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Michele Corrado

Presente e futuro della strategia militare di Netanyahu

di Michele Corrado*


L’evolversi della situazione in Medio Oriente porta ad alcune considerazioni. La prima sul perché gli israeliani abbiano deciso rallentare le operazioni nella Striscia di Gaza e di effettuare azioni specifiche con vettori aerei ed interventi di artiglieria in Libano, a premessa di mirati e specifici raids terrestri (così da loro definiti), per colpire e distruggere centri di comando e depositi di armi e munizioni di Hezbollah presenti a ridosso del confine con il Libano.


L'indiscussa superiorità di mezzi e armamenti

Il problema fondamentale di Israele è quello di garantire la sicurezza, che per loro significa lo svolgimento delle normali attività quotidiane, anche nei territori in prossimità del confine con il Libano senza ricevere razzi, missili e droni dalle milizie di Hezbollah. È un tipo di problema, allo stato delle cose, non risolvibile vista l’estensione dello Stato di Israele (22.072 km², di poco superiore alla Lombardia) e dell’andamento dei suoi confini.

Tale situazione, intrinseca a suo tempo alla creazione dello Stato di Israele, ha portato nel corso del tempo ad aumentare i territori da loro controllati a spese dei Paesi confinanti. Considerando che la sicurezza fisica è funzione della distanza dalla minaccia, la sicurezza di Israele può aumentare soltanto se aumenta l’estensione dei suoi territori. Pertanto, non potendo perseguire liberamente questa linea d’azione, si ricorre costantemente a dei “palliativi” rappresentati dalle numerose guerre combattute dalla fondazione dello Stato israeliano, che limitano per un certo tempo le capacità offensive dei Paesi confinanti.

Tecnicamente, da un punto di vista militare, non ci sono sistemi per garantire l'impermeabilità dei confini israeliani in modo permanente e definitivo, ma solo temporaneamente. Soltanto la sua superiorità militare ne ha garantito la sopravvivenza fino ad oggi. Non avendo profondità territoriale, qualsiasi azione offensiva all’interno dei suoi confini potrebbe diventare incontrollabile e produrre effetti devastanti per la tenuta del Paese.


La creazione della della 98^ Divisione delle IDF

Per queste ragioni Israele è perennemente in stato di “semiguerra” e le sue capacità di ricerca sono principalmente dedicate al settore della Difesa sia da un punto di vista tecnico, che dottrinale e di impiego. Uno di questi risultati e la creazione, ad esempio, della 98^ Divisione delle IDF (Israel Defense Forces). Tale unità, costituita nel 1974 (non a caso, un anno dopo la controversa guerra del Kippur, di cui ricorre l'anniversario dal 6 al 25 ottobre) è stata costantemente evoluta e rappresenta la Divisione di “pronto impiego” direttamente dipendente dal Comando Centrale e costituita, per quanto attiene alle sue possibilità di impiego, da due Brigate, una di paracadutisti e l’altra di forze speciali, oltre ai supporti ed alla logistica (non meno di 4 mila unità). Attualmente è stata impiegata nella Striscia di Gaza e poi trasferita sul confine con il Libano.

La novità di questa Divisione, che dottrinalmente ha capacità strategiche, è unire aviotruppe e forze speciali di diversa natura per svolgere anche compiti estremamente selettivi e limitati a livello tattico. Potendo contare su una struttura organica permanente (senza bisogno di riservisti per essere impiegata), mantenendo un livello costante di prontezza operativa ed essendo equipaggiata con dotazioni ed armamenti avanzati, è in grado di essere ripetutamente impiegata senza dover osservare i normali periodi di ricostituzione delle sue capacità operative delle normali unità di Campagna.


Gaza, Libano, Iran...

Ed è quello che stanno facendo nella fascia al di là del confine con il Libano, dove hanno il compito di assicurare la certezza della distruzione degli obiettivi assegnati con un minimo di perdite. È per questo che le operazioni nella Striscia di Gaza sono al momento molto rallentate, dove la 98^ Divisione ne costituiva l’unità di riferimento.

Ora, l’obiettivo prioritario che gli israeliani vogliono raggiungere è il reinsediamento degli sfollati dai territori al confine con il Libano (a scapito degli ostaggi ancora detenuti), reso possibile dalla “bonifica” delle strutture e dei miliziani di Hezbollah. Il tutto opportunamente supportato da un targeting più in profondità condotto da velivoli ed interventi mirati di artiglieria che consentono di non dover spingere truppe di terra oltre il minimo indispensabile, anche per non dare adito ad accuse di invasione permanente del territorio libanese.

Questo se avrà successo, e deve averlo in ogni caso, consentirà poi di dedicarsi alla testa del “problema”, ovvero la sponsorizzazione iraniana dei nemici di Israele. Sempre che a Washington qualcuno non sollevi con perentoria decisione, anche senza alzare i toni, l'opportunità di scatenare una guerra contro il regime degli ayatollah. In quel caso, anche Netanyahu non potrà ignorare i "suggerimenti" del fedele alleato e provare a percorrere i canali della diplomazia.

 

*Col. (Aus.) Esercito Italiano

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