"Il Barattolo", dove mai finirà? Lite Comune Torino-Regione
- Rosanna Caraci
- 16 ore fa
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Aggiornamento: 12 minuti fa
di Rosanna Caraci

Rotola, rotola, rotola
Strada facendo rotola
Rimbalza qua e là, la-la-la-la
Rotola, rotola, rotola
Come il mio amore inutile
Dove mai finirà?
Tratta il mio cuore così
Come fosse un barattolo
Lo fa girare qua e là
Senza nessuna pietà
Forse neppure lo sa
Perché lo fa
(Dalla canzone "Il Barattolo" di Gianni Meccia)
Per “Il Barattolo” di via Carcano a Torino sembra non esserci pace. Il mercatino “di libero scambio e di riuso è un luogo dove oggetti, vestiti, mobili, elettrodomestici e molto altro possono trovare una seconda vita. Non un mercato tradizionale, ma un bazar del riciclo, frequentato da persone con pochi mezzi, immigrati, pensionati, appassionati di vintage o di piccoli affari.
Dal 2019, dopo lo spostamento da altre aree di Torino, il Barattolo si tiene stabilmente in via Carcano, nel quartiere Vanchiglietta/Parco della Colletta, diventando per molti una risposta concreta alle difficoltà economiche: con qualche euro si possono acquistare abiti, scarpe, mobili o oggetti utili che altrimenti andrebbero smaltiti o finiranno in discarica. Per gli organizzatori, l’associazione Vivi Balon, e per chi vi partecipa, il mercato significa circolarità, solidarietà, risparmio, per molti un’opportunità lecita e un modo intelligente per fare integrazione.
Tuttavia, da tempo il mercato è finito nel dibattito politico. Recentemente la Regione Piemonte ha deciso di escludere il Comune di Torino dal bando regionale per i Distretti del Commercio (DUC) 2025-2027: si tratta di circa 300.000 euro di contributi destinati al commercio urbano, rigenerazione dei negozi di quartiere e sostegno al tessuto commerciale. Questa esclusione è stata motivata con il fatto che la città non avrebbe “messo a norma” il mercatino di libero scambio Barattolo: la normativa regionale ora limita da circa 50 fine-settimana l’anno a 12 giornate annue l’attività dei mercatini sociali/di libero scambio, salvo convenzioni. Il mancato rispetto di quella soglia, secondo la Regione, ha reso Torino “fuori legge”, giustificando così l’esclusione.
Per un mercato che tradizionalmente si teneva ogni sabato e a volte anche nel weekend, la riduzione drastica significa nei fatti una forte limitazione. Per molti frequentatori e operatori significa la chiusura, con un impatto sociale rilevantissimo: famiglie che contano sul mercato per comprare con poco, chi si guadagna qualche euro vendendo oggetti usati o sgomberati, e chi cerca un pezzo vintage a prezzo contenuto.
Il bando DUC rappresenta un’opportunità importante per sostenere le attività economiche di quartiere, la rigenerazione urbana e il commercio di prossimità: perderlo significa un danno concreto al piano di rilancio economico e sociale della città. L’esclusione appare dunque non solo agli amministratori comunali ma anche ai commercianti, un “ricatto normativo”: la Città viene penalizzata con un taglio di fondi perché non ha accettato i termini imposti dalla Regione, nonostante il valore sociale del Barattolo sia riconosciuto da ampie fasce della popolazione e dell’amministrazione stessa.
Da qui è nato un braccio di ferro tra il Comune e la Regione che difende la normativa. ha un retrogusto ideologico: da una parte la consapevolezza che la sicurezza possa essere garantita con la gestione dello spazio e responsabilizzando chi lo usa, sotto la supervisione delle forze dell’ordine; dall’altro quello repressivo e restringente.
Ieri, mercoledì 3 dicembre, l’ultimo colpo di scena. Dopo la riunione in Regione Piemonte sulla convenzione riguardante il mercato di Via Carcano con gli assessori regionali Maurizio Marrone e Paolo Bongioanni e l’assessora del Comune di Torino Chiara Foglietta, gli esponenti della Regione hanno ribadito la loro ferma contrarietà a quello che definiscono “un suk del degrado”, e hanno posto all'amministrazione comunale di Torino “paletti non negoziabili” : ammettere come venditori solo persone seguite dai servizi sociali della Città in quanto socialmente fragili per escludere approfittatori, speculatori e delinquenti; il divieto di esternalizzazione della gestione del mercato, che dovrà essere invece gestito direttamente dal Comune; la realizzazione di un censimento dei venditori con inventario preventivo di dettaglio sulla merce per scongiurare la vendita di merce di dubbia provenienza oppure nuova, contraffatta o di prodotti alimentari.
Paletti impossibili da realizzare, secondo l’assessora Foglietta che sottolinea come “la richiesta di ammettere come venditori solo persone che siano seguite dai servizi sociali non tiene conto del fatto che non tutte le persone in difficoltà economiche sono seguite dai servizi sociali, senza contare l'evidente violazione di un principio elementare di riservatezza circa le condizioni della persona”. Senza contare che l'inventariazione di migliaia di oggetti più disparati all'inizio di ogni giornata di vendita è un'attività impossibile sul piano logico prima ancora di quello amministrativo.
Di parere opposto naturalmente il capogruppo della Lega Fabrizio Ricca, propositore della normativa regionale che inchioda l’attività de “Il Barattolo” a 12 giornate l’anno che di fatto ricorda come “esiste una legge regionale che non è stata rispettata dal Sindaco e questa violazione ha messo a rischio le attività di tanti commercianti che ogni giorno fanno con onestà il proprio lavoro”.
È evidente che sulla questione delicata de “Il Barattolo” si giochi una lotta ideologica: da una parte l’approccio del centrosinistra, che di fatto per garantire la sicurezza ha sempre preferito l’inclusione, la responsabilizzazione, l’occupazione controllata degli spazi in rispetto anche di quelle che sono, nel caso del mercatino del riuso, il bisogno di povertà preesistenti e nuovi disagi che spesso cono inconfessati e taciuti sotto un velo di vergogna. Chi ha perso il lavoro, chi sta superando una situazione di difficoltà personale nel limbo, a volte non è noto ai servizi sociali visti come l’anticamera di una fase della vita che si fa fatica ad accettare. Dall’altra l’approccio muscolare e repressivo, che è nel DNA del centrodestra che forse, porterebbe al risultato di spazzare via il mercato del riuso ma non la povertà che si muove tra i banchi e che, senza il Barattolo, cercherebbe ciò che ora trova alla luce del sole nei meandri dell’illegalità, del contrabbando e del mercato clandestino. In mezzo alla lotta politico-ideologica ci finiscono però i cittadini, quelli più fragili, e i commercianti penalizzati dall’esclusione dal DUC che aspettano il prossimo capitolo di una storia che non ha fine. Il Comune ha chiesto, in via subordinata, "un accoglimento condizionato al bando per il Duc nelle more della definizione di una nuova convenzione.













































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