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Alberto Trentini, 327 giorni nelle carceri venezuelane

Dal dialogo tra Vaticano e Maduro una speranza per la sua liberazione


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Uno spiraglio per mettere la parola fine all'incubo in cui è precipitato l'operatore umanitario Alberto Trentini, potrebbe arrivare attraverso la mediazione della Conferenza episcopale del Venezuela che domenica 19 ottobre in piazza San Pietro a Roma concluderà il suo processo di canonizzazione per le figure di José Gregorio Hernandez e di suor Carmen Rendiles. Il primo, fervente cattolico e sincero democratico, morto tragicamente nel 1919 a 54 anni, è stato beatificato da Papa Francesco ed è considerato un capostipite della ricerca medica in Venezuela; suor Carmen Rendiles, fondatrice della Congregazione delle Serve di Gesù in Venezuela, scomparsa nel 1977, è stata beatificata nel 2018. Come è noto, Trentini, 46 anni, nativo di Venezia, è da oltre dieci mesi nel carcere venezuelano di El Rodeo I, senza che se ne conoscono i motivi, è impossibilitato a comunicare con la sua famiglia e i suoi legali.

Ritornando ai rapporti tra Caracas e il Vaticano, la canonizzazione si inscriverebbe in un percorso di avvicinamento tra il presidente Maduro e Papa Leone XIV per "consolidare la pace in Venezuela", e prevederebbe la scarcerazione di alcune decine, dei circa mille, di detenuti politici. La notizia è stata accompagnata da altre sottolineature, tra cui quella, come riportato dal quotidiano El Nacional, del Comitato per la Libertà dei Prigionieri Politici (CLIPPVE) che oggi, mercoledì 8 ottobre, ha chiesto che l'imminente canonizzazione di José Gregorio Hernández e Carmen Rendiles si traduca in "un simbolo di riconciliazione e giustizia in Venezuela" e che sia "un'occasione per guarire le ferite del Paese e costruire una pace vera e duratura, attraverso la giustizia e la libertà dei prigionieri politici".

In parallelo, El Nacional ha dato notizia che la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR), ha presentato una richiesta all'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) per visitare il Venezuela e valutare direttamente la situazione dei diritti umani nel paese. Un passo importante, annota il quotidiano on line di Caracas, perché nella petizione si chiede l'accesso speciale al centro di detenzione di El Helicoide, uno dei luoghi più temuti e contestati del sistema carcerario venezuelano, in cui è reclusa la maggioranza dei dissidenti politici. Tra l'altro, l'ultima visita della Commissione in Venezuela risale al 2002. Da allora, le richieste avanzate 2017 e nel 2020 sono state respinte. La stessa Commissione, inoltre, ha sollecitato una risposta da Caracas sulla sorte del cittadino franco-venezuelano Camilo Pierre Castro, 41 anni, insegnante di yoga, di cui non si ha notizie da mesi, nonostante le pressioni esercitata dal ministero degli Esteri francesi, ritenute tuttavia inadeguata dai suoi familiari.

Lo sviluppo di nuove e più strette relazioni con la Santa Sede, auspicate da Maduro, arrivano in una fase di forte contrasto con gli Usa, dopo la rottura diplomatica voluta sempre da Trump nel 2019, che lunedì scorso, secondo il New York Times, avrebbe incaricato il suo inviato speciale, Richard Grenell, di raffreddare qualunque forma di riavvicinamento con Caracas. Una strategia, quella di Trump, dettata anche dal mantenimento dell'opzione militare che ha dispiegato da più settimane nel mar dei Caraibi un pesante naviglio da guerra, giustificato con la lotta ai narcos, composto da otto navi, su cui sono imbarcati 4.500 marines, e un sottomarino a propulsione nucleare. Un'operazione che Maduro ha definito un'interferenza nella sovranità del Venezuela allo scopo di realizzare un "cambio di regime".

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