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a cura di Pietro Terna

PUNTURE DI SPILLO. Un "Drago" si aggira per l’Europa...

a cura di Pietro Terna

 

Abbiamo l’atteso documento di Draghi sull’Europa: The future of European competitiveness. È in due parti, di 79 e 328 pagine. Un grande lavoro[1] che infonde fiducia prima di tutto per il personaggio che lo presenta.

Due ricordi importanti su di lui. A ottobre del 2011, Draghi – ancora Governatore della nostra Banca centrale – aveva reagito da vero uomo di Stato alle provocazioni dei giovani “indignati” che bloccavano via Nazionale, dove ha sede la Banca d’Italia, a Roma, e che si proclamavano “draghi ribelli”; dichiarò di capirli, ma non giustificò le violenze che fuori Italia avvenivano, mentre a Roma più saggiamente ci si limitava a esibire pupazzi gonfiabili con la forma di draghi: «Se siamo arrabbiati noi adulti… Se la prendono con la finanza come capro espiatorio. Ma li capisco: hanno aspettato tanto… Noi, all'età loro, non lo abbiamo fatto».

A luglio del 2012, a Londra (quanto era ancora lontana la farsa tragica della Brexit), di fronte a una platea competentissima, Draghi annunciò che avrebbe fatto “Whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough” per battere la speculazione internazionale che tentava di approfittare della crisi a danno dell’Europa.

La fiducia è anche il tema di un prezioso piccolo libro che Dario Togati, professore dell’Università di Torino, ha scritto per spiegare l’economia ai bambini, intitolandolo “In God We Trust”, come sta scritto sul verso delle banconote americane. Il libro è arricchito dalle preziose tavole grafiche di Davide Borella (Dottor Miaus).[2]

Leggendolo, e deliziandoci con le tavole che rappresentano i gatti protagonisti del testo [...] Scopriremo che non solo la moneta, ma anche tutta l’economia si regge soprattutto sulla “fiducia” tra persone (…). La fiducia è come un silenzioso, invisibile lubrificante, che fa girare il motore dell’economia. Oppure, se volete, è come l’aria che respiriamo, capiamo in pieno la sua importanza solo quando non c’è.

Ma perché abbiamo tanto bisogno di fiducia per fare quello che facciamo tutti i giorni? Per lavorare oppure comprare una tavoletta di cioccolato? I gatti ci danno un prezioso suggerimento per rispondere! (…) noi abbiamo bisogno di fiducia perché non assomigliamo a Robinson Crusoe. Lui se ne sta da solo sull’isola e quindi non ha bisogno di fidarsi di nessuno. Ogni giorno, noi incontriamo o abbiamo bisogno di tante persone che non conosciamo.

Ecco perché è importante che il rapporto Draghi sia accompagnato dalla fiducia. Lo scopo del lavoro è ben espresso a p.2 della prima parte (mia traduzione):

Il rapporto individua tre aree di intervento principali per rilanciare la crescita sostenibile. In ogni settore non partiamo da zero. L'UE dispone ancora di punti di forza generali - come sistemi educativi e sanitari forti e Stati sociali solidi - e di punti di forza specifici su cui costruire. Ma collettivamente non riusciamo a convertire questi punti di forza in industrie produttive e competitive sulla scena mondiale.

In primo luogo – e soprattutto – l'Europa deve riorientare profondamente i suoi sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate.

L'Europa è bloccata in una struttura industriale statica, con poche nuove imprese che si affermano incidendo sulle industrie esistenti e sviluppando nuovi motori per la crescita. Di fatto, negli ultimi cinquant'anni non c'è stata nessuna azienda europea con una capitalizzazione di mercato superiore a 100 miliardi di euro che sia stata creata da zero, mentre nello stesso periodo sono state create tutte e sei le aziende statunitensi con una valutazione superiore a 1.000 miliardi di euro.

Questa mancanza di dinamismo si autoalimenta. Le imprese dell'UE sono specializzate in tecnologie mature in cui il potenziale di innovazione è limitato e quindi spendono meno in ricerca e innovazione (R&I) – 270 miliardi di euro in meno rispetto alle loro controparti statunitensi nel 2021. Negli ultimi vent'anni, i primi tre investitori in R&I in Europa sono stati rappresentati dalle aziende automobilistiche. Lo stesso accadeva negli Stati Uniti all'inizio degli anni 2000, con auto e farmaceutica in testa, ma ora i primi tre sono tutti nel settore tecnologico.

