano pensarla allo stesso modo: all’indomani, infatti, dell’approvazione della Legge di Bilancio sono stati riproposti con forza i temi delle riforme costituzionali. Anche il PD, guidato da Matteo Renzi, aveva avanzato una corposa riforma della Carta, poi clamorosamente bocciata dal referendum del 2016. Ad oggi, al netto del profluvio di dichiarazioni su premierato e presidenzialismo, del pacchetto della destra si incominciano a conoscere i confini della cosiddetta “autonomia regionale differenziata”.


I pericoli dell'Autonomia regionale differenziata

Il cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini dovrebbe a breve trasformarsi in un Disegno di Legge, approdando in Consiglio dei Ministri, guarda caso, in perfetta coincidenza con le date di svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei Consigli Regionali di Lombardia, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Molise e Provincia autonoma di Trento. Se il Parlamento approverà la proposta, senza modifiche sostanziali, si amplieranno i divari economici e sociali fra le diverse aree del Paese.[1]

La devoluzione delle competenze alle Regioni, considerando come riferimento la spesa storica e non i LEP (Livelli essenziali di prestazioni), accentua le differenze, non armonizza e rafforza i servizi, in particolare nella fase post-pandemica che richiederebbe invece il massimo livello di coesione. In questo contesto, la riapertura del dibattito sul ruolo delle Provincie deve essere valutato positivamente, ma non può diventare una specie di contrappeso per rendere più agevole l’iter legislativo sull’autonomia regionale. Semplificazione del quadro istituzionale finalizzato alla sburocratizzazione ed al miglioramento dei servizi, riduzione dei costi della politica: a dieci anni dall’entrata in vigore della legge Delrio si può affermare che questi obiettivi siano stati raggiunti, anche parzialmente?


Legge Delrio: scelta frettolosa e infelice

Probabilmente occorrerebbe ammettere che la trasformazione, a mio parere frettolosa, dell’Ente Provincia in istituzione di secondo grado non è stata una scelta felicissima ed ha privato, specialmente nei territori che non hanno come riferimento un’area metropolitana, i cittadini ed i Comuni di un interlocutore non distante, capace di intervenire in tempi ragionevoli ad esempio su strade e scuole e di realizzare una pianificazione territoriale compatibile con le specificità locali.[2] Si è assistito invece al trasferimento di risorse e personale a Comuni e Regioni, le Provincie sono state fortemente ridimensionate e l’elezione degli organi da parte dei soli amministratori non ha certo migliorato la rappresentanza. Meglio sarebbe stato ridurne il numero accorpando territori omogenei. Per esempio in Piemonte da otto si sarebbe potuto passare a quattro Province senza grandi difficoltà, mantenendone ruolo e funzioni.[3] Ne avrebbero tratto vantaggio i Comuni, nello specifico i piccoli e piccolissimi centri che avrebbero continuato ad avere un interfaccia più prossimo della Regione e l’istituzione regionale stessa che avrebbe avuto una interlocuzione certamente meno frammentata.


Si riapra la discussione

E’ possibile oggi un ripensamento? Tornare a discuterne criticamente è il primo passo, certamente non sufficiente. Sarebbe necessaria innanzitutto un’ampia convergenza di amministratori e forze politiche che scevri da ogni pregiudizio tentassero di unificare le diverse proposte già presenti oggi in Parlamento. Impossibile all’inizio del percorso pensare di immaginare, se si raggiungerà, un approdo, sempre meglio che rimanere in questa sorta di limbo dai contorni poco definiti.


Note



*Già Consigliere della Provincia di Vercelli e della Regione Piemonte


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