Lo sguardo nomade di Saglietti: ultime due settimane di visita
Aggiornamento: 29 nov
di Michele Ruggiero
Guarda i video della mostra. Il 28 gennaio si chiuderà la mostra fotografica allestita al Museo Nazionale del Risorgimento dedicata al fotografo Ivo Saglietti[1]. La rassegna, a cura di Tiziana Bonomo, è stata organizzata dall'Associazione La Porta di Vetro con il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte e di Banca Intesa Sanpaolo. Aperta al pubblico il giorno dopo l'inaugurazione nella serata del 12 dicembre[2], "Ivo Saglietti, lo sguardo nomade", 53 immagini in bianco e nero (la foto in alto ritrae padre Dall'Oglio che incontra un amico) del fotografo morto il 2 dicembre scorso all'età di 75 anni, ha riscosso una calorosa attenzione dei visitatori del museo, testimoniata anche dalle numerose dediche di affetto e ammirazione che sono state apposte sul libro all'ingresso.
Sentimenti diventati il fil rouge di un'istintiva elaborazione del lutto per un'artista la cui opera, selezionata al presente, si è trasformata dal giorno della sua scomparsa in una retrospettiva carica di suggestioni a caldo. Non poteva essere che altrimenti, quando con l'ultimo soffio della vita sai ancora tenere insieme la disumanità e l'umanità del mondo che si fondono nel bene e nel male, nella bontà e nella crudeltà, nella solidarietà e nell'egoismo, nel bianco e nel nero, senza che si privilegi i primi ai secondi per dare voce e spazio soltanto alla retorica da ultimi saldi. Dunque, una retrospettiva fortemente impregnata delle frasi di Ivo Saglietti alle pareti che familiarizzano il visitatore con un mestiere duro e pericoloso, come evocano le cronache delle guerre presenti di cui contabilizziamo i giorni e le morti, e tra queste quelle di decine di giornalisti e fotoreporter. Immagini di città e di paesi che Ivo Saglietti ha sempre vissuto, mai visitate, quasi vivisezionate con l'obiettivo che rifletteva la volontà di conoscere e fare conoscere, di imprimere come un marchio la realtà prima sulle coscienze civiche che sulla carta di stampa.
"Foto significative che colgono l'essenza della situazione", "Ciao Maestro!", "Grazie Torino per questa mostra di grande rilievo", "Mostra fotografica ed emozionante. Grazie!", è stato scritto, dando agli aggettivi valore non di semplificazione apodittica, ma di giudizio proprio sui valori che hanno ispirato lo sguardo nomade di Ivo Saglietti.
Decine di persone hanno così attraversato ogni giorno la manica del salone principale del Museo, staccandosi dall'epopea risorgimentale per rivedere la contemporaneità, pezzi di storia, alcuni indimenticabili; ognuna fermandosi a guardare e a percepire con il proprio sguardo le emozioni che in quarant'anni di lavoro appassionato Ivo Saglietti ha saputo trasmettere da ogni angolo del mondo e nelle più disparate situazioni critiche, fissando ora la disperazione dei migranti, ora la paura per catastrofi naturali, ora per la soppressione della libertà a causa di colpi di stato militari, ma cercando di recuperare a sua volta sguardi autentici, veri, mai declinabili a pose spettacolari o sensazionalistiche. Nelle sue istantanee Ivo Saglietti non ha mai nascosto di stare dalla parte dei più deboli, degli ultimi, e non per ideologia, ma per provare almeno a restituire a quell'umanità devastata da lutti e da atrocità uno spicchio di quei diritti che il Potere, in un modo o nell'altro, sempre riesce a sottrarle. Come abbiamo provato a sintetizzare in questo video che racchiude il senso dell'organizzazione e della curatela della mostra.
La poetica di Ivo Saglietti non si è mai distaccata dalla ricerca dell'uomo, come ha scritto con visibile trasporto emotivo Tiziana Bonomo, "uomo come essere umano", ricerca della comprensione dell’esistenza, della vita, "con quella luce che accarezza tutte le sfumature dei grigi per bloccare nel bianco e nel nero la cornice del racconto [che] non mi ha più abbandonato". Un giudizio che la curatrice della mostra riporta in questa appassionata registrazione.
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