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Perché soltanto ora la precisazione di Rafael Mariano Grossi sul nucleare iraniano?

Aggiornamento: 19 giu


di Menandro

Rafael Mariano Grossi, 64 anni, direttore generale dell'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica) ha dichiarato ieri, 18 giugno: “Nessuna prova che l’Iran si stesse dotando di un’arma nucleare. Non abbiamo osservato prove che indichino un movimento strutturato verso la produzione di armamenti nucleari". Nello stesso tempo, ora più, ora meno, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, rincorrendo come d'abitudine sé stesso a chi la spara più grossa, ignaro della parola coerenza, chiedeva la resa incondizionata all'Iran, anche se non risulta una espressa dichiarazione di guerra presentata nelle mani dell'ambasciatore iraniano a Washington, né ci pare di ricordare The Donald affacciato dal balcone della Casa Bianca a gridare al suo popolo, secondo suo costume, di averlo fatto, riportando con ciò alla memoria il cavaliere Benito Mussolini al balcone di Palazzo Venezia, il 10 giugno 1940, dichiarazione di guerra dell'Italia a Gran Bretagna e Francia.

A meno che il presidente Trump non avesse deciso di agire con l'umiltà che lo contraddistingue come portavoce del primo israeliano Netanyahu in questo drammatico risiko, in cui sembra che si diverta come un bambino a spostare le sue portaerei con annessi cacciabombardieri da un posto all'altro del globo, naturalmente a difesa degli interessi americani che, naturalmente, sono presenti in ogni angolo, per cui si deve fare attenzione anche a starnutire e, soprattutto, a come lo si fa.

Ma ritorniamo alla "tempestività" con cui Rafael Mariano Grossi ha puntualizzato sullo stato dei lavori iraniani dediti allo sviluppo del nucleare. Sempre ora più, ora meno, lo Stato d'Israele mandava i suoi cacciabombardieri a scaricare ordigni su Teheran e le agenzie, radio e televisioni inondavano il mondo con la notizia della preoccupazione diffusasi a Tel Aviv sulla diminuzione delle scorte missilistiche per contrastare gli attacchi missilistici che creano panico, morte e distruzione tra i civili delle città israeliane. Preoccupazione più che legittima e che ha trovato piena conferma stamane all'alba per i missili iraniani che sono piombati, secondo fonti iraniane, su un importante centro di intelligence militare israeliano, obiettivo principale situato nel parco tecnologico Gav-Yam a Beersheba. Gli attacchi che si susseguono in Israele sono ordinati dalla Guida Suprema Ali Khamenei, sempre più irritato della taglia che Netanyahu gli ha messo sulla testa e dell'ultimatum di uno Trump a sua volta sempre più scisso nel suo "posso farlo, non posso". Si dirà "è la guerra bellezza", ma rimane una cosa ripugnante.

Allora, la domanda sorge spontanea: perché Rafael Mariano Grossi non ha reso pubbliche anzitempo le sue conclusioni (non affrettate a quanto pare) ai primi bagliori di una nuova guerra in Medio oriente? Non vi erano sufficienti segnali di tensione tra Israele e Iran?

Morale, con una doverosa attenzione al diritto internazionale: tra qualche anno, quale altro interesse si scoprirà, dopo la bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein con cui l'Occidente si è sbarazzato in un lampo di un dittatore assassino che impediva alle grandi multinazionali del petrolio di lucrare sulle ricchezze del sottosuolo iracheno, per giustificare il regime change e l'eliminazione dei sanguinari ayatollah iraniani, magari ridando fiato alla dinastia dei Pahlavi, storicamente disponibili a qualunque forma di sfruttamento del popolo iraniano, arricchimento dinastico e maestri nella repressione poliziesca?

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