Torino, riflessioni sul "rapido" trasferimento del Questore Sirna
- Nicola Rossiello
- 9 ore fa
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Dopo appena un anno di permanenza sotto la Mole
di Nicola Rossiello*

Inaspettato. Improvviso. Carico di reconditi significati. Ad un anno dal suo insediamento a Torino, il Questore Paolo Sirna è stato trasferito a Reggio Calabria. Forse, viene da chiedersi, se gli sia stato dato il tempo di ambientarsi. Ora, di fronte a una decisione così atipica, le domande sia degli addetti ai lavori, sia del del comune cittadino sono legittime. In primis, ci chiediamo se il Governo, spostando il Questore Sirna con questa urgenza, non abbia voluto sollevare parimenti un interrogativo sulla sua azione. Tutti si domandano se questo provvedimento possa essere collegato in qualche modo alla recente irruzione nella sede del quotidiano La Stampa. Insomma, è inevitabile che il silenzio che avvolge questa decisione lasci spazio a diversi interrogativi.
Per quanto riguarda l'ambito della Questura, l'accoglienza riservata all'allora neo Questore Sirna a Torino fu atipica. Fummo testimoni in presa diretta della diffusione di una narrazione che dipingeva la città come priva di controllo, in balia di antagonisti o di una Cgil che, pur essendo una forza sindacale forte e radicata localmente, non è affatto onnipresente, tantomeno totalizzante. Tale narrazione aveva, probabilmente, l'obiettivo di polarizzare l'azione della Polizia contro gli avversari politici che amministrano la città. E questa fu la tesi avanzata e sostenuta da alcuni sindacati di polizia in occasione del suo insediamento; tuttavia, essa si è dimostrata infondata e fantasiosa. La sua inconsistenza ha sollevato forti interrogativi sull'obiettività di quell'analisi sindacale, riportando in superficie il segno di una almeno discutibile azione sindacale di ispirazione corporativa a Torino.
La sicurezza non è merce di scambio politico. E lo si è ripetuto più volte e in più circostanze. C'è il sospetto e la preoccupazione che ci si aspetti dai Questori della Repubblica un ruolo difforme da quello istituzionale. È come se Prefetti e Questori potessero essere percepiti come strumenti al servizio della maggioranza di turno. I Questori di Torino e Bologna sono stati entrambi allontanati da due città governate dal centro-sinistra. Analoga, curiosa, sorte è toccata a due imam delle stesse città. E c'è un altro segnale preoccupante perché quest'anno la Questura di Torino, per la prima volta, non ha ricevuto nemmeno un agente dai nuovi corsi di formazione. Tutto ciò nonostante in un solo anno siano venuti meno, per effetto di trasferimenti e pensionamenti, più di duecento operatori di polizia. Si potrebbe ipotizzare il rischio di un indebolimento della Questura e, di conseguenza, dell'intera città, rendendo il contrasto alla criminalità un'impresa sempre più ardua. È lecito domandarsi se questa serie di eventi possa generare il sospetto di una volontà di depotenziare la piazza.
Sull'argomento è necessaria la massima chiarezza e coerenza, soprattutto nei confronti dei torinesi. Non è il nostro ruolo fare la difesa personale del Questore. Il punto, però, è che il Questore rappresenta l'Autorità di Pubblica Sicurezza, un pilastro di garanzia per tutti i cittadini, previsto e regolato dalla nostra Costituzione. Se si gioca con questa figura, se la si usa come pedina, si indebolisce la democrazia, si manca di rispetto all'intera comunità. E questa è una prospettiva inammissibile.
Il trasferimento del Questore di Torino non è un evento isolato, ma si inserisce in una tendenza politica generale che solleva forti interrogativi sul bene di tutti i cittadini, poiché sembra concentrarsi forse solo sugli interessi di chi vota in un determinato modo. Assistiamo alle performance di rappresentanti politici che sembrano ignorare i principi e i valori costituzionali, che non perdono occasione per dimostrare di voler dividere il Paese, innalzando muri ideologici e seminando discordia da nord a sud del Paese.
Quando si prendono decisioni che non hanno una spiegazione, si dimostra poca attenzione per la continuità e l'efficienza dello Stato. Chi governa il Paese ha il dovere di essere trasparente, di spiegare perché non si è provveduto a rinforzare gli organici della polizia per tutelare i lavoratori della sicurezza, falsamente lusingati, e i cittadini torinesi. La sicurezza è un diritto, non un favore, né un gioco estemporaneo della politica.
*Segretario regionale Silp-Cgil Piemonte













































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