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Occupazione femminile, si provi a leggere oltre i dati dell'Istat

di Savino Pezzotta


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Certamente, i dati ISTAT sull’occupazione sono utili per comprendere come l’occupazione sta evolvendo. Dovremmo però fare uno sforzo per andare sul vissuto delle persone al lavoro. In questa nota mi vorrei concentrare sull’occupazione giovanile, in particolare quella femminile.


Precariato e giovani donne

L’occupazione giovanile, in particolare quella femminile, rappresenta uno dei temi più critici del mercato del lavoro italiano, specialmente per quanto riguarda le giovani donne impiegate con contratti a tempo determinato o precari, senza reali prospettive di stabilità e crescita professionale. Nonostante i numerosi interventi a livello politico e le iniziative di supporto, la condizione delle ragazze nel mercato del lavoro rimane particolarmente vulnerabile e segnata da numerosi ostacoli.

Le ragazze italiane giovani (spesso under 30) che entrano nel mondo del lavoro sono tra le categorie più colpite dalla precarietà, con contratti temporanei, stage non retribuiti o malpagati, e opportunità professionali limitate. Molte finiscono per accettare condizioni che non solo non rispondono alle loro aspettative professionali, ma che non garantiscono nemmeno la sicurezza economica a lungo termine.

Secondo i dati ISTAT, la percentuale di giovani donne con contratti a tempo determinato è più alta rispetto agli uomini. Questo tipo di lavoro, che dovrebbe essere una fase transitoria, per molte ragazze diventa la norma. Queste donne sono costrette a vivere nell’incertezza, con stipendi generalmente bassi e senza certezze sul futuro. Inoltre, i contratti a tempo determinato spesso non danno accesso agli stessi benefici economici e sociali dei contratti a tempo indeterminato, come ad esempio una pensione adeguata o il diritto a un’indennità di disoccupazione.

Gli stage non retribuiti o con retribuzioni bassissime sono ancora una realtà diffusa, soprattutto in settori come la comunicazione, la moda, la cultura, la ricerca e le professioni creative. Questo fenomeno, sebbene considerato da molti una “porta d’ingresso” nel mondo del lavoro, rischia di diventare una trappola, in quanto molte giovani non vedono mai una concreta possibilità di essere assunte a tempo indeterminato, né di costruire una carriera stabile. Le ragazze giovani devono affrontare anche discriminazioni di genere, che si sommano alla precarietà e alla mancanza di opportunità.


"Barriere invisibili" e gap salariale di genere

Nonostante gli sforzi per promuovere la parità di genere, le giovani donne guadagnano ancora meno rispetto ai coetanei maschi, anche per lavori che richiedono le stesse competenze e responsabilità. La disparità salariale inizia fin dall’ingresso nel mercato del lavoro e persiste anche in fase avanzata della carriera, sebbene la disparità tenda a ridursi con l’avanzare dell’età lavorativa. Tuttavia, le giovani donne che entrano nel mercato del lavoro, in particolare nei settori meno tutelati, si trovano ad affrontare una sottovalutazione del loro lavoro. In molte situazioni, le giovani donne vengono “stigmatizzate” per il semplice fatto di essere in età fertile o per le potenzialità future di maternità. Questo crea una sorta di “barriera invisibile” che impedisce loro di accedere a posizioni più stabili e di carriera. La difficoltà di conciliare vita lavorativa e familiare è uno dei temi più discussi, ma purtroppo ancora troppo spesso ignorato dai datori di lavoro, che vedono nella maternità un rischio economico. Un altro problema cruciale per le giovani donne è la scarsità di opportunità concrete per la crescita professionale e la formazione.

Le ragazze sono spesso “incastrate” in settori con bassa qualificazione e scarse prospettive di sviluppo (ad esempio, nei servizi o nel commercio al dettaglio), dove la formazione continua e la possibilità di avanzamento sono limitate. Nonostante la crescita di professioni legate alle tecnologie e ai settori innovativi, le ragazze spesso non hanno accesso alle risorse necessarie per inserirsi in questi ambiti, a causa di stereotipi o della carenza di politiche formative indirizzate a colmare il divario di genere.


L’assenza di mentoring e networking

Un altro aspetto che penalizza le giovani donne è la carenza di figure di riferimento femminili in posizioni di leadership. Questo le rende meno propense a intraprendere carriere ambiziose e a prendere decisioni importanti per la loro crescita professionale. Le ragazze, rispetto ai coetanei maschi, hanno meno possibilità di costruire reti professionali che possano aiutarle a superare la fase iniziale del lavoro precario.

Il lavoro da remoto, che in alcuni casi ha contribuito a un miglioramento della qualità della vita lavorativa (ad esempio con una maggiore flessibilità), non ha avuto gli stessi effetti positivi per tutte le giovani donne. Per molte giovani donne, lavorare da remoto significa anche dover conciliare il lavoro con le responsabilità domestiche, come la cura dei figli o dei familiari anziani, a causa della persistente disuguaglianza nei compiti di cura. In questi casi, il lavoro da remoto può diventare un “doppio carico”, senza reali benefici per la loro carriera o il loro benessere.

Il lavoro remoto può comportare anche un maggiore isolamento sociale e professionale. Le ragazze che lavorano da remoto rischiano di essere escluse da opportunità di networking, di aggiornamenti professionali, e di crescita all’interno dell’azienda. Questo le mette in una posizione di svantaggio rispetto ai colleghi che sono più visibili e hanno accesso a risorse aziendali.


Cosa si può fare?

Migliorare la condizione dell’occupazione giovanile femminile richiede un intervento su più fronti. Le politiche di inserimento nel mercato del lavoro devono essere più mirate a sostenere l’ingresso delle giovani donne in settori ad alta crescita, come le STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics) e le professioni tecnologiche, attraverso borse di studio, formazione gratuita e incentivi alle aziende che assumono giovani donne. È necessario garantire un accesso equo al lavoro a tempo indeterminato, soprattutto nelle professioni dove le giovani donne sono numerose (ad esempio, nella sanità, nell’educazione, nelle professioni creative), e promuovere la parità salariale per lo stesso lavoro.

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