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Metalmeccanici in sciopero contro il declino industriale

di Rocco Palombella*


I metalmeccanici sciopereranno per quattro ore. Astensione articolata proclamata da Fiom, Fim e Uilm su base regionale: venerdì 7 luglio 2023 scenderanno in lotta le regioni del centro-nord (Lazio esclusa), lunedì 10 luglio, il Mezzogiorno. Non è difficile immagine l'eco di critiche immediata che si profila alla decisione di radicalizzare il confronto sulle relazioni industriali con il governo Meloni. Ma, è lo stesso Governo che non ci ha lasciato alternative, dinanzi all'inconcludenza, se non all'inesistenza, di politiche per il lavoro metalmeccanico che mette gravemente a rischio l'intero settore. E sono proprio i numeri a non dare credito all'esecutivo di Palazzo Chigi: il Ministero delle Infrastrutture e del Made in Italy riporta che 70mila lavoratori sono oggi interessati da crisi aziendali e di questi oltre 50mila sono metalmeccanici (ben il 70%), a cui si devono aggiungere i 70mila posti a rischio nel settore dell’automotive, in caso di mancata gestione della transizione ecologica. Nel 2019, secondo dati ufficiali dell’allora Ministero dello Sviluppo economico, erano aperte 149 crisi aziendali che interessavano oltre 200mila lavoratori. Nel 2022, dopo la pandemia, le crisi aziendali erano scese a 70 per un totale di 90 mila lavoratori interessati.

Quello che storicamente è stato il settore trainante dello sviluppo industriale del Paese, dunque, è alle corde. Del resto, secondo quanto dichiarato dal ministro Urso, sono aperti al Mimit 57 tavoli di crisi, di cui 34 attivi e 23 di monitoraggio. Le crisi aziendali purtroppo non sono diminuite nel tempo, ma il Ministero ha deciso di considerare nel conteggio solamente le vertenze di aziende con oltre 250 dipendenti. Un escamotage aritmetico che non "raffredda" certo il termometro dell'incertezza per migliaia di lavoratori. Gli stessi che viveno una condizione economica e sociale molto delicata da anni, un periodo in cui il nostro Paese ha visto ridursi la base produttiva. Le responsabilità sono anche politiche. Nell’attuale fase di grandi trasformazioni sono mancati, infatti, da parte della politica e dei governi gli orientamenti e le scelte sui temi del lavoro e dell’industria. Per questo riteniamo sia necessario rimettere al centro il lavoro nell’industria metalmeccanica e impiantistica. Il Governo deve trovare una risposta alla necessità sempre più urgente di strategie e politiche industriali, di conseguenti importanti investimenti pubblici condizionati alla tenuta sociale che traguardi nuova e buona occupazione. Uno sguardo comparto per comparto. La transizione ecologica e digitale rischia di mettere maggiormente sotto pressione il settore e di colpire in primis chi produce componentistica per auto. Sebbene, infatti, ci sia stato un leggero aumento della produzione di auto con 400mila auto prodotte in un anno, siamo ben lontani dal livello produttivo di 1,5 milioni di auto e stiamo registrando un trend in calo costante negli ultimi 20 anni, con conseguenze sull’occupazione. I ritardi negli investimenti nella transizione ecologica, se non programmata e non gestita adeguatamente, metteranno a rischio ulteriori 70mila posti di lavoro. Per quanto riguarda la siderurgia, continua a essere tra i settori strategici per la nostra economia. Soffre però da troppo tempo difficoltà consistenti con 20mila posti a rischio. Condizioni peggiorate dal caro energia e dalla mancanza di materie prime. Le criticità attuali si sommano allo sbandierato piano nazionale della siderurgia mai realizzato. La condizione oggi è drammatica per l’ex Ilva (Acciaierie d’Italia), per l’ex Lucchini di Piombino (JSW Steel Italy) e per l’ex Alcoa di Portovesme (SiderAlloys). L’elettrodomestico dopo un aumento consistente della produzione negli anni della pandemia, sta facendo registrare un nuovo e significativo calo, e deve essere al centro di politiche di reshoring e di rilancio degli investimenti tecnologici e sui prodotti. Non abbiamo informazioni rispetto agli annunciati cambiamenti societari delle due multinazionali, Whirlpool ed Electrolux, né garanzie sulle prospettive industriali e occupazionali. L’installazione di impianti, con le continue gare al massimo ribasso e all’assenza delle clausole di salvaguardia sociale stanno letteralmente minando il settore. Per il sindacato è necessario un più forte ruolo dello Stato nei settori considerati strategici e ad alto contenuto tecnologico; negli ultimi anni, infatti, la carenza di microchip e altri componenti tecnologici ha fortemente rallentato la produzione industriale e la capacità di molte imprese di rispondere al mercato. La necessità è quella di politiche industriali chiare, a partire dai tavoli di crisi aperti. Sono indispensabili strategie industriali che impediscano delocalizzazioni, acquisizioni finalizzate esclusivamente a creare valore e dividendi agli azionisti che spesso producono desertificazione industriale, soprattutto al Sud. *Segretario generale Uilm-Uil

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