Dieci anni fa moriva un'artista scomoda, Olga Carol Rama
- Giovanni Salierno
- 23 set
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di Giovanni Salierno

Olga Carol Rama, tra le più importanti artiste italiane del Novecento, il 24 settembre 2015 moriva a Torino nella sua casa di via Napione 15. Negli ultimi anni si erano moltiplicate in Europa e in America le mostre personali e collettive, con riconoscimenti prestigiosi tardivi quanto autentici. Riconoscimenti piuttosto rari invece da parte della sua città, Torino, dove Carol veniva citata più come un fenomeno bizzarro – a partire dall’acconciatura a treccia coronata – che come geniale artigiana artefice di linguaggi nuovi. E ciò nonostante il rapporto tra l’artista e la città si sia protratto per quasi un secolo, dalla nascita di Carol il 17 aprile 1918. Oggi, l’unico varco che ci introduce fisicamente nell’universo di Carol è la porta dell’appartamento di via Napione, dove è vissuta e ha lavorato dalla prima metà degli anni Quaranta. [1]
Le prime opere risalgono agli anni Trenta: impossibile non lasciarsi coinvolgere dai nudi, soprattutto femminili, spesso effigie di corpi abnormi, amputati, legati a letti di contenzione o su carrozzine per disabili. Corpi che sprigionano un erotismo provocatorio, perfino insopportabile, a cui si affiancano soggetti materici di parti anatomiche – falli, arti, lingue – o protesi ortopediche, spie dell’angoscia e della disperazione di un’artista giovane che, già dalla prima esistenza, aveva sopportato sofferenze non comuni.
Quelle provocazioni, intollerabili per il pubblico dell’epoca, lo erano ancor più rispetto all’estetica e alla retorica del linguaggio fascista imperante. Una delle conseguenze – racconta Carol – fu nel che 1945 la sua prima mostra venne bloccata dalla censura e le opere sequestrate. La prima vera personale dovette attendere il 1947.
Poco dopo Carol visse un’esperienza collettiva nel gruppo non figurativo MAC – Movimento Arte Concreta – partecipando alla Biennale di Venezia del 1948 e 1950. Fu un momento non ripetuto, in una carriera vissuta in solitaria, sebbene non isolata, in un moto costante che la portò a frequentare artisti italiani come Felice Casorati, Edoardo Sanguineti, Italo Calvino, Carlo Mollino, o stranieri come Andy Warhol, Orson Welles, Man Ray. Ciò avvenne specie nei primi anni Settanta, trascorsi fra Parigi e New York.
Le tele di Carol Rama forse più significative risalgono proprio ai Sessanta e Settanta. Nel decennio successivo l’artista incontrò il sostegno di Lea Vergine, critica e curatrice di mostre, che la inserì nell’esposizione itinerante “L’altra metà dell’avanguardia”, con la prima antologica nel sagrato del Duomo di Milano nel 1985. L’affermazione internazionale avvenne a metà degli anni Novanta, in particolare con una sala personale alla XLV Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva, e nel 1998 con “Retrospective” allo Stedelijk Museum di Amsterdam. In un documento-intervista dell’archivio Teche Rai di quell’epoca Carol dichiarò: «Sono troppo incazzata, perché vengo scoperta adesso a ottant’anni, dopo la fame che ho fatto. E lo trovo molto ingiusto». [2]
Nel 2003 Carol ricevette il Leone d’Oro alla carriera alla cinquantesima Biennale di Venezia. Nel 2004 ebbe un indubbio successo di pubblico in “Retrospettiva” alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino, quando finalmente la città riconobbe il genio creativo della propria figlia lasciata così a lungo al margine. Spirito irriverente e libero, femminista sui generis, Carol Rama è infatti rimasta per troppo tempo sconosciuta a molti concittadini: «Via Napione è un fiume di nebbia» afferma nel 2020 il cantautore Carlo Pestelli, nella canzone Sotto il cielo di Olga. Quanta nebbia avvolge ancora il ricordo di Carol?
Una donna scomoda non presente in città con proprie opere pubbliche, cioè non confinate in collezioni e musei, non ricordata da alcuna targa. Del resto, nello stradario torinese l’unica via di una pittrice è quella dedicata alla veneziana Rosalba Carriera (1673-1757). Né in Italia risultano intitolazioni toponomastiche a Carol Rama, come neppure alle pittrici di fama internazionale Carla Accardi e Maria Lai scomparse di recente.
In questi anni sono molte le mostre personali tematiche dedicate a Carol Rama, come ad esempio quella presentata dal MAMbo (Museo d’arte moderna di Bologna) “Unique Multiples”, mentre tra le collettive proposte in gallerie di tutto il mondo l’artista italiana è affiancata spesso alla francese Louise Bourgeois. Un saggio pubblicato nel 2024 ne analizza i tratti comuni, un linguaggio simile che a partire dall’utilizzo del corpo femminile come tema centrale esplora gli abissi della psiche. Altro tratto parallelo è l’interesse delle due artiste per l’occhio e lo sguardo, oggetti di studio ed espressione artistica. [3]
Dalla rivista “Art Tribune”, che nel 2015 annunciò al mondo la scomparsa di Carol Rama, leggiamo una dichiarazione dell’artista che ci sembra urlata: «Io dipingo per istinto e dipingo per passione, e per ira e per violenza, e per tristezza e per un certo feticismo, e per gioia e malinconia insieme, e per rabbia specialmente. I miei quadri piaceranno a chi ha sofferto». [4]
Note
[1] La visita è gestita dall’Archivio Carol Rama e dalla Fondazione Sardi per l’Arte. www.casamuseocarolrama.it
[2] Carol pulp, di Gianna Besson, programma Rai Tv7 (1998).
[3] Carolina Sprovieri, Louise Bourgeois e Carol Rama, Electa 2024.
[4] È morta a Torino Carol Rama, in “Art Tribune”, 25 settembre 2015.













































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