90 anni fa: il Piemonte ricorda il disastro della diga di Molare
- Alberto Ballerino
- 10 ago
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Aggiornamento: 11 ago
di Alberto Ballerino

Novant’anni fa, il 13 agosto 1935, crollava la diga di Molare. Fu un disastro epocale con più di cento morti, un sorta di Vajont ante litteram del Basso Piemonte, causato da avidità e incompetenza. Se pensiamo al ponte Morandi di Genova, di cui giovedì ricorre il 7° l'anniversario, bisogna convenire che questi disastri sono purtroppo ricorrenti nella storia italiana. E allora ricordarli è importante, non solo per rendere il doveroso omaggio a tante vittime innocenti, ma anche come monito a un cinismo e una ingordigia che troppe volte caratterizzano la costruzione di grandi opere. Per il disastro di Molare, preannunciato dalle segnalazioni dei contadini del posto sulle perdite d’acqua nella diga secondaria, nessuno pagò: l’unica condanna "raggiunse" una persona già morta al momento della sentenza.
Perché accadde questo disastro? “Dopo la costruzione della diga – dice Giancarlo Subbero, presidente dell’Accademia Urbense - si è voluto alzarla ancora per aumentare la capacità idrica del bacino. Però in questo modo da un’altra parte, l’acqua non ci stava. Così hanno dovuto realizzare una diga secondaria, quella di Sella Zerbino, senza compiere assolutamente indagini geologiche. Il terreno in realtà era friabile. Di fatto, è stata quella la struttura che ha ceduto sotto la pressione della pioggia e dell'acqua dei rii che si riversavano nel bacino di Ortiglieto. A favorire ulteriormente il disastro, funzionarono male i sistemi di sicurezza della diga principale”.

I ricordi iniziano domani, martedì 12 agosto, con l’inaugurazione alle 17 a Ovada, in piazza Cereseto, di una mostra di fotografie storiche a cura dell’Accademia Urbense, accompagnata dalle parole di Raffaella Romagnolo tratte dal suo romanzo Destino. L’esposizione continuerà fino al 17 agosto. “Nella storia della diga di Molare – spiega Giancarlo Subbrero, - c’è un prima e un dopo. Noi ci siamo focalizzati sulle nove ore che hanno cambiato Ovada e Molare. Sono una quindicina di pannelli che vanno dall’inizio del 13 agosto, quando è incominciato a piovere, fino alle 15 del pomeriggio, quando il Borgo a Ovada è stato completamente distrutto. I conti non sono ancora precisi, ma i morti furono tra i 111 e i 115, l’acqua in pratica spazzò via qualunque cosa, distruggendo i due ponti (uno era ferroviario) di Molare, quello di Ovada, lesionato quello di San Paolo e sul ritorno dello Stura anche quello di Belforte”.

L’Accademia ha anche organizzato per le 21 della stessa giornata un convegno dal titolo "13 agosto: le nove ore che sconvolsero la Valle dell’Orba". Tra i relatori gli storici Paolo Bavazzano e Federico Borsari (il primo nel 1985 ad essersi occupato sul piano storico della vicenda), il geologo Vittorio Bonaria (autore del volume Storia della diga di Molare per i tipi Erga Edizioni con prefazione di Luca Mercalli), gli esperti Renzo Incaminato e Diego Cartasegna.Per l’occasione è stato stampato anche un numero speciale di Urbs, la rivista di storia dell’Accademia.

Mercoledì 13, alle 10 nel cimitero di Ovada, verranno ricordate le vittime e alle 18 ritrovo alla stazione di Molare per una camminata lungo l’Orba con arrivo al Borgo di Ovada, dove alle 20,45 sarà inaugurato un pannello commemorativo realizzato per l’occasione e collocato al centro di piazza Nervi, simbolo del rione. Al termine è prevista la proiezione di alcuni documentari. Di grande interesse un video che presenta la testimonianza di un signore di 97 anni, Valter Secondino, che aveva 7 anni all’epoca.

Anche Molare ricorda l’evento: alle 8 ci sarà un’escursione con la guida Giovanni Grattarola per raggiungere la diga, alle 18 verrà inaugurato un monumento in piazza Albareto delle Rocche e alle 21 si terrà la proiezione del docufilm ‘Golia’ di Edoardo Nervi nella sede della Pro Loco delle Rocche. Le iniziative sono state organizzate dai Comuni di Ovada e Molare e dall’Accademia Urbense in collaborazione con Gruppo Fai, Amici del Borgo, Robydamatti, Cai di Ovada e Legambiente.













































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