Un libro per voi: “Il meglio tempo. 1893, la rivolta dei Fasci nella Sicilia interna”
Aggiornamento: 26 mar 2023
di Piera Egidi Bouchard
A partire dagli anni ‘70 del 1800 si abbatté sull’Europa una recessione economica che in Sicilia fu particolarmente pesante, sboccando nella crisi del 1892-93 in cui braccianti, operai, contadini furono vittime, “al tempo stesso dell’ordinamento ancora feudale della proprietà e dello sfruttamento capitalistico che ad esso si sovrappose”. Nell’esigenza di protesta e opposizione da parte delle masse popolari si inserì la propaganda socialista, a cui aderirono i Fasci dei Lavoratori, che in pochi mesi raggiunsero circa 300.000 aderenti. Di questo e altro ci parla “Il meglio tempo- 1893, la rivolta dei Fasci nella Sicilia interna” (Infinito Edizioni) scritto da Enzo Barnabà, un siciliano innamorato della Liguria, in cui risiede, che ha al suo attivo diversi saggi su movimenti storici drammatici e perlopiù dimenticati o rimossi della nostra storia, il cui più noto è “Aigues- Mortes, il massacro degli italiani”, che racconta le aggressioni omicide subite tra il 16 e il 17 agosto 1893 nel sud della Francia, dagli immigrati italiani, in prevalenza piemontesi che lavoravano nelle saline, ad opera dei locali.
Con il nome Fasci si identificano le formazioni di lotta operaie a partire dalla Rivoluzione francese. La parola, tratta dalla terminologia della Roma repubblicana, simboleggia, infatti, l’idea della forza che nasce dall’unione: “Un bastone tutti lo rompono, ma un fascio di bastoni, picciotti miei, chi lo rompe?” chiederà retoricamente Rosario Garibaldi Bosco, uno dei principali leader del movimento. I Fasci aderivano al Partito socialista, in quanto “nucleo della grande famiglia internazionale dei lavoratori”. Ma, osserva l'autore, “si trattò di una convivenza difficile, malgrado non mancassero gli attestati di simpatia nei confronti dei siciliani. Sul piano strettamente politico, la direzione turatiana stentò a comprendere le motivazioni che stavano alla base del movimento".
Il precipitare degli avvenimenti interruppe l‘incontro tra masse popolari e socialismo. E il governo Crispi, allora al potere, aveva in opera una “politica alla Bismark: rafforzare la monarchia autoritaria e militarista, collegarla alla borghesia illuminata, realizzare dall’alto un piano di riforme civili, reprimere ogni iniziativa politica che venisse dal basso e che, come quella dei Fasci, potesse essere di ostacolo al progetto. Si venne dunque a creare una vasta convergenza all’interno della borghesia nazionale e locale su una politica di scontro frontale e di repressione del movimento socialista”.
Nei dieci giorni che vanno dal 25 dicembre 1893 al 5 gennaio 1894 si svolgono quelle decine di manifestazioni popolari con cui si consuma l’esperienza dei Fasci e che costano la vita a un centinaio di contadini. Barnabà, sostenuto dai pregevoli scritti di Francesco Renda e Giuseppe Giarrizzo, incentra il proprio studio ricostruendo quanto avvenne nell’attuale provincia di Enna, zona particolarmente povera e desolata - in cui la vita dei braccianti, come quella dei carusi, ‘venduti’ ai picconieri, che a loro volta lavoravano a cottimo, era nient’altro che quella degli schiavi - e si focalizza in particolare sui fatti di Valguarnera, uno dei venti comuni del territorio, nel cuore della Sicilia cerealicola e rilevante centro di produzione di zolfo.
”Non vuole trattarsi tanto di un omaggio all’ottica municipalistica – avverte l’autore nell’introduzione – quanto, seguendo le indicazioni della microstoria, del tentativo di analizzare in un campione limitato, e quindi di più facile verifica, i fenomeni economici, sociali e politici che coinvolgono l’isola, avendo l’obiettivo di fornire un punto di riferimento concreto che possa fare da supporto a sintesi generali storiograficamente solide". La narrazione procede perciò con un’attenta, minuziosa ricostruzione, supportata da documenti, grafici e da un’Appendice con la cronologia.
Già dal settembre – rievoca l’autore –“covava il fuoco che sarebbe presto divampato. In una petizione al prefetto ‘i qui sottoscritti disgraziati ‘– come si autodefiniscono i minatori della miniera Gallizzi - minacciano di farsi giustizia da sé e agitano lo spettro di un ‘terribile incidente’. E il giorno di Natale del 1893, i minatori della Gallizzi, ormai insofferenti di quelle durissime condizioni di vita, presero d’assalto il Municipio e i palazzi borghesi, spalleggiati dai contadini e dalle donne.
“Se questo libro fosse soltanto – nota nella Prefazione Fausto Carmelo Nigrelli – la ricostruzione di una sacrosanta e perdente protesta popolare ammantata di socialismo, si tratterebbe di una raccolta di piccole storie locali, simili a tante altre. Invece questa ricerca locale diventa l’occasione per aprire uno squarcio nella società della Sicilia interna alla fine del XIX secolo".
“In mancanza di una prospettiva politica – constata con amarezza l’autore - a dicembre prevalse il ribellismo primitivo. La società nuova che, sotto l’incalzare della crisi, assieme ai Fasci era stata sognata, quella che un poeta popolare del tempo, citando un adagio siciliano, chiamava ‘il meglio tempo’, diventava una lontana prospettiva.”
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