Quando l'umanità fa scandalo: le parole del gen. Pietro Oresta
- Vice
- 2 lug
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Aggiornamento: 2 lug
di Vice

Nel marzo del 2023, al passaggio di consegne del Comando della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri di Firenze, il nuovo comandante, generale di Divisione Pietro Oresta, dedicò un pensiero al padre Vincenzo, generale di Divisione dei carabinieri. Non a caso. Da colonnello, Vincenzo Oresta, nato a Gioia del Colle (Bari) aveva comandato quella stessa Scuola dal 1979 al 1981. Figlio d'arte, dunque e non di un generale qualunque. Vincenzo Oresta il 31 maggio del 1994 era stato insignito della Croce d'Argento al merito dell'Esercito con la seguente motivazione:
Ufficiale Generale dotato di eccellenti doti umane ed intellettuali, in possesso di non comuni capacità professionali sostenute da vasta preparazione tecnica e da spiccato spirito d'iniziativa e chiara visione dei problemi, si è prodigato in ogni circostanza ed in tutti gli incarichi ricoperti con incondizionato impegno e completa dedizione nell'espletamento di onerosissimi compiti, giungendo sempre a soluzioni brillanti ed efficaci. Prestigioso Comandante di reparti di grande rilievo operativo ed addestrativo [...] ovunque pervenuto ad eccezionali risultati, riscuotendo stima e prestigio dalle Autorità e popolazioni locali. [...] Ufficiale di gran classe, con la sua opera sempre di elevatissima qualità, ha contribuito in maniera notevole ad esaltare l'immagine ed il prestigio della Forza Armata e dei Carabinieri sia entro I confini nazionali sia all'estero”.
L'incipit della motivazione è inequivoco. L'Arma dei carabinieri, infatti, riconosce in ordine d'importanza le doti del suo alto ufficiale che sono prima "umane" e poi "intellettuali". Doti, qualità, che, non è arbitrario presumere, deve avere trasmesso nell'educazione al figlio Pietro, nato a Milano nel 1964, che ne ha raccolto l'eredità professionale e le "greche" sulla divisa con gli alamari. Lo stesso che venerdì scorso, nel giorno di chiusura del corso, non ha esitato a riprendere quelle "doti" davanti agli allievi della Scuola, ricordando loro l'importanza di curare prima sé stessi: "Attenti alla salute, poi al servizio". Una frase che però sarebbe costata nel giro di pochi giorni la sua rimozione dal comando, anche se non vi sono comunicati ufficiali dell'Arma, secondo l'interpretazione che ne ha fornito il sindacato dei carabinieri Unarma.
E qui entrano in gioco le parole del Segretario generale del sindacato, Antonio Nicolosi, classe 1966, stessa generazione del generale Pietro Oresta, che con una domanda ha sollevato un problema spinoso nelle forze dell'ordine e non solo: "Una riflessione sulla salute e sul benessere psicofisico dei militari è oggi considerata forse troppo pericolosa?". Il commento successivo di Nicolosi, volutamente provocatorio, mette poi il dito nel quotidiano, che com'è noto è sideralmente distante da un semplice affastellamento di parole retoriche e fuori dalla realtà: "Quando un generale parla ai suoi uomini come un padre, e non come un algoritmo, scatta subito la reazione: via. Ma chi conosce davvero la realtà dei reparti, sa che oggi i problemi di burnout, stress, suicidi e disagio psicologico tra i militari non sono un’invenzione sindacale: sono una ferita aperta". Morale: "chi prova a cambiare le cose dall’interno viene allontanato. È una lezione chiara, ma non accettiamo che diventi la regola".
Parole davvero pesanti come macigni che rotolano fino al Comandante generale dell'Arma, neppure troppo velatamente accusato di volere ufficiali-soldatino, sulle orme del motto storico ottocentesco dei carabinieri "usi obbedir tacendo e tacendo morir". Sacrificio che nella sua tragica traduzione si registra ogni giorno sulle strade, tra la gente, come riportano le cronache, ultima la morte tre settimane fa nel Brindisino del brigadiere di 59 anni, Carlo Legrottaglie, prossimo alla pensione. Ma, aggiunge Nicolosi, con un ulteriore rivisitazione del ruolo, i doveri verso lo Stato non implicano l'annullamento del militare, non esigono che debba ammalarsi, spegnersi.
E qui la dialettica entra nella delicata sfera dei doveri e dei diritti in una società che cambia, che è cambiata, dove l'Arma dei carabinieri rivendica legittimamente il suo motto storico con l'orgoglio che deriva dalla tradizione e dai suoi valori, in primis la disciplina, ma che oggi come ieri, non può essere confusa come un valore che si antepone asetticamente alla vita, da cui quegli stessi valori prendono forma e consistenza. Un carabiniere donna o uomo "sana" o "sano", come un qualunque cittadino, non potrà che essere un carabiniere migliore.
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