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Senza speranze: tramonta anche il "Tempo di vivere, tempo di morire" per ebrei e palestinesi

Aggiornamento: 22 nov 2023

di Vice

Le prime voci sono filtrate ieri sera da fonti americane vicino al Pentagono: l'operazione di terra dell'esercito israeliano sulla Striscia di Gaza scatterà a cavallo tra oggi e domani, martedì 10 ottobre. La conferma, indiretta, è arrivata stamane con la ripresa dei bombardamenti combinati su vasta scala dell'artiglieria e dell'aviazione di Tel Aviv che hanno colpito, secondo il portavoce dell'IDF, più di 1.200 obiettivi, inclusi circa 21 grattacieli nella città di Gaza, dove sono stati stabiliti Quartieri Generali, nonché appartamenti dei vertici delle organizzazioni combattenti palestinesi, Hamas in testa.

Gaza sta per diventare una città-fantasma e chi l'abita ombre che camminano. Questo è nelle intenzioni di Israele che il suo ministro della Difesa Yoav Galant ha formalizzato ieri sera con una frase agghiacciante, ma condivisa dalla maggior parte degli israeliani: "Colpiremo Gaza come mai prima d’ora. Le regole della guerra sono cambiate, il prezzo da pagare alla Striscia di Gaza sarà un prezzo molto alto che cambierà la realtà per generazioni".

Pensiero-prologo all'invasione di terra che non potrà che finire in una carneficina, una mattanza il cui sangue chiuderà, appunto, qualunque spazio di dialogo per generazioni. Una conseguenza che nessuno è in grado oggi di valutare razionalmente. Meno che mai Israele e il suo primo ministro Netanyahu, né Hamas responsabile di un massacro che ha reso superfluo qualunque aggettivo, soprattutto per la bestialità con cui ha dissolto in un attimo anni, decenni di solidarietà, di amicizie, di sostegno politico internazionale e non, verso il popolo palestinese, le cui ragioni e sofferenze patite sono state come vaporizzate, passate in secondo piano, messe in un retrobottega come un articolo fuori mercato, da cui sarà difficile farle uscire.

Perché ci saranno sempre le immagini di israeliani uccisi, torturati, migliaia di persone, insieme con i morti e le distruzioni di Gaza, seguiti da titoli di coda ragionieristici sul numero di morti e di feriti impressionante, a ricordarci la spietatezza del male. Ed è un film che come un tragico loop è destinato a eternizzare la reciprocità di un'odio invasivo e freddo nella sua spietata lucidità di uccidere e ferire, impossibile da cancellare.

Israele è ufficialmente in guerra con tutta la forza militare introiettata giorno dopo giorno dal ritorno nella terra dei Padri, all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale. L'Exodus dei figli di Abramo che nel tempo ha radicalizzato prima nei kibbutz, poi in città sempre più grandi e moderne, una potenza quasi sovraumana, istintuale, animata dal concetto di lotta per la sopravvivenza. Una sopravvivenza che non si può permettere il lusso di distinguere, anche in nome della Storia, se la violenza sul nemico è persino più di quanto lo stesso popolo ebraico ha subito nei secoli per persecuzioni, pogrom, soluzioni finali. L'operazione "Spade di ferro", come è stata coniata la reazione militare, ha trafitto finora centinaia di terroristi, 425 a Gaza, mentre rimane incerto il destino di oltre 100 ostaggi nelle mani di Hamas.

Tempo di vivere, tempo di morire ha scritto Erich Maria Remarque, pagine frammento del terribile affresco della Seconda guerra mondiale. Ma oggi in Israele e nella Striscia di Gaza, a differenza dell'anelito di speranza con cui chiude gli occhi il protagonista-soldato tedesco del romanzo, quei tempi sembrano confondersi e nessuno è più in grado di dire quando l'umanità ritornerà a dettare l'unico tempo da cui non dovremmo mai separarci: il tempo di convivenza pacifica.


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