Il rapporto propone una rivoluzione basata sugli investimenti, dell’ordine di 800 miliardi l’anno, provenienti dal privato più che dal pubblico – quattro quinti contro un quinto – mobilitando banche, venture capital, assicuratori, famiglie e fondi pensione con il pubblico che fa da volano al privato, creando le condizioni affinché gli investimenti possano crescere.

In quali direzioni? Ne cito solo alcune, collegate agli sviluppi dell’AI, per far comprendere il lavoro ad ampio raggio compiuto da Draghi e da chi ha collaborato con lui.

 

·         Uso dell’AI per migliorare i beni pubblici messi online dalle amministrazioni pubbliche europee (p.67, seconda parte).

·         Uso dell’AI per il progresso nell’uso dell’energia (p.22, seconda parte).

·         «Coordinamento dello sviluppo dell'AI a livello dell'UE, attraverso un “incubatore di AI simile al CERN”: lo sviluppo di verticali di AI richiede un forte coordinamento tra più attori, compresi gli sviluppatori di IA, le organizzazioni di ricerca e tecnologia e gli operatori industriali» (85, seconda parte).

·         Uso dell’AI nei settori della medicina e dei farmaci.


I campi sono tantissimi: inclusione sociale, prezzi dell’energia, ambiente e tecnologia, decarbonizzazione, difesa e spazio, materie prime, reti dati, semiconduttori, automobile, farmaci, trasporti. Molte anche le azioni orizzontali: sostenibilità degli investimenti, rafforzamento della competitività, rafforzamento della capacità di governo, prestando anche attenzione all’eccesso di norme che può ostacolare la competitività delle imprese.

Soprattutto, il rilancio della competitività dell'UE richiede una riflessione sull'assetto istituzionale e sul funzionamento dell'Unione europea.

Che cosa sarà attuato di questo grande lavoro di analisi e proposta, che sfiora le 400 pagine? Prima ancora di averlo esaminato, la Germania e i cosiddetti paesi frugali[3] hanno sollevato la barriera delle pregiudiziali, temendo che l’emissione di obbligazioni europee per gli investimenti favorisca i paesi spendaccioni. La Germania dovrebbe guardare prima di tutto in casa propria per capire i problemi propri e quelli degli altri. I frugali dovrebbero imparare a scrutare il futuro dove, anche per loro, incombono le nuvole nere dei problemi denunciati da Draghi.

Il rapporto forse sarà attuato solo in parte, o in piccola parte, ma il dibattito che ne deriverà, e che abbiamo tutti il dovere di alimentare, può far crescere la fiducia verso il futuro del Vecchio Continente.

Lo “spillo” è concluso magistralmente dal nostro piccolo baccelliere di musica.[4] Il tema della fiducia nella musica è variamente declinato. L’orchestra confida nel maestro perché la guidi. Il pubblico confida in entrambi per ascoltare note indimenticabili. Paolo Conte ha dedicato al rapporto trilaterale maestro/orchestra/pubblico decise pennellate impressioniste[5]. Qualcuno sostiene pensasse a Arturo Toscanini, al carattere dell’interprete e al caratteraccio dell’uomo.

Spingendoci più in là, troviamo il concetto di interplay, che sarebbe più indeterminato se Bill Evans non gli avesse dedicato un fortunato brano[6]. Evans teorizzò e mise in pratica la mutua collaborazione fra i musicisti in una formazione jazzisticamente seminale come il trio. Non più un solista e due bravi accompagnatori, ma un trio impostato su funzioni paritarie. E la applicò ad un quintetto in cui tutti i musicisti si influenzavano a vicenda. L’improvvisazione, almeno quanto il mood complessivo, nascevano dall’ascolto reciproco.

Una pratica esecutiva che richiede fiducia. Così come richiedeva fiducia essere Duke Ellington negli anni ‘60. Raccontano i commentatori come molti dei cosiddetti senatori, i più anziani tra i musicisti della band, nelle lunghe tournée dell’orchestra, salissero sul palco apparentemente svogliati. Spesso in ritardo, visibilmente annoiati, si risvegliavano dall’apparente torpore quando il leader li chiamava ad un assolo. Allora Johnny Hodges, oppure Paul Gonsalves o ancora Harry Carney o Ray Nance si alzavano ed era magia[7]. Il Duca sorrideva, per l’ennesima volta, fiducioso.


Note

[2] Il libro non è ancora pubblicato, ma sono certo che lo sarà presto.

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