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50 anni di Regionalismo: Adriano Bianchi, il partigiano cattolico “costituente”

Aggiornamento: 22 dic 2022

di Marco Travaglini

Nel 1970, le Regioni divennero una realtà. L’Italia dava così concretezza all’art. 114 della Costituzione che recita: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. La Porta di Vetro continua la sua galleria di immagini, personaggi e avvenimenti curata da Marco Travaglini, ex consigliere regionale. Quest’articolo è dedicato ad Adriano Bianchi, alessandrino, ex partigiano in Val d’Ossola, esponente di rilievo della Democrazia Cristiana, consigliere e capogruppo del suo partito nelle prime due legislature regionali.

Sedicesima puntata Uno tra i più autorevoli “costituenti” e redattori del primo Statuto della Regione Piemonte fu senz’altro Adriano Bianchi. Punto di riferimento politico nella DC alessandrina, universalmente riconosciuto come “esempio di un’etica politica e di un impegno fondati sui valori della verità, della libertà e della solidarietà”, Bianchi era nato a Tortona il 24 luglio del 1922. Formatosi nelle file della Fuci (la Federazione degli universitari cattolici), chiamato al servizio militare, dopo l’8 settembre 1943 si rifugiò in Svizzera e da lì si unì ai partigiani della Repubblica dell’Ossola, diventando uno dei protagonisti della lotta partigiana tra i monti delle valli Cannobina, Vigezzo e Ossola. Comandante di compagnia della brigata partigiana “Generale Perotti” fu gravemente ferito in Val d’Ossola il 18 ottobre 1944 e gli fu conferita la medaglia d’argento al valor militare. Dopo la guerra si laureò in giurisprudenza, partecipando al Movimento laureati dell’Azione Cattolica, esercitando l’attività forense e militando nelle file della Democrazia Cristiana del tortonese fino a raggiungere incarichi di più alto profilo in Consiglio regionale. I resoconti dei dibattiti nel “parlamentino” subalpino mostrano quanto furono efficaci e appassionati i suoi interventi nell’aula del Consiglio regionale come capogruppo dello scudo crociato nella prima e seconda legislatura, eletto entrambe le volte nella circoscrizione provinciale di Alessandria. Nella prima legislatura, dal 1970 al 1975, fu tra i componenti della II Commissione (urbanistica, trasporti e comunicazioni, infrastrutture, viabilità) e della VI (problemi economici del settore agricolo, industriale, artigianale, cave e torbiere, acque minerali e termali, fiere e mercati). Nella seconda legislatura, dal 1975 al 1980, si occupò di problematiche similari assumendo la carica di componente della II, III e VI Commissione. “Una personalità di riconosciuta autorevolezza e integrità politica e morale”, lo ricordò l’alessandrino Ugo Cavallera, vice Presidente della Giunta regionale all’epoca della scomparsa di Bianchi all’età di 90 anni, il 27 dicembre del 2012. Cavallera, ex democristiano poi passato a Forza Italia, rammentò l’impegno di Bianchi “nella difficile stagione degli anni del terrorismo che insanguinò anche la nostra regione, quando fu eletto al delicato incarico di Presidente della Commissione speciale di indagine conoscitiva sui fatti eversivi in Piemonte”.

Durante la storica seduta del 13 luglio 1970,la prima del Consiglio regionale piemontese, il suo fu l’ultimo intervento, rappresentando la forza politica più numerosa in quell’assemblea. Nell’occasione espresse con chiarezza gli obiettivi della Democrazia Cristiana in Piemonte: “L'azione della Regione – disse Bianchi – non può realizzarsi ed esaurirsi nel rapporto e nel confronto fra gli schieramenti politici, o nella loro iniziativa, ma comporta un collegamento con ogni sede in cui si riveli o possa essere suscitata una esigenza di autogoverno. [...] La risposta che si coglie nella visione di un'unica polis, di un'unica città-regione, senza periferie e senza mura esterne, nella quale le autonomie locali, anche le più esigue, trovino un quadro di riferimento, un modello, una funzione valida”.

La regione “ai piedi dei monti” vista nella sua interezza, dallo spartiacque tra Alpi e Appennini del colle di Cadibona alle creste più settentrionali delle Lepontine; un’idea di insieme che più volte è stata evocata e che il comandante partigiano conosceva bene e che raccontò anche nei libri che dedicò alla lotta di Liberazione, da "Il ponte di Falmenta,1944" a "Ritorno al ponte di Falmenta" fino al più recente "Il prezzo della libertà. 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945". Libri-testimonianze sui luoghi della Resistenza in Piemonte nei quali raccolse i suoi interventi che rileggevano e attualizzavano quell’esperienza, con particolare riferimento ai valori della Costituzione e alla sua complicata attuazione. Una vita intensa e ricca che quest’uomo, una delle voci più poderose e limpide dell’antifascismo, divulgatore dei principi e dei valori nei quali aveva sempre creduto sempre, seppe condurre con dirittura morale e onestà intellettuale.

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